Gaza: chi fermerà Netanyahu?

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Il premier israeliano vuole occupare tutta la Striscia, nonostante l’opposizione dei vertici militari e la mancanza di legittimità di una guerra sempre più invisa all’opinione pubblica. Questo il focus dell’ISPI.

Finito il tempo del negoziato, pur scandito dal fragore delle bombe, resta quello di una guerra senza fine: il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato l’intenzione di occupare per intero la Striscia di Gaza. Nonostante l’aperto dissenso del Capo di Stato Maggiore dell’esercito, Eyal Zamir, la stanchezza delle unità combattenti e le crescenti riserve dell’opinione pubblica israeliana, Netanyahu ha annunciato di essere determinato a continuare la guerra, a eliminare Hamas da Gaza e “a liberare i nostri figli presi in ostaggio”. In uno scontro senza precedenti con i vertici militari, il premier ha convocato il gabinetto di sicurezza questa settimana per discutere dei piani di invasione dichiarando che se la decisione non va bene al Capo di Stato Maggiore “allora, che si dimetta”. Ma l’azzardo del primo ministro rischia di spaccare il paese. Mentre le frange dell’ultradestra esaltate dall’incursione del ministro Itamar Ben Gvir alla Spianata delle moschee esultano, le famiglie degli ostaggi sono terrorizzate dall’intenzione di invadere quelle aree della Striscia in cui si ritiene siano detenuti gli ostaggi. Intanto a Gaza si continua a morire. Nella sola giornata di ieri, lunedì, 94 palestinesi sono rimasti uccisi nei raid e cinque sono morti di fame. Tra loro, Abdel Majeed Adnan Salamah, 28 anni, volontario della Mezzaluna rossa (PRCS) a Khan Younis. In un post su X, il PRCS ha scritto: “Fin dall’inizio della guerra, Abdel Majeed ha lavorato instancabilmente con le squadre di ambulanze rischiando la vita per soccorrere i feriti. Due giorni fa è partito alla ricerca di cibo nella cosiddetta ‘zona di aiuti USA-Israele’ a ovest di Rafah. Lì, le forze israeliane lo hanno preso di mira insieme ad altri civili affamati. Non ha mai fatto ritorno. Abdel Majeed è stato ucciso mentre cercava semplicemente di sopravvivere”.

La carestia, gli ostaggi e il fallimento umanitario?

Netanyahu ha reso nota la decisione di invadere Gaza dopo che Hamas nel fine settimana aveva pubblicato i video di due ostaggi, Evyatar David e Rom Braslavski, magri come scheletri, che implorano per la loro vita. La carestia nella Striscia è frutto del blocco imposto all’enclave e del completo fallimento del piano dell’IDF di rilevare la fornitura di assistenza umanitaria tramite una “fondazione americana” la Gaza Humanitarian Foundation (Ghf) rivelatasi totalmente inadeguata e incapace di gestire una crisi di simili proporzioni. L’organizzazione non garantisce neanche lontanamente il minimo necessario a sfamare la popolazione mentre centinaia di palestinesi hanno perso la vita a causa dell’uso smodato di armi mentre tentavano disperatamente di raggiungere il cibo. Secondo Mikhail Fakhri, esperto delle Nazioni Unite che per primo, più di 500 giorni fa, aveva lanciato l’allarme sul fatto che Israele stava orchestrando una campagna di deliberata carestia di massa a Gaza, governi e aziende non possono dirsi sorpresi dall’orrore che si sta verificando. “Israele ha costruito la macchina della fame più efficiente che si possa immaginare. Quindi, anche se è scioccante vedere persone morire di fame, nessuno dovrebbe dirsi sorpreso. Tutte le informazioni sono di dominio pubblico dall’inizio del 2024”, ha dichiarato al Guardian Fakhri, relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto al cibo.

Magistrati sotto attacco?

