L’INTERVISTA / Rabbino per i diritti umani, “bene la possibile tregua a Gaza, ma non basta. Israele cerchi un accordo con l’Anp perché i due popoli convivano”

Dopo l’annuncio di Hamas di accettare l’ultima proposta per un cessate il fuoco con Israele, Tra Cielo e Terra ha intervistato il rabbino Avi Dabush, direttore esecutivo dell’organizzazione israeliana “Rabbini per i Diritti Umani”, fondata nel 1988 e impegnata nella difesa dei diritti umani in Israele e nei Territori Palestinesi. Dabush, tra l’altro, insieme alla sua famiglia, è un sopravvissuto del 7 ottobre.
Di Antonella Palermo
Rabbino Dabush, che giudizio dà dell’annuncio di Hamas di accettare le ultime condizioni per un cessate il fuoco a Gaza?
Sulla possibilità di un accordo, ovviamente, saremo felici di vedere una sorta di cessazione della guerra e il ritorno degli ostaggi, nonché l’arrivo di cibo e aiuti umanitari in modo ben organizzato. È una buona notizia, ma non è sufficiente. Dal nostro punto di vista, come organizzazione, come attivisti per i diritti umani e la pace, e anche come persone che dovrebbero tornare alle loro case al confine, abbiamo bisogno di un accordo definitivo che ponga fine alla guerra, che riporti a casa tutti gli ostaggi, gli ostaggi israeliani, e che avvii un nuovo processo a Gaza che porti a un nuovo governo e poi a negoziati tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese sull’accordo e sul modo di convivere, in realtà, dal fiume al mare.
Questa è l’unica opzione valida per tutti noi, per entrambi i popoli, e non sogni folli di trasferimenti, uccisioni, annessioni e così via. Quindi speriamo che questo sia solo l’inizio di un accordo molto più ampio e speriamo che i nostri alleati in Egitto, Arabia Saudita e, naturalmente, Stati Uniti, Nazioni Unite e Unione Europea facciano parte di un accordo stabile che porti sicurezza e pace a tutte le persone tra il fiume e il mare.
In realtà, il governo israeliano e le forze militari non sembrano aver rinunciato al piano di occupazione di Gaza City e, in prospettiva, alla deportazione della popolazione palestinese in altri Paesi…
Ancora una volta, da un punto di vista morale, è sbagliato cercare di allontanare, esiliare, trasferire. E naturalmente è contro il diritto internazionale che noi ebrei, come Israele, siamo tenuti a rispettare. Questo è l’establishment, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Quindi noi siamo contrari. E inoltre non è realistico. Possiamo vedere che i palestinesi, come gli israeliani, devo dire, e gli ebrei in Israele sono in sumud, come si dice in arabo, cioè persistono nel rimanere nella loro terra. E nessuno può davvero allontanarli perché fa parte del nostro legame con la tradizione, la comunità… Ed è chiaro che, purtroppo, non ci sono molti posti dove i palestinesi possono andare per ottenere la cittadinanza e una vita dignitosa. Quindi non è una vera opzione.
Può darci anche una valutazione complessiva della guerra che dura ormai da quasi due anni tra Israele e Hamas, con tutte le conseguenze che ha avuto sulla popolazione della Striscia di Gaza?
Noi come organizzazione, Rabbis for Human Rights, siamo ovviamente contrari fin dalla seconda o terza settimana del conflitto. La guerra, è persino inutile dirlo, è un male per tutti noi sotto molti aspetti. Pensiamo a Israele, pensiamo agli ostaggi, ai soldati, alle persone che vivono al confine. Io stesso, con la mia famiglia, sono una vittima del 7 ottobre: abbiamo lasciato la nostra casa l’8 ottobre e non possiamo ancora tornarci. Siamo a meno di due chilometri da Khan Yunis, nel kibbutz Nirim. Questo per quanto riguarda i nostri interessi diretti. Ma di certo pensiamo anche ai valori dell’ebraismo, ai nostri valori umanistici e ai valori del sionismo, e a ciò che sta accadendo a Gaza. Quello che stiamo facendo a Gaza è inaccettabile e noi vogliamo salvare quante più vite possibile.
Il primo ministro Netanyahu sostiene che a Gaza non ci siano né carestia né fame. Qual è la vostra opinione su queste dichiarazioni? È vero, come molti sostengono, che il governo israeliano sta usando la fame come arma di guerra?
