Pizzaballa, “il dramma della guerra non finirà così presto: inutile fare discorsi sulla pace edulcorati e astratti, quindi non credibili, o limitarsi alle ennesime analisi o denunce”

Riflessioni amare, ma come sempre estremamente realistiche, del patriarca di Gerusalemme nella messa della solennità dell’Assunta nel villaggio arabo-israeliano di Abu Ghosh. “Non dobbiamo farci illusioni. La fine della guerra non segnerebbe comunque la fine delle ostilità e del dolore che esse causeranno”, ha avvertito: “Per molto tempo ancora avremo a che fare con le conseguenze causate da questa guerra sulla vita delle persone”. E ha aggiunto: “sappiamo che prima o poi il drago sarà vinto. Ma sappiamo che ora bisogna sopportare, sapendo che il drago continuerà ad imperversare nella storia”. E “il sangue degli innocenti, non solo qui in Terra Santa, a Gaza come in qualsiasi altra parte del mondo, non sarà dimenticato”.
GERUSALEMME, 15 AGO – “Tutti vogliamo che questa situazione di guerra e delle sue conseguenze sulla vita delle nostre comunità finisca quanto prima, e dobbiamo fare tutto il possibile perché questo avvenga, ma non dobbiamo farci illusioni. La fine della guerra non segnerebbe comunque la fine delle ostilità e del dolore che esse causeranno. Dal cuore di molti continuerà ancora ad uscire desiderio di vendetta e di ira. Il male che sembra governare il cuore di molti, non cesserà la sua attività, ma sarà sempre all’opera, direi anche creativo. Per molto tempo ancora avremo a che fare con le conseguenze causate da questa guerra sulla vita delle persone”. Sono le amare riflessioni fatte oggi, nella solennità dell’Assunta, dal patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa, durante la messa celebrata ad Abu Ghosh, villaggio arabo-israeliano situato a 10 chilometri a ovest della Città Santa.
“Sembra proprio che questa nostra Terra Santa, che custodisce la più alta rivelazione e manifestazione di Dio, sia anche il luogo della più alta manifestazione del potere di Satana – ha affermato il patriarca nell’omelia -. E forse proprio per questo, perché è il Luogo che custodisce il cuore della storia della salvezza, che è diventato anche il luogo nel quale ‘l’Antico Avversario’ cerca di imporsi più che altrove”.
“Permettetemi, perciò, di rileggere quel che stiamo vivendo alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato. Vorrei soffermarmi innanzitutto sulla lettura dell’Apocalisse – ha detto Pizzaballa commentando i testi liturgici del giorno -. È un brano che ci ha accompagnato ed è stato all’origine della nostra riflessione più volte, in questi mesi carichi di dolore. Sentiamo forte, infatti, proprio in questo momento il bisogno di parole vere e significative per noi. Proprio il dolore di questo tempo, infatti, non ci permette di fare discorsi sulla pace edulcorati e astratti, e perciò non credibili, né di limitarci alle ennesime analisi o denunce. Piuttosto si tratta di stare da credenti dentro questo dramma, che non è destinato a finire così presto”.
“L’enorme drago rosso con sette teste e dieci diademi – ha spiegato il porporato – è una chiarissima raffigurazione del potere del male nel mondo, di Satana, che ha molte teste e altrettanti diademi, simbolo appunto di potere, e che trascina sulla terra un terzo delle stelle del cielo (Ap 12, 4), quindi con una forza di distruzione straordinaria”. Mi colpisce che da quel brano si evinca chiaramente che il drago, Satana, non cesserà mai di affermarsi e accanirsi sul mondo”, ha proseguito: “Noi tutti vorremmo che il male fosse sconfitto quanto prima, che scomparisse dalla nostra vita. Parafrasando un brano del Vangelo, vorremmo che la zizzania fosse sradicata dal campo di grano (cf. Mt 13,30), dalla vita del mondo. Non è così. Lo sappiamo, ma dobbiamo sempre di nuovo imparare a convivere con la dolorosa consapevolezza che il potere del male continuerà ad essere presente nella vita del mondo e nella nostra”.
Secondo il patriarca di Gerusalemme, “noi non potremo con le nostre sole forze umane sconfiggere il potere enorme di quel drago. È un mistero, per quanto duro e difficile, che appartiene alla nostra realtà terrena. Non è rassegnazione. Al contrario, è presa di coscienza delle dinamiche della vita del mondo, senza fughe di alcun genere, ma anche senza paura, senza condividerle ma anche senza nasconderle”.
“La solennità di oggi, però, ci dice anche che esiste qualcuno di fronte al quale quel male è impotente. La potenza del drago non può vincere di fronte ad una nascita, a una madre che partorisce, che genera vita. Sul seme di vita, frutto di amore, il drago non può prevalere”, ha aggiunto Pizzaballa, secondo cui anche “nella nostra esperienza attuale, così dura e difficile, Dio continua a provvedere a noi, avvertendoci innanzitutto della forza del male, del potere mondano che in questa Terra e in questo tempo sembrano davvero prevalere”.
