Vaticano-Cina: papa Leone metterà fine all’appeasement con i ‘bulli’ di Pechino?

L’assenza del presidente di Taiwan all’insediamento di Prevost dimostra il compromesso del Vaticano con la Cina. Ne parla Benedict Rogers su Uca News.
Il 18 maggio si è tenuta la Messa di insediamento del nostro nuovo papa in Piazza San Pietro a Roma. Sotto gli occhi del mondo, papa Leone XIV ha pregato sulla tomba di San Pietro e ha ricevuto l'”Anello del Pescatore”, simbolo del suo status di “Successore di San Pietro”.
Erano presenti oltre 200 leader mondiali, tra cui la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, il vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance e il segretario di Stato Marco Rubio, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il Presidenti di Israele Isaac Herzog, il Duca di Edimburgo, principe Edoardo, per il Regno Unito, e il nuovo primo ministro canadese Mark Carney.
Mancava però un capo di Stato di una delle democrazie più vivaci dell’Asia: il presidente Lai Ching-te. Nonostante le speranze espresse dal Ministero degli Esteri di Taiwan all’inizio di maggio sulla presenza del presidente Lai, Taiwan era rappresentata dall’ex vicepresidente Chen Chien-jen.
L’assenza del presidente Lai è sorprendente, dato che il Vaticano è uno dei soli 12 stati che riconoscono formalmente Taiwan. La decisione dell’ex vicepresidente, anziché dell’attuale presidente, di presenziare alla messa di insediamento di Leone XIV è quasi certamente un compromesso deliberato da parte del Vaticano, volto a placare la Cina senza abbandonare Taiwan. Tuttavia, si tratta di uno sviluppo preoccupante.
I presidenti taiwanesi in carica hanno partecipato sia al funerale di San Giovanni Paolo II che alla messa di insediamento di papa Francesco, e l’ex vicepresidente Chen – che ha anche rappresentato Taiwan al funerale di papa Francesco – ha dichiarato al Guardian all’inizio di questo mese: “Abbiamo pregato affinché il dottor Lai potesse partecipare all’insediamento del nuovo Papa”.
Si sospetta che Pechino stia esercitando pressioni sul Vaticano affinché interrompa i legami con Taiwan. Ma la continua disponibilità del Vaticano a scendere a compromessi è preoccupante. In quanto stato con rapporti diplomatici ufficiali con Taiwan, il Vaticano avrebbe dovuto ignorare le prepotenze di Pechino e invitare il presidente Lai.
Il suo fallimento nel contrastare Pechino su Taiwan è l’ultimo di una lunga serie di compromessi, eredità dell’accordo sino-vaticano. Tra questi compromessi rientrava la richiesta a diversi vescovi cattolici clandestini, che avevano trascorso anni in prigione per la loro lealtà a Roma, di ritirarsi in favore di vescovi nominati da Pechino.
E questo ha portato al silenzio di papa Francesco sulle violazioni dei diritti umani in Cina durante i suoi 12 anni di pontificato, inclusi l’arresto, la scomparsa o la prigionia di diversi vescovi cattolici, la persecuzione dei cristiani di ogni tradizione, le atrocità in Tibet e contro gli uiguri e lo smantellamento delle libertà a Hong Kong.
Le intenzioni del Vaticano dietro il suo accordo segreto con la Cina sono senza dubbio nobili. Presumibilmente si sperava che la firma dell’accordo con Pechino nel 2018, che ha concesso al Partito Comunista Cinese (PCC) un ruolo nella nomina dei vescovi cattolici in Cina, avrebbe portato a un miglioramento della libertà religiosa. Presumibilmente mirava anche a promuovere una maggiore unità tra i cattolici, unendo coloro che, nella Chiesa clandestina, erano rimasti fedeli a Roma con coloro che facevano parte dell’Associazione Patriottica Cattolica Cinese, controllata dallo Stato di Pechino.
