Israele: offensiva terrestre a Gaza City, obiettivo Hamas e liberazione degli ostaggi

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È iniziata l’offensiva via terra contro Gaza City. L’operazione Carri di Gedeone II sta procedendo con un doppio obiettivo: «Il ritorno a casa di tutti gli ostaggi e il crollo delle capacità militari e di governo di Hamas», ha ribadito il capo di stato maggiore delle Idf, Eyal Zamir, incontrando a Gaza una delle divisioni impegnate nell’offensiva.

Mentre i soldati avanzano, a Gerusalemme cresce la protesta delle famiglie degli ostaggi. Il Forum dei rapiti e dei dispersi ha annunciato manifestazioni quotidiane davanti alla residenza del primo ministro Benjamin Netanyahu, ogni sera alle 19.30 ora locale. Chiedono di fermare l’offensiva che, ha avvertito lo stesso generale Zamir, può mettere a rischio il destino dei 20 rapiti ritenuti ancora in vita. «Gli ostaggi vivi sono in pericolo di morte immediata e quelli morti rischiano di scomparire per sempre. Il destino è segnato», dichiarano i parenti dei sequestrati.

Per il governo Netanyahu, al contrario, l’offensiva appena iniziata è la strada per concludere il conflitto. «Da Hamas chiediamo solo due cose che non ci darà volontariamente: rilasciare tutti gli ostaggi e deporre le armi. La grande forza dell’attacco su Gaza City è quella di sconfiggere direttamente Hamas e creare una leva più grande per il rilascio degli ostaggi», ha sostenuto il ministro della Difesa Israel Katz: «Oggi, se la città di Gaza cade, cadrà Hamas».

Sanzioni in vista?

Da mesi le cancellerie europee contestano le operazioni militari a Gaza ed è accaduto anche con l’ultima offensiva. Le tensioni rischiano ora di portare a un vero strappo. Nelle prossime 24 ore la Commissione Ue si incontrerà per discutere l’imposizione di sanzioni contro Israele per la guerra a Gaza, secondo quanto riferito dalla portavoce Paula Pinho: «Nello specifico, una proposta di sospensione di alcune disposizioni commerciali contenute negli accordi tra l’UE e Israele». Una misura che, se approvata, inciderebbe sui settori industriale e agricolo di Israele, spiega l’emittente Kan.

A questa prospettiva ha replicato Netanyahu: «Non ci faremo piegare dalle pressioni internazionali». Il premier ha ribadito la sua visione di un Paese pronto all’autosufficienza anche in caso di isolamento: «Israele deve diventare una super Sparta».

Una linea che trova crescenti critiche interne. Il Forum economico israeliano e l’Histadrut, la principale federazione sindacale, avvertono che l’isolamento rischia di danneggiare gravemente tecnologia, sicurezza ed economia. «Questa non è Sparta. Questa visione renderà difficile la sopravvivenza di Israele in un mondo globale in via di sviluppo», commentano allarmati gli imprenditori. Per loro, «l’economia israeliana sta dimostrando resilienza nonostante le sfide politiche e di sicurezza, ma la resilienza non può durare per sempre. Il governo deve cambiare immediatamente direzione a beneficio di tutti i cittadini. Deve promuovere con urgenza la fine della guerra più lunga nella storia di Israele, il rilascio di tutti gli ostaggi, l’annuncio di una commissione d’inchiesta statale sugli eventi del 7 ottobre e la fissazione di una data per le elezioni nel prossimo futuro».

La guerra agli Houthi e le accuse dell’Onu

Le Idf hanno anche colpito obiettivi degli Houthi nel porto yemenita di Hodeida. Due ore prima il portavoce delle Idf in lingua araba, Avichay Adraee, aveva dato ordine di evacuare la zona. Gli Houthi sono responsabili di centinaia di attacchi aerei contro Israele, l’ultimo tre giorni fa.

In un clima di tensione, il governo di Gerusalemme può però contare sul suo più stretto alleato: Washington. Netanyahu, annunciando l’offensiva su Gaza City, ha sottolineato di avere l’appoggio dell’amministrazione Usa. E poche ore dopo l’ambasciatore americano in Israele, Mike Huckabee, ha messo in guardia i governi occidentali dal riconoscere uno stato palestinese: «Viola gli accordi di Oslo e porta al risultato opposto. Non farà nascere uno stato palestinese, ma congelerà i fondi all’Anp e darà a Israele un incentivo a dichiarare la sovranità e forse l’annessione della Cisgiordania».

Huckabee ha ribadito l’appoggio della presidenza Usa a Gerusalemme, costretta a replicare anche alle nuove accuse arrivate dalle Nazioni Unite: una Commissione internazionale indipendente dell’Onu ha pubblicato un rapporto in cui accusa Israele di aver commesso quattro dei cinque atti di genocidio previsti dalla Convenzione del 1948. Israele ha respinto con fermezza le conclusioni, definendo lo studio «distorto e falso» e accusando gli autori di basarsi «interamente sulle falsità di Hamas». Il ministero degli Esteri di Gerusalemme ha chiesto l’abolizione immediata della Commissione, sottolineando come il massacro del 7 ottobre è stato appena menzionato nel documento e senza alcuna descrizione delle violenze subite dai civili israeliani.

[Fonte e Foto: Moked/Pagine Ebraiche]