La deportazione di immigrati dagli Usa al Ghana accende le polemiche

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Il controverso e opaco accordo, siglato da Washington anche con altri quattro paesi africani, divide l’opinione pubblica. Le autorità ghanesi respingono le accuse di aver fatto un “patto col diavolo” per guadagnare benevolenza nei negoziati commerciali con l’amministrazione Trump, mentre il dramma dei migranti, trattati come “merce di scambio”, rimane sottotraccia. Il servizio di Antonella Sinopoli per Nigrizia, la rivista dei Missionari Comboniani.

Pochi, tranne chi lo afferma, credono che la decisione del governo del Ghana di accettare immigrati di altre nazionalità deportati dagli USA per poi spedirli nei paesi di origine sia un atto altruista e gratuito.

È proprio per rispondere alle accuse di agevolare i programmi di deportazione per guadagnarsi la benevolenza nei negoziati con l’amministrazione Trump su dazi e politiche commerciali, migrazione e aiuti, che nei giorni scorsi massime autorità dello stato – a partire dal presidente John Mahama – hanno dichiarato che no, il Ghana non ci guadagna niente e che l’intenzione, in generale, non è quella di approvare la politica migratoria del presidente Trump.

Una politica che anche l’opposizione ghanese giudica “dura e discriminatoria”. Non sono le deportazioni già parte della politica migratoria? Una decisione che ha il fine di liberarsi di un problema, aggirare eventuali ostacoli al rimpatrio posti dalla legge statunitense per passare la seccatura a paesi africani chiamati a fare il lavoro sporco?

Quello di Trump, afferma tra gli altri Lee Gelernt, avvocato dell’American Civil Liberties Union, «è un piano per utilizzare paesi terzi per eludere ciò che gli Stati Uniti non possono fare direttamente». Ma il governo ghanese non si sente evidentemente complice.

Anzi, è convinto della sua scelta e il ministro degli Esteri, Samuel Okudzeto Ablakwa, ha addirittura parlato di «principi umanitari» e di «empatia panafricana», aggiungendo che i deportati in questione, persone che erano detenute negli Stati Uniti, rischiavano di essere inviati in paesi non sicuri.

«Non potevamo continuare a sopportare le sofferenze dei nostri concittadini dell’Africa occidentale», ha detto il ministro provocando un certo malessere nei difensori dei diritti umani. E ha aggiunto: «Per ora, l’accordo rigoroso che abbiamo con gli americani è che accoglieremo solo cittadini dell’Africa occidentale». Per ora.

Uomini come merci di scambio

I primi arrivati sono stati 14 individui che secondo le autorità ghanesi sarebbero già stati rispediti nei loro paesi. Ma la cosa non è chiara.

Secondo le ultime notizie, riportate da Associates Press, 11 di loro sarebbero ancora trattenuti in “condizioni terribili” nel campo militare di Bundase, alla periferia di Accra. Tra loro ci sarebbero cittadini provenienti da Nigeria, Togo, Mali, Gambia e Liberia, che hanno fatto causa al governo per essere detenuti illegalmente. Uno sarebbe stato invece rispedito in Gambia e un altro in Nigeria.

Rispediti è il termine giusto, considerato il trattamento.

Secondo alcune testimonianze, sarebbero stati prelevati nella notte da un centro di detenzione della Louisiana, messi su un aereo militare senza alcuna informazione, trattati malamente per 16 ore – la durata del volo – e detenuti per giorni in “condizioni squallide” dopo il loro arrivo. Almeno cinque le cause intentate da alcuni avvocati degli immigrati in questione.

Intanto il governo ha dichiarato che accoglierà altre 40 persone deportate.

Le voci contrarie

La scorsa settimana, alcuni parlamentari dell’opposizione in Ghana hanno chiesto la sospensione dell’accordo con gli Stati Uniti, sostenendo che avrebbe dovuto essere approvato dal parlamento. Ma, sempre il ministro degli Esteri ha spiegato che si tratta di un memorandum d’intesa che non richiede l’approvazione dei legislatori, ma che questi potranno esaminarlo se dovesse essere “elevato a un vero e proprio accordo”.

