Sudan: in calo il numero degli sfollati interni

Oltre 1.5 milioni di persone sono tornate alle proprie case, in particolare a Khartoum. Ma 10 milioni restano ancora sradicate all’interno del paese. Oltre la metà sono minori. Ne riferisce Nigrizia.
In Sudan l’Organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM) ha registrato un significativo calo del numero degli sfollati interni negli ultimi mesi, con 1,65 milioni di persone che hanno fatto ritorno alle proprie case.
Nel suo ultimo rapporto l’OIM stima che a fine luglio vi fossero 9.937.444 persone sfollate in tutti i 18 stati del Sudan, rispetto ai circa 11,5 milioni stimati a gennaio, quando si registrò il numero più alto di sfollati interni nel paese dall’inizio del conflitto, nell’aprile 2023.
Il rientro di molti è cominciato dopo la riconquista da parte dell’esercito (SAF) della capitale Khartoum alla fine di marzo e al consolidamento del controllo delle Forze armate negli stati orientali di Gezira e Sennar.
I principali stati di origine degli sfollati interni, fa sapere l’OIM, sono Khartoum (31%), Darfur meridionale (21%) e Darfur settentrionale (20%).
Gli stati che hanno registrato le diminuzioni più significative nella popolazione sfollata sono stati Kassala (20%), Mar Rosso (14%) e Fiume Nilo (11%), tutte zone non interessate dai combattimenti e relativamente tranquille.
Quasi la metà di tutte le famiglie sfollate (47%), fa notare ancora l’agenzia dell’ONU, è ospitata presso altre famiglie e più della metà (53%) di tutti gli sfollati interni sarebbero minorenni.
Rientri dai paesi vicini e nuovi sfollamenti
Da gennaio 2024, l’OIM stima che 272.361 persone siano tornate in Sudan dall’Egitto. Oltre 128mila quelle rientrate dal Sud Sudan.
Tuttavia, il paese rimane nella morsa di una delle peggiori crisi umanitarie al mondo, con milioni di persone che affrontano carestie, malattie e insicurezza.
Oltre 30,4 milioni di persone, oltre la metà della popolazione, necessitano di assistenza urgente, secondo l’ufficio di coordinamento degli aiuti delle Nazioni Unite (OCHA).
L’insicurezza alimentare ha raggiunto livelli catastrofici, con 24,6 milioni di persone che soffrono la fame acuta e con la carestia che è già stata confermata in alcune zone del Darfur settentrionale e dei Monti Nuba.
Dall’inizio della guerra, oltre 4,2 milioni di persone in totale sono fuggite dal Sudan verso i paesi confinanti, tra cui Egitto, Ciad e Sud Sudan.
Molte sono ancora costrette ad abbandonare le proprie case, in particolare nella zona di El Fasher, capitale del Darfur settentrionale, sotto assedio da oltre un anno da parte delle milizie Forze di supporto rapido (RSF), e nello stato meridionale del Kordofan, attualmente i due principali e più sanguinosi teatri di guerra.
Khartoum, città fantasma
I rientri più consistenti, dicevamo, si sono registrati nella capitale Khartoum, dove dall’inizio del conflitto e dalla successiva sua conquista da parte delle RSF erano fuggite oltre 3,7 milioni di persone. Nel suo rapporto di giugno l’OIM aveva registrato il rientro in città di 605.797 persone, rispetto alle 105.723 del mese precedente, con un aumento del 400% in soli 30 giorni.
I sudanesi, insomma, hanno voglia di lasciarsi alle spalle guerra e distruzione, e di ricominciare.
Ma, aveva avvertito Mohamed Refaat, a capo del team OIM in Sudan, sebbene molti siano ansiose di tornare a casa, “non ci sono ancora le condizioni per un ritorno e un’integrazione sicuri e sostenibili”.
“I servizi di base, tra cui assistenza sanitaria, protezione, istruzione e cibo, sono scarsi, e la mancanza di infrastrutture funzionali e di capacità finanziaria renderà difficile per le famiglie ricostruire le proprie vite”.
Da qui l’appello dei direttori regionali di OIM e UNHCR a “una maggiore solidarietà internazionale con il popolo sudanese sradicato da questa guerra orribile e con i paesi che gli hanno aperto le porte”.
Il governo, trasferitosi a Port Sudan, sul Mar Rosso, all’inizio del conflitto, starebbe pianificando di tornare nella storica capitale ad ottobre e organizzando la ricostruzione e il ritorno in sicurezza dei civili sfollati. Ma la distruzione da affrontare è immane: a partire dalle forniture di acqua potabile, elettricità e servizi sanitari.
Khartoum e l’intero paese attendono insomma una pace e una normalità che paiono ancora lontane, mentre si comincia a parlare di ricostruzione tra l’eco dei bombardamenti.
[Fonte e Foto: Nigrizia]