LA TESTIMONIANZA / Operatore umanitario, “calamità, restrizioni, tagli agli aiuti fiaccano l’Afghanistan: per una rinascita investire sui giovani”

Il devastante terremoto che ha colpito il 31 agosto l’Afghanistan sud-orientale e che ha ucciso oltre 2.200 persone, seguito nei giorni successivi da altre scosse superiori alla magnitudo 6.0, sta fiaccando ulteriormente la situazione economica e sociale di un Paese già fortemente provato. Le agenzie umanitarie hanno esortato la comunità internazionale ad aumentare i finanziamenti. Le stesse autorità talebane, tornate al potere quattro anni fa, hanno chiesto aiuti dall’estero nonostante le restrizioni. A quattro anni dalla proclamazione dell’Emirato Islamico, molti sono gli interrogativi che riguardano il futuro di una nazione tormentata come poche. Per un quadro complessivo, e allo stesso tempo dettagliato, Tra Cielo e Terra ha intervistato un operatore umanitario attivo da anni in Afghanistan (in un’area non direttamente interessata dal sisma), che ha risposto sotto promessa di anonimato.
Di Antonella Palermo
A quattro anni dal ritorno al potere dei Talebani, qual è la situazione nel Paese? Quali sono secondo lei i problemi principali?
L’Afghanistan deve affrontare sfide complesse, tra cui il declino economico, una crisi ambientale in corso, conflitti sporadici e restrizioni governative, che hanno aggravato le esigenze umanitarie. Le continue turbolenze in Afghanistan sono state inasprite dall’aumento delle espulsioni dal Pakistan e dall’Iran. Dall’inizio di aprile 2025, un gran numero di afghani è tornato in patria (la maggior parte dei quali donne e bambini), con una percentuale significativa espulsa con la forza. L’economia già instabile dell’Afghanistan, gli alti tassi di disoccupazione e la mancanza di infrastrutture rendono difficile il reinserimento.
Milioni di persone in Afghanistan, tra cui milioni di bambini, hanno bisogno di assistenza umanitaria. Il basso livello di istruzione della popolazione rimpatriata rende queste persone vulnerabili alla povertà e a meccanismi di sopravvivenza rischiosi per soddisfare i bisogni primari. I rapporti indicano che le donne vengono date in sposa prima dei 18 anni e che i bambini sono coinvolti nel lavoro minorile. A tutt’oggi, sono alcuni milioni i bambini che non frequentano la scuola. Le condizioni economiche in Afghanistan rimangono difficili e gli sforzi volti a favorire l’emancipazione economica sono fondamentali per promuovere il benessere generale della popolazione.
Inoltre, l’Afghanistan è il sesto Paese al mondo più esposto ai cambiamenti climatici, nonostante contribuisca in misura minima alle emissioni globali di carbonio. Il rapporto Afghanistan Climate Vulnerability Assessment (ACVA) indica che le inondazioni e la siccità hanno superato i conflitti come causa principale degli sfollamenti, aggravando la già pesante crisi umanitaria. Il periodo di siccità continua ad aumentare le sofferenze di una popolazione già alle prese con numerose calamità. Inoltre, una forte riduzione dei finanziamenti assistenziali, compresa la sospensione degli aiuti statunitensi, ha costretto il 68% delle agenzie a ridimensionare i propri interventi, portando alla chiusura di oltre 400 cliniche sanitarie e alla diminuzione delle forniture alimentari.
Quattro anni fa sembrava che ci fosse spazio per un’apertura provvisoria da parte del governo sul fronte sociale e politico. Quali sono le ragioni di quella che oggi viene percepita come una disillusione, una regressione? Forse le speranze iniziali erano eccessive?
Le autorità di fatto continuano a mantenere la loro posizione, basandosi sempre sulla stessa apertura sotto il profilo sociale e politico. Il motivo per cui non lo fanno è il dover elaborare un piano basato sulla Sharia. Qualsiasi funzionario, interrogato in merito, riferirà sulla stessa linea e dimostrerà la propria apertura. Pertanto, non possiamo dire che ci sia stata una regressione, né che le speranze iniziali fossero eccessive. A quanto pare, le autorità di fatto stanno usando proprio queste attese come la loro carta vincente per ottenere il riconoscimento.
Rimane il grave problema dello status delle donne e della discriminazione di genere, per cui l’Afghanistan è stato anche condannato a livello internazionale. Qual è la situazione per quanto riguarda il diritto all’istruzione e al lavoro?
