Onu: Trump contro tutti

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Il presidente Usa all’Assemblea Generale accusa l’Onu di “parole vuote” e di incoraggiare l’invasione dei paesi occidentali attraverso i migranti. Poi definisce il riscaldamento globale “una truffa colossale”. Il punto di Alessia De Luca per l’ISPI.

“Le uniche due cose che ho ricevuto dalle Nazioni Unite sono: una pessima scala mobile e un gobbo rotto”: è un Donald Trump senza freni quello che ha attaccato l’Onu dal palco stesso dell’Assemblea Generale, come mai nessuno prima d’ora. “Qual è lo scopo delle Nazioni Unite?” ha chiesto il presidente”, aggiungendo che “tutto ciò che sanno fare è scrivere lettere dai toni molto forti e poi non dare mai seguito a quelle lettere. Sono parole vuote, e le parole vuote non risolvono le guerre”. Tra l’ironico e l’irritato, Trump ha ricordato il suo fallito tentativo di rinnovare la sede delle Nazioni Unite negli anni 2010, lamentandosi del fatto che fossero stati scelti “terrazze anziché pavimenti in marmo”, come da lui proposto. In un discorso carico di digressioni, il presidente ha quindi accusato le Nazioni Unite di finanziare la crisi migratoria. “Non solo l’Onu non sta risolvendo i problemi che dovrebbe, ma troppo spesso ne sta creando di nuovi da risolvere”, ha affermato Trump, che ha avvisato la platea: “I vostri paesi stanno andando in rovina” perché le Nazioni Unite “stanno finanziando un attacco ai paesi occidentali e ai loro confini”. Trump ha anche deriso quella che ha definito la “truffa del riscaldamento climatico” sostenendo che le fonti di energia rinnovabile come il solare e l’eolico siano più costose dell’energia ricavata dai combustibili fossili. Non è la prima volta che Trump attacca l’Onu e il sistema multilaterale. Ma certo nessuno avrebbe potuto prevedere che il presidente degli Stati Uniti decidesse di lanciare un’invettiva di circa un’ora contro le Nazioni Unite dal palco delle stesse, nell’ottantesimo anniversario dalla loro nascita.

Palestina: Trump e Netanyahu contro il resto del mondo?

Già ieri, il presidente Usa aveva saltato la Conferenza organizzata a margine dell’Assemblea da Francia e Arabia Saudita, nel corso del quale Parigi e altre capitali, tra cui Londra, Lisbona, Canberra e Ottawa hanno annunciato il riconoscimento dello Stato di Palestina. La decisione arriva poco prima del secondo anniversario dell’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023, e dopo 22 mesi di conflitto brutale a Gaza che ha causato oltre 65mila morti, perlopiù civili, e lasciato Israele più isolato di quanto non lo fosse mai stato. L’ondata di riconoscimenti della Palestina, inoltre, ha messo in luce il contrasto con Trump che, pur lamentandosi del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha definito la decisione di molti alleati e paesi partner una “ricompensa” per Hamas. Dopo ieri, gli Stati Uniti sono l’unico membro permanente al Consiglio di Sicurezza a non riconoscere la Palestina. Cina e Russia lo hanno fatto decenni fa. Il Regno unito lo ha fatto domenica e la Francia ha seguito il giorno dopo. Allo stato attuale, sono circa 156 su 193 gli Stati membri dell’Onu che riconoscono la Palestina. Ma è probabile che, in quanto membro permanente, se il Consiglio presentasse una risoluzione per riconoscerla Washington opporrebbe il veto. L’amministrazione Usa ha anche negato i visti a Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, e alla sua delegazione, costringendoli a partecipare all’Assemblea Generale da remoto.

Isolato o temuto?

L’isolamento crescente, però, non sembra preoccupare più di tanto Trump, che anche oggi dal palco delle nazioni Unite ha continuato a vantarsi delle “sette guerre” che sostiene di aver fermato e dei tanti “buoni amici” che ha in tutto il mondo, persino nei Paesi che sta punendo con dazi doganali senza precedenti. Questo perché molti leader mondiali gli mostrano deferenza e si prodigano per adularlo e compiacerlo, come avvenuto nel corso della sua recente visita nel Regno unito, nel tentativo di ingraziarlo e scongiurare pressioni e minacce. Ma per quanto il presidente mostri di gradire le lusinghe, rimane concentrato sull’imporre la sua volontà al mondo, usando ogni forma di leve e ricatti per colpire avversari dentro e fuori dagli Usa. Quanto alla deferenza dei suoi interlocutori, essa maschera una profonda e crescente inquietudine per i toni autoritari del presidente in un momento in cui gli Stati Uniti sono considerati indispensabili dai loro alleati, in un mondo attraversato da crescenti tensioni.  

Sei anni dopo, è cambiato tutto?

A sei anni esatti dalla sua prima apparizione sul palco delle nazioni Unite, pochi avrebbero scommesso sul fatto che la scena si ripetesse. Ma, diversamente da allora, il Trump che martedì mattina è tornato sul podio di marmo verde delle Nazioni Unite è un leader diverso: ancora scettico nei confronti delle organizzazioni multilaterali e delle alleanze basate sui valori, ma molto più sicuro di sé sulla scena mondiale. Il presidente Usa oggi non solo non è più un outsider inaspettatamente piombato nel santuario del multilateralismo, ma il leader rieletto della prima potenza al mondo, che dal suo arrivo alla Casa Bianca ha scosso i pilastri del commercio e della sicurezza globale, svilendo il sistema internazionale che i suoi predecessori avevano costruito e sostenuto del secondo dopoguerra. Washington ha infatti tagliato i fondi destinati agli organismi multilaterali, interrompendo i pagamenti al bilancio dell’Onu, i finanziamenti per gli aiuti umanitari all’estero e le operazioni di mantenimento della pace, lasciando le Nazioni Unite in gravi difficoltà finanziarie. Oltre al Consiglio per i diritti umani, Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’Unesco, l’agenzia educativa e culturale che, secondo la Casa Bianca, “sostiene cause culturali e sociali woke e divisive”, e dall’Organizzazione mondiale della sanità per come “ha gestito la pandemia di Covid-19”.  “Un tempo oggetto di scetticismo e aperta derisione da parte dei suoi omologhi stranieri, Trump si è presentato martedì all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come l’incarnazione di un ordine mondiale in evoluzione, in cui le istituzioni globali come quella a cui stava parlando hanno un ruolo assolutamente marginale.

Il commento di Mario Del Pero, ISPI e Sciences Po

“Un discorso, quello di Donald Trump all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, oggettivamente imbarazzante, nei toni e nei contenuti. Sei anni fa, nella stessa sede, aveva prospettato un futuro in mano ai ‘patrioti’ e non ai ‘globalisti’. Oggi, ulteriormente radicalizzato, attacca l’Onu in modo ancor più aspro e diretto. Un attacco, questo, funzionale a una narrazione neo-imperiale, in cui il multilateralismo e le sue istituzioni sono ormai sepolte, il diritto internazionale è una finzione da archiviare e pochi attori imperiali impongono ordine e disciplina, se necessario con le pressioni, il ricatto e la forza”.

[Fonte: ISPI; Foto: Flickr/PDM 1.0 Deed]