Posso dire che è strano che Netanyahu lo dica, perché i suoi ministri, fin dall’inizio della guerra, a metà marzo, hanno detto che no, nemmeno il pane, nemmeno un pezzo di pane sarebbe entrato a Gaza. Quindi, è evidente che c’è una connessione tra questo e ciò che sta accadendo a Gaza. E abbiamo visto, ovviamente, il grande cambiamento nella strategia dopo le immagini terrificanti da Gaza. Non so se ora Israele stia usando la fame, ma i ministri ne hanno parlato come un modo per fare pressione su Hamas. Posso capire qualsiasi pensiero tra la gente comune, ma loro sono leader. E naturalmente, come organizzazione per i diritti umani e come attivista per la pace, dico di lasciar perdere. C’è una frase nella Bibbia che dice che anche se la persona è quella che odi e lui odia te, se ha fame, dagli del pane; se ha sete, dagli da bere.
Per quanto riguarda la situazione in Cisgiordania, qual è il suo giudizio sugli attacchi dei coloni ai villaggi palestinesi e sul piano annunciato dal ministro Smotrich per la creazione di nuovi insediamenti a ridosso di Gerusalemme Est?
Come organizzazione, stiamo lavorando molto in Cisgiordania per proteggere pastori, agricoltori e comunità danneggiate. Naturalmente, siamo stati coinvolti nella tragica morte di Odeh Hadalin [attivista e insegnante palestinese che ha collaborato alla realizzazione del documentario No Other Land, ucciso a sangue freddo a fine luglio scorso dal colono israeliano Yinon Levi, a Masafer Yatta sulle colline a sud di Hebron, ndr] a Omelkher, una comunità con cui collaboriamo da molti anni. Lo definiamo effettivamente terrorismo ebraico perché, purtroppo, parte delle giustificazioni provengono dall’ebraismo ed è un terrorismo. Non sono i coloni. Non sono solo i coloni e non è solo violenza. È un terrorismo perché ha una filosofia e stanno cercando di allontanare le comunità. E purtroppo, dal 7 ottobre, ci stanno riuscendo, di tanto in tanto. E’ chiaro che siamo contrari al piano di Smotrich. Ancora una volta, lo considero contrario agli interessi di Israele perché l’idea, e lui lo ha detto, è quella di impedire la creazione di uno Stato palestinese. Invece l’Autorità Palestinese è l’unica alternativa ad Hamas. E stanno facendo di tutto per danneggiare l’Autorità Palestinese e per andare avanti con Hamas: come ha detto Smotrich dieci anni fa, che Hamas è una risorsa.
In recenti interviste, il primo ministro israeliano ha suggerito di sentirsi investito di un mandato “spirituale”, di origine biblica. Cosa ne pensa?
Ritengo che chiunque pensi che Dio gli parli e che la propria politica derivi da questo, e non sia una politica responsabile e pragmatica, sia molto, molto pericoloso. Possiamo vedere l’influenza di persone come Smotrich, Rothman, Orit Strook, Ben-Gvir e altri. Sono messianici in modo molto pericoloso. E se Netanyahu, che è così laico e a cui questi aspetti proprio non interessano, parla in questi termini, è davvero pericoloso. A mio avviso, se una figura biblica responsabile del più grande massacro mai avvenuto in Israele non si è assunta la responsabilità, ha cercato di fare di tutto per sfuggire alle indagini e ha portato avanti questo disastro e questa guerra fallimentare… beh, forse è biblico nel senso che nella Bibbia ci sono molti esempi negativi di leader. Forse è uno di quelli.
Quali sono le sue speranze per il futuro? Sarà mai possibile una coesistenza pacifica tra i due popoli?
Naturalmente, una coesistenza pacifica tra i due popoli è possibile. E spero e credo davvero che accadrà. La domanda è, questo è chiaro, quanti anni di sangue sprecheremo. La maggior parte delle persone qui vuole vivere in pace. La maggior parte delle persone è davvero preoccupata per le proprie famiglie, per le proprie comunità… Abbiamo solo bisogno di un cambiamento, come è successo in Egitto dopo la guerra dello Yom Kippur, come è successo dopo la Seconda Guerra Mondiale e così via. Ci sono molti buoni esempi in questo senso. E se ci saranno leader coraggiosi e persone che li spingono e forniscono loro le infrastrutture e il sostegno necessari, questo cambiamento avverrà. E so che succederà.
[Foto: Rabbis for Human Rights]