Il Papa, “presto andrò a Lampedusa”

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“Non c’è giustizia senza compassione, né legittimità senza ascolto del dolore altrui”. In occasione della presentazione della candidatura del progetto “Gesti dell’accoglienza”, di Lampedusa, alla lista del Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, nel videomessaggio di Leone XIV il ringraziamento per i tanti operatori di speranza: “baluardo di quell’umanità che le ragioni gridate, le paure ataviche e i provvedimenti ingiusti tendono a incrinare”. Il Pontefice, che spera di incontrare presto gli isolani, esorta a “diventare esperti di riconciliazione”. Il servizio di Antonella Palermo per Vatican News.

Il grazie, il ricordo, l’appello. Nel videomessaggio di Leone XIV diffuso ieri sera, 12 settembre, per la presentazione a Lampedusa della candidatura del progetto “Gesti dell’accoglienza” alla lista del Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco c’è il riconoscimento per l’impegno fortissimo, da parte del vasto mondo dell’associazionismo e delle istituzioni sia civili che ecclesiali, a offrire umanità a chi sopravvive nelle traversate della speranza; c’è il commosso dolore per chi non ce l’ha fatta e il rallegramento per chi invece, salvato per una nuova vita, ha messo in moto la carità ricevuta; e c’è ancora, nel ricordo del predecessore Francesco – il quale scelse proprio quell’isola come destinazione del suo primo viaggio apostolico – l’incoraggiamento ad andare oltre le fatiche, a continuare a spendersi per la giustizia contro la globalizzazione dell’indifferenza e dell’impotenza. Quest’ultima, osserva il Pontefice, è figlia della menzogna: “non esistono nemici”. 

Non c’è giustizia senza compassione

L’empatia mostrata dal Papa nel suo “saluto a distanza” – che spera di poter presto fare “in presenza, di persona” – emerge fin dalla prima parola “o’scià” (respiro, soffio), tipica espressione del dialetto siciliano, che lo stesso Papa Francesco usò approdando in questo lembo di terra nel cuore del Mediterraneo. Un esordio che consente subito di far riferimento allo Spirito Santo, i cui doni, afferma, sono abbondanti qui, in questa “porta d’Europa”, come definisce Lampedusa e Linosa, in cui si è creata una comunità che ha messo in campo una generosità emblematica, “un enorme impegno di accoglienza”.

Il mio “grazie”, che è il “grazie” di tutta la Chiesa per la vostra testimonianza, prolunga e rinnova quello di Papa Francesco. “Grazie” alle associazioni, ai volontari, ai sindaci e alle amministrazioni che nel tempo si sono succeduti; “grazie” ai sacerdoti, ai medici, alle forze di sicurezza e a tutti coloro che, spesso invisibilmente, hanno mostrato e mostrano il sorriso e l’attenzione di un volto umano a persone sopravvissute nel loro viaggio disperato di speranza. Voi siete un baluardo di quell’umanità che le ragioni gridate, le paure ataviche e i provvedimenti ingiusti tendono a incrinare. Non c’è giustizia senza compassione, non c’è legittimità senza ascolto del dolore altrui.

Bisogna reagire insieme

Papa Leone non può non ricordare le tante vittime, “quante madri e quanti bambini!”, sprofondate nel Mare nostrum. Il ricordo è per quanti, tra le persone migranti, sono sepolti proprio nell’isola, come semi per un mondo nuovo. E il ricordo è anche per chi, superstite a stragi del mare, è diventato a sua volta operatore di giustizia e di pace. Perché, sottolinea il Pontefice, se il male è purtroppo contagioso, anche il bene lo è, anzi di più. Vuol essere un grande stimolo quello del Papa oggi:

È vero, col passare degli anni può subentrare la stanchezza. Come in una corsa, può mancare il fiato. Le fatiche tendono a mettere in questione ciò che si è fatto e, a volte, anche a dividerci. Bisogna reagire insieme, stando uniti e aprendoci di nuovo al respiro di Dio. Tutto il bene che avete fatto potrebbe sembrare come gocce nel mare. Non è così, è molto di più!

