Migranti: don Mattia Ferrari, “in Libia situazione disumana”

Cappellano Mediterranea, “il caso Almasri ha acuito una ferita enorme”.
CITTÀ DEL VATICANO, 12 FEB – Il ritrovamento delle fosse comuni con i corpi di decine di migranti, di cui ha riferito in questi giorni l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), “è l’ennesima conferma della situazione disumana che c’è in Libia, ai danni di tanti fratelli e sorelle migranti”. E’ quanto afferma, parlando ai media vaticani, don Mattia Ferrari, cappellano dell’ong Mediterranea Saving Humans: “In Libia ci sono quelli che il Papa definisce ‘lager’ e avvengono quelli che le Nazioni Unite definiscono ‘orrori’. E questo è l’ennesimo racconto di atrocità totalmente inaccettabili, che feriscono la nostra coscienza umana e cristiana”.
La Libia infatti, ricorda il sacerdote, non è semplicemente un Paese di passaggio, ma “un Paese in cui le persone migranti sono costrette a passare, a causa della chiusura dei canali legali di accesso” e “in cui sono rimandati, a causa dei respingimenti sistematici che l’Italia e l’Unione europea finanziano”.
Don Mattia Ferrari conosce bene le vite di questi migranti, che incontra appena scampate dalla morte quando opera sulla Mare Jonio, la nave di soccorso di Mediterranea Saving Humans. Anche a terra, don Mattia continua con il suo impegno in favore dei sopravvissuti, come quelli dell’organizzazione Refugees in Libya. “Queste persone – dichiara – denunciano una violenza incredibile e sofferenze oltre ogni limite, oltre ogni immaginazione. Ogni persona porta in sé una storia, un volto, una speranza, che viene tradita da questo sistema di violenza indicibile che avviene di fatto con la nostra complicità o a volte anche semplicemente con la complicità della nostra indifferenza”.
Don Mattia ha anche parole sul caso Almasri. “Quello che è stato fatto – osserva – ha acuito una ferita enorme e quindi c’è bisogno di riconciliazione, con le persone migranti e con quelle che sono le vittime di Almasri”. L’invito del sacerdote è dunque di lasciarsi interrogare da tutto questo dolore e poi “aprire i nostri cuori, perché queste persone stanno levando verso di noi quello che è il grido della fraternità e ci chiedono di essere riconosciute nella loro dignità di fratelli e sorelle”. A causa di ciò che avviene “in Libia, in Tunisia e in tante parti del mondo” si sta distruggendo “la fraternità umana”, avverte, e “se non la ricostruiremo, non avremo alternativa alla barbarie, all’avanzare delle guerre, delle violenze, della catastrofe ambientale”.
Lo zelo nel vivere concretamente ciò che predica ha portato il sacerdote a ricevere minacce e anche ad essere posto sotto scorta, soprattutto, spiega, per aver denunciato “il sistema della mafia libica”, dove “i capi lucrano sul traffico di esseri umani, sui respingimenti dei migranti, come ha denunciato anche l’Onu”. Alle istituzioni, alla politica, alla società il cappellano di Mediterranea chiede di “prendere per mano le persone migranti, di ascoltarle, di incontrarle e poi di camminare insieme. Tutti quanti”.
[Fonte e Foto: Vatican News]