Ieri, mentre centinaia di dimostranti protestavano fuori dall’ufficio del primo ministro a Gerusalemme, il governo ha votato all’unanimità per licenziare il procuratore generale Gali Baharav-Miara, grande avversaria del premier sul tema della riforma della giustizia nonché procuratrice capo nel processo per corruzione al quale il primo ministro è sottoposto. L’Alta Corte di Giustizia ha stabilito che la revoca non entrerà in vigore finché i giudici non si saranno pronunciati sulla legalità del procedimento. Si tratta di una mossa senza precedenti: la rimozione di una delle più alte cariche di garanzia dello Stato, incaricata di vigilare sull’integrità legale del governo. Il Times of Israel riferisce che durante la riunione del gabinetto lo stesso Netanyahu ha accusato il magistrato di applicare “selettivamente” la legge, alimentando “l’incitamento e le minacce di omicidio contro di lui. Il voto del governo si è svolto “mentre i nostri ostaggi muoiono nei tunnel, mentre la società israeliana si sta lacerando”, ha dichiarato Yair Golan, un politico dell’opposizione israeliana, durante una manifestazione nei pressi della Knesset lunedì pomeriggio. Il governo israeliano, ha detto Golan, “non si sta occupando della liberazione degli ostaggi, né della fine della guerra. … Non si preoccupa della sicurezza di Israele”.

I vertici della sicurezza chiedono lo stop alla guerra?

Le turbolenze politiche si sono intensificate mentre Netanyahu si trovava ad affrontare rinnovate pressioni per porre fine alla guerra. In un video messaggio pubblico, quasi seicento ex funzionari dell’apparato di sicurezza, tra cui il Mossad e lo Shin Bet, hanno chiesto al presidente degli Stati Uniti Donald Trump di fare pressione su Netanyahu affinché ponga fine alla guerra a Gaza e riporti a casa gli ostaggi. Gli ex capi militari, dell’intelligence e della sicurezza accusano il governo di danneggiare la sicurezza del Paese ed esortano il primo ministro a interrompere le operazioni militari a Gaza e a raggiungere un accordo per il rilascio degli ostaggi rimasti. “Come professionisti, crediamo che Hamas non rappresenti più una minaccia strategica per Israele, e la nostra esperienza ci dice che Israele ha tutto ciò che serve per gestire le sue residue capacità terroristiche, a distanza o in altro modo”, affermano. “Rintracciare i restanti alti funzionari di Hamas potrà essere fatto più tardi”, ma “gli ostaggi non possono aspettare”. “Ci stiamo nascondendo dietro una menzogna che abbiamo inventato noi stessi. Questa menzogna è stata venduta al pubblico israeliano e il mondo ha capito da tempo che non riflette la realtà”. I firmatari aggiungono che al momento “abbiamo un governo trascinato da estremisti messianici in una direzione irrazionale”. Questi membri, tra cui diversi ministri, si oppongono ai negoziati con Hamas e hanno chiesto al primo ministro di rioccupare Gaza e di consentire loro di ricostruire gli insediamenti ebraici. “Sono una minoranza – spiegano nel video – ma il problema è che la minoranza controlla la politica”.

Il commento di Aldo Liga, Osservatorio Medio Oriente e Nord Africa ISPI

“L’eventuale, più volte minacciata, occupazione della totalità della Striscia rappresenterebbe un’ulteriore escalation nel massacro in corso a Gaza da quasi due anni, una nuova lacerazione interna per Israele e un’ennesima dimostrazione dell’ininfluenza delle iniziative internazionali. Gaza era già stata occupata militarmente dal 1967 al 1994 (e fino al 2005 “costellata” da insediamenti israeliani) e un ritorno della presenza dell’IDF aprirebbe la strada a una ulteriore amputazione dei territori destinati, sulla carta, a diventare in futuro lo stato palestinese. Le conseguenze sulla popolazione della Striscia sarebbero molto gravi, la probabile recrudescenza nei combattimenti aumenterebbe esponenzialmente il rischio di nuove carneficine (aggiungendosi a quelle in corso da mesi, con l’equivalente di un’intera classe di bambini uccisa ogni giorno dall’inizio della guerra, secondo i dati elaborati da UNICEF). Sul piano interno israeliano, la contrarietà dei vertici militari, che spingono per un accordo di cessate il fuoco, dimostra ancora una volta quanto la prosecuzione di questa guerra rappresenti una minaccia profonda alla tenuta istituzionale di Israele, al futuro della sua democrazia, e che i calcoli biechi del governo vengano perseguiti senza curarsi del rischio di destabilizzazioni interne e di nuove fratture, difficilmente sanabili. Infine, la decisione di occupare Gaza ci porta a un’ulteriore, amara, considerazione, sulla decredibilizzazione delle iniziative internazionali: se per 22 mesi si accetta ciò che viene definito “inaccettabile” si finisce per svuotare anche la minaccia dell’isolamento dalla sua funzione di deterrente efficace”.

[Fonte e Foto: ISPI]