LA TESTIMONIANZA / Missionario in Congo sulle stragi fra i cristiani, “non ci spieghiamo ‘l’immunità’ dei ribelli”

Tra Cielo e Terra ha intervistato il dehoniano padre Silvano Ruaro, da decenni nella Repubblica Democratica del Congo. “Sono talmente tanti i gruppi che commettono queste azioni che non si sa più chi c’è dietro”, afferma. “Assaltano, fanno disastri e poi se ne vanno via tranquilli – spiega il religioso -: non c’è un’azione che li renda davvero inefficaci, che neutralizzi i loro attacchi”. E aggiunge: “tanti giovani si arruolano nelle file di questi movimenti di ribelli per fuggire la disoccupazione e anche perché, con un fucile in mano, dimenticano la miseria, l’ignoranza, la povertà, il senso di abbandono in cui si sente la gioventù”. L’appello del Papa.
Di Antonella Palermo
“Ormai queste situazioni sono diventate troppo frequenti. Suscitano, certo, angoscia, ma purtroppo ci si fa anche un po’ l’abitudine con queste tragedie”. Ad ammettere una certa forma di impotenza di fronte alle reiterate stragi commesse da bande di terroristi che nella zona del nord est del Paese commettono ogni genere di razzia, è padre Silvano Ruaro, dehoniano di origini vicentine, 87 anni, arrivato nella Repubblica Democratica del Congo la prima volta nel 1970. Sabato pomeriggio scorso, alla vigilia di quella che sarebbe stata l’ennesima tragedia ai danni di una chiesa, a Komanda, si trovava a percorrere la strada nazionale verso il villaggio e nessun segnale di fuga, preoccupazione, inquietudine si riscontrava, racconta, da parte della gente. “Ho saputo del fatto la mattina di domenica alle 6. Ultimamente, il governo congolese, insieme ai soldati ugandesi, aveva attaccato una base delle Forze Democratiche Alleate (ADF) a una trentina di chilometri da Komanda, verso il nord, in una zona non distante da Mambasa, sulla strada nazionale 4. Li avevano ricacciati nella foresta”. Il sacerdote ipotizza, dunque, che quanto accaduto nella parrocchia Bienheureuse-Anuarite sia stato frutto di una vendetta, “per far capire che non erano morti, gli assalitori sono usciti all’incrocio di Komanda, all’altezza della strada che viene dal Nord Kivu”.
Siamo in una regione falcidiata periodicamente da attentati, spesso contro luoghi di culto cristiani: “Pensi che una settimana fa – racconta il missionario – sulla strada che va da Bunia verso il nord, a pochi chilometri dalla città, hanno assalito tre villaggi e tre parrocchie, hanno profanato la chiesa, hanno sparso le ostie dappertutto, hanno profanato la statua della Madonna. Ma la questione è che sono talmente tanti i gruppi che commettono queste azioni che non si sa più chi c’è dietro. Quello che stupisce, in questo caso, è che non si siano attaccati alla parrocchia ma ai locali esterni dove questi giovani si preparavano per il loro incontro, provenienti da diversi villaggi, giovani dai 12 ai 20 anni. Sembra che un ragazzo sia uscito per un momento dalla chiesa e sia stato preso da un miliziano, avvolto in una stoffa. Non lo avrebbero legato, quindi poi è riuscito a testimoniare”.
La ragione di fondo che lascia interdetti diversi dei locali sta nel fatto che, come riferisce ancora padre Silvano, non sia intervenuto l’esercito: “Avranno gridato questi ragazzi… Questa carneficina sarà durata qualche minuto. Invece gli artefici del massacro sono andati via indisturbati. Pare stiano facendo delle inchieste. Tuttavia il nostro timore è che ci siano delle complicità tra l’esercito congolese e l’ADF, altrimenti non si spiegano queste immunità: assaltano, fanno disastri e poi se ne vanno via tranquilli. Perché tutta questa zona è interessata da attacchi a macchia di leopardo: non c’è infatti un fronte che avanza e uno che indietreggia. Un giorno assaltano qui e un altro da un’altra parte. C’è, è vero, una presenza di soldati molto consistente, dichiarano di aver rigettato nella foresta questi uomini armati, ma non c’è un’azione che li renda davvero inefficaci, che neutralizzi i loro attacchi. Sono anni e anni che continua così. Ogni volta è sempre peggio”. Il religioso fa sapere inoltre che anche il vescovo di Bunia gli sembra “molto, molto preoccupato”. Peraltro a Beni, aggiunge, c’è un gruppo della società italiana Leonardo, “che manda dei droni i quali individuano la presenza di questi gruppi armati, avvisano l’esercito, ma poi non si interviene”.