Le crescenti restrizioni imposte alle donne e alle ragazze nella maggior parte degli aspetti della vita, compresi l’istruzione e l’occupazione, continuano ad aumentare i rischi per la loro protezione e hanno peggiorato le loro opportunità di sviluppare resilienza. Il decreto del dicembre 2022 ha imposto divieti alle donne di età superiore ai 12 anni, limitando la loro partecipazione al mondo del lavoro e all’istruzione, riducendo il settore occupazionale per le giovani donne e ponendo un freno alla loro capacità di intraprendere attività lavorative da casa, aumentando il loro rischio di violenza di genere.
Le donne possono lavorare nel settore dell’istruzione e della sanità, ma l’istruzione in tutte le sue forme è formalmente limitata oltre il sesto anno di scuola. Nelle città, poche scuole private di inglese o di istruzione domiciliare continuano a formare le giovani, ma nessun istituto di istruzione formale è autorizzato a insegnare alle ragazze oltre i 12 anni. Molte ricorrono ora alle scuole religiose per continuare la loro istruzione attraverso le madrasse.
Le immagini di quattro anni fa, quando folle di afghani si aggrappavano agli ultimi voli disponibili nel tentativo di lasciare il Paese, rimangono vive nella nostra memoria. Ora, stiamo assistendo a una migrazione di ritorno, come si accennava in precedenza. Ci spiega meglio chi sono le persone che tornano? Quali sono le loro prospettive e quali difficoltà devono affrontare dal punto di vista umanitario?
Tra settembre 2023 e giugno 2025, oltre 3,4 milioni di afghani sono tornati o sono stati espulsi dall’Iran e dal Pakistan, con 1,5 milioni di rimpatriati solo nel 2024. Inoltre, durante la prima settimana di luglio 2025, 254.004 persone sono state rimpatriate dall’Iran stesso e molte di loro sono state sottoposte a procedure di espulsione forzata.
L’Iran ha avviato l’applicazione di una controversa politica che revoca la validità dei documenti di registrazione al censimento e di soggiorno temporaneo per i migranti afghani. Nel frattempo, il Piano di rimpatrio degli stranieri illegali (IFRP) del Pakistan continua a colpire migliaia di persone espulse dal Paese. Le persone che tornano hanno vissuto per anni in questi Paesi (molti sono anche nati nel Paese di rifugio). Non solo erano lì dopo la presa di potere dei talebani, ma anche prima. Molti afghani si erano trasferiti lì in cerca di alternative di sostentamento e di una vita migliore rispetto a quella che conducevano in Afghanistan. La maggior parte di questi rimpatriati, tra cui un’alta percentuale di donne, bambini e anziani, all’arrivo non dispone di documenti e risorse di base, mettendo a dura prova la già limitata capacità di reinserimento dell’Afghanistan. La maggior parte di loro è stata espulsa con la forza attraverso procedure di respingimento.
Il Paese non solo ha subito sanzioni e tagli agli aiuti in precedenza, ma anche la riduzione di altri finanziamenti lo ha messo in una situazione molto difficile. Le calamità naturali stanno aggravando le difficoltà della popolazione. Le persone che finora hanno vissuto in strutture migliori si riverseranno nelle città, mettendo a dura prova le risorse già limitate.
E quali ulteriori difficoltà sono causate dai tagli agli aiuti internazionali?
La sanità, l’istruzione, il sostegno di emergenza, l’alimentazione, ecc. sono influenzati dai tagli. La perdita di posti di lavoro delle persone impiegate nelle ONG ha anche fatto salire il tasso generale di disoccupazione. La riduzione dei progetti umanitari sta facendo precipitare gli acquisti dal mercato, condizionando tutti i settori della vita.
Quali soluzioni intravede per migliorare la situazione nel Paese? Quali speranze nutre per il futuro?
L’autosufficienza del Paese contribuirebbe sicuramente a migliorare la situazione. Tuttavia, molti fattori politici la ostacolano. Le tensioni con gli Stati confinanti su alcune risorse non consentono la crescita dell’Afghanistan. Attualmente il Paese sta assistendo a un forte sviluppo infrastrutturale, che potrebbe favorire lo sviluppo delle imprese. Il progetto TAPI [il gasdotto Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India, ndr] potrebbe portare introiti e occupazione. L’enfasi sulla riduzione dei prodotti finiti importati sta di fatto aiutando la creazione di alcune unità produttive nazionali. I progetti di irrigazione (molti avviati dal regime precedente) stanno procedendo e potrebbero contribuire allo sviluppo sostenibile del Paese. I giovani sono il futuro dell’Afghanistan. È importante investire su di loro per contribuire al cambiamento. Il Paese ha un potenziale di crescita, essendo ricco di minerali. La popolazione non è così numerosa e, con politiche adeguate e un sostegno più forte allo sviluppo, sarà garantita stabilità. Ma la corruzione continua a essere un grave ostacolo.
[Foto: Large Movements]