Tuttavia, nei sette anni trascorsi dalla firma dell’accordo, la libertà religiosa in Cina è peggiorata significativamente. Inoltre, Pechino ha violato l’accordo almeno due volte, nominando il vescovo John Peng Weizhao vescovo ausiliare di Jiangxi e il vescovo Joseph Shen Bin a Shanghai senza la necessaria approvazione del Papa. Altre due nomine sono state fatte unilateralmente da Pechino addirittura durante la “sede vacante”, dopo la morte di papa Bergoglio, creando così un ‘nodo’ difficilissimo da sciogliere per il nuovo Pontefice. E i cattolici in Cina sono più divisi che mai, con molti membri della Chiesa clandestina che si sentono traditi da Roma.
Sotto Leone XIV, molti cattolici pregano per un cambio di rotta. Avrà l’opportunità di porre rimedio alla situazione fra due giorni, quando, il 24 maggio, la Chiesa celebrerà la Giornata Mondiale di Preghiera per la Chiesa in Cina, che cade in occasione della festa di Maria Ausiliatrice.
Fu avviata da Papa Benedetto XVI nella sua lettera del 2007 alla Chiesa in Cina, e nel 2021 il cardinale birmano Charles Bo – all’epoca presidente della Federazione delle Conferenze Episcopali Asiatiche – chiese che questa si trasformasse in una settimana di preghiera per la Cina. Un gruppo informale di laici cristiani provenienti da sei continenti rispose all’appello del cardinale Bo e organizzò la Settimana Globale di Preghiera per la Cina.
Quindi, il 24 maggio, papa Leone XIV potrebbe – e dovrebbe – guidare le preghiere per la Cina.
Dovrebbe pregare specificamente per la Chiesa in Cina, ma anche per gli uiguri, i tibetani e gli abitanti di Hong Kong. Dopo le sue recenti e incisive dichiarazioni sull’importanza della libertà di stampa e di parola, dovrebbe parlare a favore dei giornalisti incarcerati in Cina, tra cui l’importante imprenditore cattolico dei media Jimmy Lai a Hong Kong. Dovrebbe impegnarsi a incontrare il figlio di Lai, Sebastien, che vive a Taiwan.
Dovrebbe anche pregare per Taiwan e per la pace nello Stretto di Taiwan. E dovrebbe chiarire che i legami diplomatici del Vaticano con Taiwan sono forti e continueranno. Dovrebbe ricevere il nuovo ambasciatore di Taiwan in Vaticano, Anthony Ho Chung-Yi, al più presto. Il precedente ambasciatore, Matthew Lee, ha recentemente espresso fiducia nel fatto che il nuovo papa comprenda la differenza tra “Taiwan democratica e Cina comunista”. Ma nel contesto attuale, sarebbe rassicurante se Leone XIV lo esprimesse pubblicamente.
Infine, un passo fondamentale che il Papa potrebbe compiere sarebbe quello di annunciare il 24 maggio una revisione completa dell’accordo sino-vaticano.
Idealmente, secondo gli oppositori del precedente Papa, dovrebbe abrogarlo, ma come minimo dovrebbe renderne pubblico il testo e rivelare l’accordo, per poi avviare una consultazione per rivederlo. Se dovesse essere rinnovato nel 2028, dovrà essere basato su criteri chiari, tra cui il rilascio di tutto il clero incarcerato, il rilascio di Jimmy Lai e miglioramenti significativi nella libertà religiosa. Se non dovesse portare a miglioramenti, sempre secondo alcuni, dovrebbe essere abrogato.
Il 15 maggio, l’ex presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, è arrivata a Londra ed è stata accolta calorosamente dai membri di entrambe le Camere del Parlamento durante un ricevimento alla Camera dei Lord. Al contrario, è deludente che il presidente Lai non sia stato accolto insieme ad altri leader mondiali in Piazza San Pietro il 18 maggio. In molti sperano che Papa Leone XIV possa prendere provvedimenti per porre fine alla politica di pacificazione del Vaticano nei confronti dei prepotenti di Pechino e schierarsi al fianco di coloro che condividono i valori di libertà, diritti umani e dignità umana in tutto il mondo, compresi i leader democraticamente eletti di Taiwan.
[Fonte: Uca News (nostra traduzione); Foto: Vatican News]