La Colombia torna agli anni bui. L’arcivescovo di Cali, “narcotraffico e bombe rubano la speranza”

L’arcivescovo Rodríguez Velásquez denuncia l’escalation di attacchi armati nella città simbolo dei cartelli. Il narcotraffico e le miniere illegali sostituiscono ogni motivazione politica. La Chiesa resta nei quartieri più difficili per accompagnare il popolo. La “pace totale” auspicata da Petro sembra lontana, mentre la società civile cerca di resistere e costruire dignità e speranza dal basso. Il servizio di Bruno Desidera per il Sir.
“Stiamo tornando indietro di alcuni decenni”. Un forte allarme, quello che viene lanciato, attraverso il Sir, da mons. Luis Fernando Rodríguez Velásquez, arcivescovo di Cali, una delle città “simbolo” del periodo del terrore che ha avvolto la Colombia negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso. Gli anni dei grandi cartelli della criminalità organizzata, dei signori della coca, delle autobombe e delle guerriglie. Da mesi, l’arcivescovo assiste nel territorio della sua arcidiocesi all’aumento della violenza, ad attacchi armati, a vere e proprie azioni di guerra, come quella accaduta poche settimane fa, quando un camion-bomba è esploso vicino a una base aerea a Cali, nel sudovest del Paese, causando almeno sei morti e sessanta feriti. Altro che “pace totale”, insomma, per utilizzare lo slogan – che era soprattutto un auspicio – pronunciato dall’attuale presidente della Repubblica, Gustavo Petro, tre anni fa, all’inizio del suo mandato. In questo periodo, il tentativo è stato quello di aprire tavoli di dialogo con i principali gruppi armati, sia della guerriglia sia paramilitari, con l’obiettivo di raggiungere nuovi accordi, dopo quello storico, di nove anni fa, con le Farc. Invece, il dialogo con l’altra radicata milizia di origine marxista, l’Esercito di liberazione nazionale, è andato in frantumi, e non sono stati raggiunti risultati significativi con le diverse fazioni della cosiddetta “dissidenza Farc”, cioè i guerriglieri che non hanno riconosciuto l’accordo del 2016.
Proprio nel sudovest del Paese, e anche a Cali, la dissidenza Farc è particolarmente forte. Ed è stato proprio il maggiore tra i gruppi ex Farc, l’Estado mayor central, a essere accusato del clamoroso attentato nella base aerea. La denuncia dell’arcivescovo vale, naturalmente, per Cali, capoluogo del dipartimento di Valle del Cauca e maggiore città della Colombia sud-occidentale. Ma parole simili si potrebbero usare anche per altre zone periferiche del Paese, dal vicino dipartimento del Cauca alle province del Pacifico, fino al Catatumbo, nel nordest, al confine con il Venezuela.
Dilagano narcotraffico e miniere illegali. Racconta mons. Rodríguez: “Stiamo assistendo, nell’ultimo anno, a un aumento esponenziale degli omicidi. A dilagare, sono i gruppi legati al narcotraffico, nelle loro diverse forme, come quello guidato da Jaime Martínez. Nell’ultimo periodo, a Cali, ci sono stati 16 attentati. Il più grave è stato quello di agosto, alla base aerea, che aveva come obiettivo dei giovani militari”. Da qui, il paragone con gli anni più bui del Paese, che a Cali colpirono direttamente anche la Chiesa locale, con l’assassinio, avvenuto nel 2002, del coraggioso arcivescovo, mons. Isaías Duarte Cancino, la figura ecclesiastica più rappresentativa del Paese a perdere la vita sotto i colpi dei gruppi armati. “C’è una differenza sostanziale rispetto ad allora – riflette l’attuale arcivescovo -. Allora, la motivazione della violenza, soprattutto da parte delle guerriglie, era di tipo politico. Oggi, conta solo il fattore economico: a dilagare sono il narcotraffico e altre attività criminali, come le miniere illegali, forse ancora più redditizie della coca, destinate a causare danni irreparabili alle persone e all’ambiente”.
Insomma, a gruppi che avevano, in qualche modo, un obiettivo ideale – anche se portato avanti con mezzi perversi – oggi sono subentrate formazioni che, al di là della loro sigla o della loro matrice iniziale, pensano soltanto al controllo del territorio e dei relativi guadagni. Si tratta, in ogni caso, di traffici che hanno una dimensione continentale, se non planetaria, difficilmente affrontabili da un singolo governo.
Il ruolo profetico della Chiesa e la presenza dei sacerdoti nei quartieri difficili. La Chiesa, di fronte a questa situazione molto difficile, “è chiamata ad assumere un ruolo profetico – prosegue mons. Rodríguez -. Persegue il dialogo, non prende posizioni di carattere partitico, annuncia Cristo, principe della pace, si pone come interlocutore e come ponte, per favorire la pace in ogni modo”. In particolare, la Chiesa di Cali si propone di essere presente, “generare fiducia, stare dentro ai processi, ai conflitti, per portare pace. Un lavoro impegnativo, perché la nostra è una grande diocesi, con 187 parrocchie. In particolare, siamo presenti, con i nostri sacerdoti, in due zone molto difficili, ad alto tasso di violenza. Non abbandoniamo questi luoghi, stiamo vicini alla gente. Dopo il grave attentato delle scorse settimane, abbiamo promosso una veglia, alla quale hanno partecipato migliaia di persone. A tutti diciamo di non lasciarsi rubare la speranza, l’invito che rivolse a tutto il Paese Papa Francesco, durante la sua visita in Colombia, nel 2017”. Al tempo stesso, è importante il lavoro della società civile, emerso, per esempio, lo scorso anno, in occasione della Conferenza mondiale sulla biodiversità, ospitata in città.
“Abbiamo una società civile molto impegnata, coinvolta, e questo vale anche per alcune imprese. C’è un’enorme opera sociale davanti a noi: buona parte della popolazione soffre la fame, i giovani non hanno prospettive di lavoro e, anche per questo, cadono spesso nella fila dei gruppi armati e criminali”.
Anche a Cali, poi, negli ultimi giorni, è stata vissuta la Settimana per la pace, iniziativa che viene proposta ogni anno in tutto il Paese, nei giorni vicini al 9 settembre, festa di san Pedro Claver, il gesuita grande difensore degli schiavi originari dell’Africa. Un appuntamento promosso dalla Chiesa colombiana, assieme a molte associazioni, ong, università, che si prolunga, in realtà, per tutto il mese di settembre. Quest’anno, lo slogan è stato: “Arropamos la vida con dignidad y esperanza” (“Avvolgiamo la vita con dignità e speranza”).
[Fonte: Sir; Foto: Arcidiocesi di Calì]