Cosa dice il diritto internazionale sulla Global Sumud Flotilla

Di Gaetano Pentassuglia, da Reset
La missione della Global Sumud Flotilla, salpata da Barcellona, Genova e altri porti per portare aiuti umanitari a Gaza, solleva una serie di questioni giuridiche legate alla probabile decisione di Israele di intervenire in acque internazionali per bloccare le imbarcazioni e arrestare gli attivisti a bordo. Il diritto internazionale è chiaro su due principi: la libertà di navigazione in alto mare e la protezione dei civili nei conflitti armati, come quello in corso a Gaza.
La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (Montego Bay) stabilisce che la libertà di navigazione deve essere rispettata ovunque. Questo principio, riconosciuto come norma di applicazione universale anche senza la ratifica di trattati, attribuisce giurisdizione esclusiva allo Stato di bandiera della nave, anche per quanto riguarda eventuali atti illeciti commessi a bordo. Le accuse israeliane di “terrorismo” contro gli attivisti della flottiglia non hanno alcun fondamento e, in ogni caso, non modificano la ripartizione delle competenze giuridiche.
Un eventuale intervento delle autorità israeliane contro la Global Sumud Flotilla in acque internazionali costituirebbe dunque una violazione del diritto internazionale sia nei confronti degli Stati di bandiera, sia nei confronti dei Paesi dei cittadini stranieri eventualmente arrestati.
In quanto potenza occupante, Israele ha responsabilità precise previste dal diritto internazionale umanitario, in particolare dalla Quarta Convenzione di Ginevra sulla protezione dei civili nei territori occupati. Il divieto di punizioni collettive contro i civili e il divieto di usare la fame come metodo di guerra sono centrali per valutare la carestia che sta colpendo Gaza. Nessun blocco navale, in ogni caso, può giustificare danni sproporzionati alla popolazione civile o l’ostacolo alla consegna di aiuti umanitari.
Israele ha storicamente rifiutato di riconoscere l’applicazione del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Una posizione che però è stata ripetutamente respinta sia dalla Corte Internazionale di Giustizia sia dalla comunità giuridica internazionale: è ormai da lungo tempo accolto il principio per cui, anche in regime di occupazione, qualunque ne sia la causa, l’occupante è tenuto a rispettare le norme sui diritti umani e sul diritto umanitario.
La Global Sumud Flotilla richiama inevitabilmente l’assalto del 2010 alla nave Mavi Marmara, che trasportava aiuti a Gaza. In quell’occasione l’azione delle forze israeliane provocò la morte di nove attivisti e oltre cinquanta feriti. L’inchiesta internazionale avviata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite concluse che Israele aveva commesso gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani sia nell’intercettazione in acque internazionali sia nella detenzione degli attivisti in Israele, prima della loro deportazione. Inoltre, mise in evidenza come il blocco navale israeliano arrecasse un danno sproporzionato alla popolazione civile della Striscia.
Come già sottolineato in un’analisi del 2023, la presenza di Israele nei territori occupati non può essere prolungata indefinitamente, né l’autodeterminazione palestinese – distinta dal conflitto con Hamas – può essere subordinata a condizioni stabilite dall’occupante. La Corte Internazionale di Giustizia ha ribadito questo principio in un parere consultivo del 2024. La Global Sumud Flotilla non metterà fine all’occupazione né garantirà l’autodeterminazione palestinese. La sua finalità è piuttosto quella di fare pressione su Israele affinché cambi le proprie politiche di protezione dei civili e consenta l’arrivo di cibo, medicine e altri beni essenziali per fermare la carestia in corso a Gaza. Resta da vedere se l’iniziativa riuscirà a raggiungere questo obiettivo. Quel che è certo è che, finché manterrà la sua natura pacifica e umanitaria, il diritto internazionale indica con chiarezza la strada da seguire.
[Fonte: Reset; Foto: Greenpeace]