La storia è devastata dai prepotenti, ma è salvata dagli umili

Leone fa propria la denuncia che già Papa Francesco fece quando criticò la globalizzazione dell’indifferenza, espressione destinata a diventare ricorrente in molti suoi discorsi. Oggi, precisa Prevost, sembra addirittura mutata in “globalizzazione dell’impotenza”. Non si tratta tanto, avverte, di non essere consapevoli del dolore innocente, ma di restare “fermi, silenziosi e tristi, vinti dalla sensazione che non ci sia niente da fare”. 

La globalizzazione dell’impotenza è figlia di una menzogna: che la storia sia sempre andata così, che la storia sia scritta dai vincitori. Allora sembra che noi non possiamo nulla. Invece no: la storia è devastata dai prepotenti, ma è salvata dagli umili, dai giusti, dai martiri, nei quali il bene risplende e l’autentica umanità resiste e si rinnova.

Serve una cultura della riconciliazione

A questa tendenza di passività diffusa, il Papa invita a opporre una cultura della riconciliazione, si spinge a dire che “dobbiamo diventare esperti di riconciliazione”. Perché, rimarca, “riconciliarsi è un modo particolare di incontrarsi”. NecessariA, spiega ancora, è la cura delle ferite, necessario il perdono reciproco. “Tanta paura, tanti pregiudizi, grandi muri anche invisibili – scrive il Successore di Pietro – ci sono tra noi e tra i nostri popoli, come conseguenze di una storia ferita”. Con l’affidamento a Maria Stella del Mare, il Papa esprime l’anelito di pace tra i popoli e le creature:

Bisogna riparare ciò che è infranto, trattare con delicatezza le memorie che sanguinano, avvicinarci gli uni agli altri con pazienza, immedesimarci nella storia e nel dolore altrui, riconoscere che abbiamo gli stessi sogni, le stesse speranze. Non esistono nemici: esistono solo fratelli e sorelle.

Leone XIV, “cura, dono e fiducia, basi di un’economia che non uccide”

Rivolgendosi ai partecipanti al World Meeting on Human Fraternity, promosso dalla Basilica di San Pietro, il Papa esorta a chiedersi: “Fratello, sorella, dove sei?”. Un interrogativo che risuona nel “business delle guerre”, in mezzo a migranti “disprezzati”, poveri accusati della loro miseria e tra le vittime della solitudine. La via indicata è quella di “un’altra direzione di vita, di crescita, di sviluppo”. Il servizio di Edoardo Giribaldi per Vatican News.

“Fratello, sorella, dove sei?” È la domanda da rivolgere a chi subisce la violenza delle guerre, a chi è costretto a lasciare la propria terra, “respinto e imprigionato” ai margini del mondo; a chi porta sulle spalle il peso della povertà, e per questo viene accusato, a causa della logica “che stima più il profitto delle persone”. È la domanda che raggiunge anche chi, pur immerso nell’iperconnessione, vive nella solitudine di un silenzio che non trova ascolto. A quel silenzio, rispondere con il coraggio di una “nuova direzione di vita”. Al “business delle guerre”, opporre un’economia che nasca dalla cura, dal dono, dalla fiducia reciproca.

È questo l’appello che Papa Leone XIV rivolge ai partecipanti della terza edizione del World Meeting on Human Fraternity, in programma ieri e oggi. Un evento promosso dalla Basilica di San Pietro che offre 15 tavoli tematici e laboratori di confronto, con la partecipazione di personalità di rilievo internazionale. Tra loro, il cardinale Mauro Gambetti, arciprete della Basilica, vicario generale della Città del Vaticano e presidente della Fabbrica di San Pietro; Graça Machel Mandela, attivista e politica, co-fondatrice di The Elders, realtà impegnata nella promozione di pace, giustizia, diritti umani e sostenibilità ambientale; e Maria Ressa, premio Nobel per la Pace 2021.

La forza “silenziosa”

Il filo conduttore dell’evento sarà un deciso “no” alla guerra. “Sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo” – afferma il Papa, richiamando l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium di Francesco – è la via dei forti: una sapienza “silenziosa”, capace però di unire la cultura e le religioni diverse nel riconoscimento reciproco di fratelli e sorelle.

La violenza non è la norma

Il conflitto, ricorda Leone XIV, è presente fin dalle origini delle relazioni umane, nel racconto biblico di Caino e Abele. Non può però diventare alibi per dire “è sempre andata così”.

Per quanto antica, per quanto diffusa, la violenza di Caino non si può tollerare come normale. Al contrario, la norma risuona nella domanda divina rivolta al colpevole: “Dov’è tuo fratello?”