“Che fare, dunque?”, ha quindi domandato: “in questo nostro mondo violento e dominato da tanto male, noi Chiesa, noi comunità di credenti, siamo chiamati a ‘dare alla luce il figlio maschio’, cioè a porre un seme di vita nel mondo. In questo nostro contesto di morte e distruzione, vogliamo continuare ad avere fiducia, ad allearci con le tante persone che qui hanno ancora il coraggio di desiderare il bene, e creare con essi contesti di guarigione e di vita”. Secondo il card. Pizzaballa, “il male continuerà ad esprimersi, ma noi saremo il luogo, la presenza che il drago non può vincere: seme di vita, appunto. Vivremo nel deserto, non nella città. Non saremo dunque il centro della vita del mondo. Non seguiremo la logica che accompagna buona parte della vita dei potenti. Saremo probabilmente pochi, ma sempre diversi, mai allineati, e forse per questo diventeremo anche fastidiosi”.
E ancora: “sappiamo che prima o poi il drago sarà vinto. Ma sappiamo che ora bisogna sopportare, sapendo che il drago continuerà ad imperversare nella storia. E il sangue causato da tutto questo male, il sangue ‘di coloro che sono in possesso della testimonianza di Gesù’ (12,17), e di qualsiasi altro innocente, non solo qui in Terra Santa, a Gaza come in qualsiasi altra parte del mondo, non è dimenticato. Non è buttato via in qualche angolo della storia”.
Il Papa all’Angelus, “non rassegniamoci al prevalere della logica del conflitto e delle armi”
“Ci sentiamo impotenti di fronte al dilagare nel mondo di una violenza sempre più sorda e insensibile ad ogni moto di umanità”.
CASTEL GANDOLFO, 15 AGO – “Cari fratelli e sorelle, oggi vogliamo affidare all’intercessione della Vergine Maria, assunta in cielo, la nostra preghiera per la pace”, ha detto papa Leone XIV all’Angelus in Piazza della Libertà, a Castel Gandolfo, dopo la messa celebrata nella chiesa parrocchiale d San Tommaso da Villanova, presente anche il ministro degli esteri e vice presidente del Consiglio Antonio Tajani. “Ella, come Madre, soffre per i mali che affliggono i suoi figli, specialmente i piccoli e i deboli. Tante volte nei secoli lo ha confermato con messaggi e apparizioni”, ha ricordato ilo Pontefice.
“Nel proclamare il dogma dell’Assunzione, mentre ancora era bruciante la tragica esperienza della seconda guerra mondiale – ha proseguito -, Pio XII scriveva: «Vi è da sperare che tutti coloro che mediteranno i gloriosi esempi di Maria abbiano a persuadersi sempre meglio del valore della vita umana», e auspicava che mai più si facesse «scempio di vite umane, suscitando guerre» (Cost. ap. Munificentissimus Deus)”.
“Quanto sono attuali queste parole!”, ha esclamato papa Leone, secondo cui “ancora oggi purtroppo ci sentiamo impotenti di fronte al dilagare nel mondo di una violenza sempre più sorda e insensibile ad ogni moto di umanità”. “Eppure non dobbiamo smettere di sperare – ha aggiunto -: Dio è più grande del peccato degli uomini. Non dobbiamo rassegnarci al prevalere della logica del conflitto e delle armi”. “Con Maria crediamo che il Signore continua a soccorrere i suoi figli, ricordandosi della sua misericordia. Solo in essa è possibile ritrovare la via della pace”, ha concluso.
Nella messa della solennità dell’Assunta celebrata stamane nella chiesa parrocchiale di Castel Gandolfo, papa Prevost ha spiegato che “questo giorno di gioia è un giorno che ci impegna a scegliere come e per chi vivere”, e che “la Risurrezione entra anche oggi nel nostro mondo. Le parole e le scelte di morte sembrano prevalere, ma la vita di Dio interrompe la disperazione attraverso concrete esperienze di fraternità, attraverso nuovi gesti di solidarietà”.
“Il canto di Maria, il suo Magnificat, rafforza nella speranza gli umili, gli affamati, i servi operosi di Dio – ha detto ancora -. Sono le donne e gli uomini delle Beatitudini, che ancora nella tribolazione già vedono l’invisibile: i potenti rovesciati dai troni, i ricchi a mani vuote, le promesse di Dio realizzate”. Per il Papa, “si tratta di esperienze che, in ogni comunità cristiana, dobbiamo tutti poter dire di aver vissuto. Sembrano impossibili, ma la Parola di Dio ancora viene alla luce. Quando nascono i legami con cui opponiamo al male il bene, alla morte la vita, allora vediamo che nulla è impossibile con Dio”.
E “anche oggi le comunità cristiane povere e perseguitate, i testimoni della tenerezza e del perdono nei luoghi di conflitto, gli operatori di pace e i costruttori di ponti in un mondo a pezzi sono la gioia della Chiesa, sono la sua permanente fecondità, le primizie del Regno che viene”. “Come singoli e come Chiesa noi non viviamo più per noi stessi. È proprio questo – è solo questo – a diffondere la vita e a far prevalere la vita. La nostra vittoria sulla morte inizia fin da ora”, ha sottolineato papa Leone.
[Foto: Patriarcato Latino di Gerusalemme]