Anche dagli USA si sono levate proteste. Come quella della giudice Tanya Chutkan, con sede a Washington. Secondo i critici l’amministrazione Trump ha intenzionalmente aggirato le leggi sull’immigrazione con queste deportazioni verso il Ghana. Leggi che vietano il rimpatrio di migranti verso paesi dove potrebbero essere in pericolo. E che quindi si bypassano facendolo fare ad altri.

Deportazioni in altri quattro stati africani

Intanto è chiaro che l’intenzione di Trump è quella di espellere milioni di persone dagli Stati Uniti. Quanti passeranno da accordi non ufficiali con governi africani in carica?

Ricordiamo che il Ghana è solo uno dei paesi che si è detto disponibile ad accogliere immigrati deportati dagli USA. Un approccio la cui legalità è stata messa in discussione da avvocati, esperti e organizzazioni per i diritti umani.

Gli altri sono RwandaUganda, Eswatini, Sud Sudan. Tutti paesi (e governi) che hanno stretti rapporti con gli Stati Uniti.

Legami storici tra Ghana e USA

Con il Ghana, in particolare, gli USA hanno un’amicizia stretta e duratura – compresi accordi militari – che risale al 1957, anno dell’indipendenza del paese dell’Africa occidentale.

È stato, tra l’altro, il primo al mondo ad accogliere i volontari dei Peace Corps nel 1961. Organizzazione oggi assai criticata per aderire e continuare a diffondere il concetto del white saviour e i principi del neocolonialismo e del volonturismo.

E se su 20mila ghanesi che studiano all’estero (anno accademico 2023-2024), circa la metà (9.394) ha studiato negli Stati Uniti, il Ghana attrae ogni anno oltre 100mila americani, il numero più alto dei visitatori del paese.

Ed è proprio agli afroamericani che è stato rivolto il programma Year of return, inaugurato nel 2019 dall’allora presidente Nana Akufo-Addo. Un programma di rimpatrio per celebrare i 400 anni dall’arrivo dei primi schiavi africani a Jamestown, in Virginia.

Da allora centinaia di cittadini afroamericani hanno trovato casa e avviato attività nel paese, molti con l’intenzione di “ritornare alla propria discendenza africana”, altri ancora per sfuggire al modello di vita statunitense e al diffuso e conclamato razzismo. Sono parole loro.

Rimpatri, concessioni di cittadinanza e business agevolati, spesso realizzati a danno delle popolazioni locali. Tant’è vero che il governo ghanese ha stabilito che non possono esserci transazioni in dollari nel paese senza l’autorizzazione della Banca del Ghana. Questo per evitare speculazioni e il continuo deprezzamento della moneta locale, il Ghana cedi.

Una regola già introdotta nel 2022 ma che evidentemente viene elusa visto che recentemente si è ribadito il divieto di transazioni in moneta estera (e tutti sanno che si parla soprattutto del dollaro statunitense).

Il caso Liberia

Infine, vogliamo qui ricordare una storia. Nel 1816 nasce l’American Colonization Society. A fondarla prominenti americani bianchi. Lo scopo è gestire il reinsediamento degli ex schiavi di America (la schiavitù sarebbe stata ufficialmente abolita nel 1865). Troppi. Magari potevano diventare pericolosi e oltretutto li si doveva pagare per i lavori che prima facevano gratis. Queste le motivazioni meno espresse.

Le altre erano di tipo “umanitario”. Dare loro la possibilità di tornare da dove i loro nonni, padri, antenati e antenate erano stati portati via con la forza. Dove mandarli? La destinazione fu la Liberia, che allora evidentemente non si chiamava così e che sarebbe diventata la seconda repubblica nera al mondo, dopo Haiti.

Non venne preso in considerazione che il territorio non era vergine ma abitato da popolazioni indigene. Che, in qualche modo, ovviamente, si sentirono invase. Una convivenza difficile che è stato uno dei principali motivi dei drammatici eventi successivi in questo paese.

Ma qui soffermiamoci su questo: l’uso dell’essere umano come merce. Da usare, spostare, coinvolgere in piani altrui a piacimento. Senza sentirne opinioni o ragioni. Merce di scambio. Come sembrano essere i deportati dagli USA ai paesi africani che con Trump hanno segnato accordi poco chiari.

[Fonte e Foto: Nigrizia]