Perché prendono di mira i cristiani? Le opinioni su questo sono divise, osserva il dehoniano. “Qualcosa di strano c’è – afferma – anche perché forse la Chiesa sta prendendo delle posizioni. In merito a questo colpo di stato fallito, per esempio, accusano la Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo che fosse implicata, ma io non lo credo. Quindi, forse la Chiesa in questo momento non è ben vista”. Intanto, l’invito del Papa a perseverare ancora di più nella promozione dello sviluppo umano integrale di questa “popolazione martoriata” – come ha scritto nel telegramma inviato all’indomani del massacro al vescovo di Lumumbashi, capo dei vescovi congolesi – è considerato “molto importante” soprattutto se considerato alla luce dell’opera portata avanti proprio dai missionari qui.
“Vede, tanti giovani si arruolano nelle file di questi movimenti di ribelli per fuggire la disoccupazione e anche perché, entrando in questi gruppi, sembra che ce ne siano più di 120 in Congo, hanno un fucile in mano quindi dimenticano la miseria, l’ignoranza, la povertà, il senso di abbandono in cui si sente la gioventù. Qui non c’è lavoro, a parte le miniere dove si vive una vita d’inferno, non c’è lavoro. Adesso è abbastanza sviluppata l’attività di trasporto del legname dalla foresta alla strada, ma la stanno distruggendo la foresta, l’agricoltura sta sparendo… È molto sviluppata anche la ricerca artigianale dell’oro, poi in giro ci sono un sacco di taxi moto… Ma non parliamo di un lavoro regolare che assicuri una dignità. Sono degli schiavi. Se non c’è giustizia – scandisce padre Ruaro -, una certa uguaglianza e il rispetto delle persone, penso che la guerra durerà ancora a lungo”.
La Repubblica Democratica del Congo, uno dei Paesi più ricchi di risorse al mondo, ha un tasso di sviluppo quasi a zero. “Molti vivono con un dollaro al giorno”, riprende il religioso che ricorda come a livello di infrastrutture paradossalmente fossero migliori sessant’anni fa. A incancrenire la crisi del Paese c’è la corruzione ai vertici dello Stato che “fa impressione: tradimenti, congiure, colpi di Stato. Non si sa davvero di chi fidarsi”. E pare che dalla visita di Papa Francesco nel 2023 le cose non siano molto cambiate. Padre Silvano con lucidità e grande umiltà accenna alla sua vita in gran spesa nella formazione dei giovani – “ci credo molto” -, e alle scuole fondate, al lavoro di preside per trent’anni. Ora si occupa dell’educazione dei bambini pigmei in piena foresta dell’Ituri: “Un centinaio di bambini vanno a scuola e vivono con me, per la promozione umana. “In questa parte del nord-est siamo in fibrillazione – conclude -, non sappiamo cosa può succedere domani ma cerchiamo di avere fiducia e speranza”.
Intanto proprio oggi, in un appello al termine dell’udienza generale, papa Leone XIV ha parlato nuovamente del sanguinoso assalto alla parrocchia congolese. “Rinnovo il mio profondo dolore per il brutale attacco terroristico avvenuto nella notte tra il 26 e 27 luglio scorso a Komanda, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, dove oltre quaranta cristiani sono stati uccisi in chiesa durante una veglia di preghiera e nelle proprie case”, ha detto il Pontefice. “Mentre affido le vittime all’amorevole misericordia di Dio – ha aggiunto -, prego per i feriti e per i cristiani che nel mondo continuano a soffrire violenze e persecuzioni, esortando quanti hanno responsabilità a livello locale e internazionale a collaborare per prevenire simili tragedie”.
[Foto: Al Jazeera]