Una domanda che si fa “vocazione”, “regola”, “canone di giustizia”. Alla logica della vendetta, afferma il Papa, Dio contrappone “una domanda che accompagna tutto il cammino della storia”.

Tra guerre, migranti, poveri e soli

Compreso quello odierno, di cammino, dove tale quesito va “più che mai” interiorizzato come “principio di riconciliazione”.

“Fratello, sorella, dove sei?”. Dove sei nel business delle guerre che spezzano le vite dei giovani costretti alle armi, colpiscono i civili, bambini, donne e anziani indifesi, devastano città, campagne e interi ecosistemi, lasciando dietro di sé solo macerie e dolore? Fratello, sorella, dove sei tra i migranti disprezzati, imprigionati e respinti, tra quelli che cercano salvezza e speranza e trovano solo muri e indifferenza? Dove sei, fratello, quando i poveri vengono incolpati della loro povertà, dimenticati e scartati, in un mondo che stima più il profitto delle persone? Fratello, sorella, dove sei in una vita iperconnessa ma in cui la solitudine corrode i legami sociali e ci rende estranei anche a noi stessi?

La risposta non può essere silenziosa: deve tracciare una nuova “direzione di vita”, che generi crescita e sviluppo.

“Una sola è l’origine dei diversi popoli”

Riconoscere un fratello o una sorella nel prossimo libera da due logiche, secondo il Papa: la “finzione di crederci figli unici” e quella “dei soci”, che hanno in comune solo specifici interessi. Infatti, non sono questi ultimi “a farci vivere insieme”. Le tradizioni spirituali e il pensiero critico più maturo hanno insegnato a superare legami esclusivamente etnici o di sangue: quelle “fratellanze” che riconoscono il “simile”, negando il “diverso”. Leone XIV ricorda che, nella Bibbia, i testi più recenti dipingono una fraternità fondata sulla “comune umanità”, oltre i “confini etnici del popolo di Dio”.

Lo testimoniano i racconti di creazione e le genealogie: una sola è l’origine dei diversi popoli – anche dei nemici – e la Terra, coi suoi beni, è per tutti, non per alcuni.

“Quanto vale una persona”

In relazione a quest’ultimo punto, il Pontefice cita l’enciclica Fratelli tutti:

C’è un riconoscimento basilare, essenziale, da compiere per camminare verso l’amicizia sociale e la fraternità universale: rendersi conto di quanto vale un essere umano, quanto vale una persona, sempre e in qualunque circostanza.

I poveri, non “destinatari” ma “soggetti”

“Fraternità” non è altro che “il nome più vero della prossimità”: ritrovare “il volto dell’altro”, e in quello di poveri, rifugiati, anche degli avversari, riconoscere, “il Mistero” – per chi crede, l’immagine stessa di Dio.

Ai partecipanti al meeting il Pontefice chiede di individuare progetti “locali e internazionali” che sviluppino nuovi spazi per la “carità sociale”, “alleanze tra saperi” e “solidarietà tra generazioni”.

Siano percorsi popolari, che includano anche i poveri, non come destinatari di aiuto, ma come soggetti di discernimento e di parola.

Una “alleanza dell’umano”

Un lavoro di “semina silenziosa” che può germogliare in processi partecipativi fondati su umanità e fraternità. Non un semplice elenco di diritti, ma un disegno ampio che prenda forma in azioni e motivazioni concrete, che rendono tutti “diversi” nella quotidianità.

Abbiamo bisogno di una estesa “alleanza dell’umano”, fondata non sul potere, ma sulla cura; non sul profitto, ma sul dono; non sul sospetto, ma sulla fiducia. La cura, il dono, la fiducia non sono virtù per il tempo libero: sono pilastri di un’economia che non uccide, ma intensifica e allarga la partecipazione alla vita.

La fraternità cresce con la cultura

Leone XIV conclude ringraziando gli artisti che parteciperanno all’evento, specialmente i premi Nobel presenti, per la redazione della Dichiarazione sulla fraternità umana del 10 giugno 2023 e per la testimonianza portata in ambito internazionale. “Continuate a far crescere la spiritualità della fraternità attraverso la cultura, i rapporti di lavoro, l’azione diplomatica” è l’esortazione del Pontefice.

[Fonte e Foto: Vatican News]