L’appello dei vescovi italiani, sloveni e croati, “basta escalation di violenza, atti di disumanità, annientamento di città e popoli. Le nostre Chiese siano ‘case della pace'”

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A Gorizia veglia per la pace e firma dell’appello delle Chiese di Italia, Slovenia e Croazia. “La nostra preghiera si estende a tutti i Balcani e si allarga fino a unire, in un unico abbraccio, Terra Santa, Ucraina e tutte le altre zone insanguinate dalla guerra. Dio vuole la pace e noi siamo i suoi artigiani”. Il richiamo a “un’Europa di pace, aperta al mondo, capace di ispirare fratellanza e universalismo ben al di là della sua geografia”.

GORIZIA, 23 SET – “A 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, in un tempo sempre più dilaniato da conflitti violenti, noi, Chiese in Italia, Slovenia e Croazia, leviamo insieme, con forza, il nostro grido di pace e il nostro appello, perché ogni comunità cristiana sia protagonista di speranza, vigile e attiva nel promuovere e sostenere cammini di riconciliazione”. E’ l’appello per la pace delle Chiese in Italia, Slovenia e Croazia letto e firmato questa a Gorizia dai presidenti delle Conferenze episcopali italiana, card. Matteo Zuppi, slovena mons. Andrej Saje, e croata mons. Dražen Kutleša, nell’ambito della veglia di preghiera promossa nella città friulana in concomitanza con il Consiglio Cei.

“Siamo qui con i giovani, ‘germogli di pace’, in questa terra di confine che porta ancora i segni di tragiche esperienze di guerra e di violenza, ma che è anche crocevia di dialogo interculturale, ecumenico e interreligioso”, vi si legge. “La nostra preghiera parte da questo territorio, si estende a tutti i Balcani e si allarga fino ad unire, in un unico abbraccio, Terra Santa, Ucraina e tutte le altre zone insanguinate dalla guerra. Non possiamo restare in silenzio di fronte alla drammatica escalation di violenza, al moltiplicarsi di atti di disumanità, all’annientamento di città e di popoli. Il grido che sale da molte parti del Pianeta è straziante e non può restare inascoltato”, dice l’appello.

“Dio vuole la pace e noi siamo i suoi artigiani – affermano le Chiese dei tre Paesi confinanti -. Esprimiamo e incarniamo nel quotidiano questo anelito per superare frontiere e barriere, troviamo insieme la forza, il coraggio, la determinazione per spezzare ogni spirale di risentimento e di violenza”.

“Guardando oltre i confini nazionali – non più linee di separazione, ma luoghi di amicizia e incontro fra i popoli – comprendiamo che le identità culturali e spirituali nazionali si fondono oggi in un più alto e condiviso patrimonio identitario europeo”, prosegue l’appello: “Questo richiama ed esige coraggiose e feconde esperienze di riconciliazione, per perdonare e chiedere perdono, dalle quali può sorgere il bene assoluto della pace, secondo le intuizioni dei ‘padri fondatori’ dell’Europa comunitaria. Un’Europa di pace, aperta al mondo, capace di ispirare fratellanza e universalismo ben al di là della sua geografia”.

‘Noi, Chiese in Italia, Slovenia e Croazia, ci impegniamo a essere ‘case della pace’ e a promuovere – nei nostri territori, con i giovani, le famiglie, le scuole – proposte di educazione alla nonviolenza, iniziative di accoglienza che aiutino a trasformare la paura dell’altro in occasioni di scambio, momenti di preghiera e attività che favoriscano la cultura dell’incontro, del dialogo ecumenico e interreligioso, del disarmo e della solidarietà”, si legge ancora nel testo sottoscritto stasera.

“Noi, Chiese in Italia, Slovenia e Croazia, ci impegniamo per il rispetto dell’inalienabile dignità di ogni persona, dal concepimento alla morte naturale; per la vicinanza ai poveri, ai malati e agli anziani; per la verità e la giustizia come cardini della vita comune; per la libertà religiosa, diritto umano fondamentale; per la riconciliazione e la guarigione delle ferite storiche; per la cura del Creato, che siamo chiamati a custodire e a consegnare alle nuove generazioni migliore di come lo abbiamo ricevuto”, si aggiunge.

“Unite dall’unico anelito di pace, riaffermiamo la nonviolenza, il dialogo, l’ascolto e l’incontro come metodo e stile di fraternità, coinvolgendo tutti, a partire dai responsabili dei popoli e delle nazioni, perché favoriscano soluzioni capaci di garantire sicurezza e dignità per tutti – conclude l’appello -. Per questo, offriamo la nostra testimonianza e la nostra azione”.

All’inizio della veglia, l’arcivescovo di Gorizia, mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, ha salutato i “presenti in questa piazza, per una preghiera per la pace. Una piazza divisa da un confine, fino a non molto tempo fa di separazione e di divisione, e ora di fraternità e di pace. Una piazza che è il simbolo di due città (con Nova Gorica, ndr), insieme capitale europea della cultura 2025, che vogliono essere con molta umiltà, ma anche con grande determinazione esempio per i tanti conflitti, le tante divisioni, le tante tensioni che tuttora contrappongono e dividono popoli, famiglie e persone.

A sua volta il vescovo di Koper (Capodistria), mons. Peter Štumpf, ha fatto riferimento ai giovani, “per i quali siamo qui oggi”. “Siete la forza spirituale della Chiesa – ha affermato -. Dio ascolterà la nostra supplica grazie a voi. Ciò che voi giovani chiedete è sempre molto serio. Chiedete di vivere; chiedete di vivere in pace. Questo è il diritto di ogni persona in questo mondo, che voi giovani comprendete meglio e prendete a cuore”. “Il futuro è vostro – ha aggiunto Štumpf -. Grazie a voi, che Dio ascolti la nostra preghiera per la pace qui, in questa piazza, in Europa e nel mondo. La preghiera spezza l’odio, distrugge i muri e costruisce case sicure. Che sia così ora e sempre”.

Nella sua omelia, infine, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, ha affermato che “sentiamo questa sera la voce dei morti caduti ‘nelle tremende guerre passate sognando la concordia e la pace del mondo’, sentiamo le vittime il cui sangue oggi viene sparso dalla follia delle inutili stragi. Sentiamo l’invocazione di chi è colpito dalla violenza cieca e sempre fratricida della guerra, il grido delle sofferenze terribili che questa provoca e che durano per sempre nei cuori e nel corpo delle persone colpite”.

“Chiediamo pace per la Striscia di Gaza, pace per l’Ucraina, pace per tutti i conflitti pezzi tutti di quell’unica guerra mondiale, pace per coloro di cui non conosciamo neanche i nomi perché la loro sofferenza si consuma in un villaggio isolato del Kivu o della Nigeria”, ha detto l’arcivescovo di Bologna. “Da Gorizia, con le sue ferite ma anche con la sua storia e l’esperienza che ha reso le frontiere delle cerniere, i muri dei ponti invochiamo la pace”, ha aggiunto, sottolineando che “noi non vogliamo che la pace diventi di nuovo una tregua, quasi sia ineluttabile la guerra. Allora diciamo: la pace è possibile!”.

[Foto: Toscana Oggi]