“L’Ecuador dimostra che i traffici illegali hanno un forte potere destabilizzante ed ibrido”

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“Siamo in uno stato di guerra e non possiamo arrenderci a questi gruppi terroristici” ha affermato il Presidente dell’Ecuador Daniel Noboa parlando ieri, 10 gennaio, alla nazione, traumatizzata dalle violenze scatenate dalle bande criminali.

"Noi lottiamo per la pace nazionale, lottiamo anche contro i gruppi terroristici che oggi contano più di 20.000 membri", ha aggiunto Noboa nel suo videomessaggio trasmesso subito dopo che il Parlamento ha approvato all'unanimità il Decreto esecutivo 111 che riconosce l’esistenza di un conflitto armato interno nel Paese e prevede l'intervento delle Forze armate per neutralizzare 22 gruppi terroristici.

Il caso dell’Ecuador è paradigmatico sul potere destabilizzante dei gruppi criminali specie in Paesi dalla debole struttura sociale ed economica. “Gli eventi ecuadoregni dimostrano che i traffici illegali, specie nel quadro del crimine organizzato, hanno un forte potere destabilizzante ed ibrido”, dice all’Agenzia Fides Alessandro Politi, direttore della NATO Defense College Foundation.

“L'Ecuador, che un anno fa aveva programmato di pubblicare una strategia nazionale contro il crimine organizzato, non l’ha ancora pubblicata. Adesso, dopo la scomparsa di un pezzo da novanta del crimine organizzato (José Adolfo Macías Salazar, alias "Fito"), prima del suo trasferimento in un carcere di massima sicurezza, il Presidente Noboa ha scelto la strada della militarizzazione” prosegue Politi.

Secondo il direttore della NATO Defense College Foundation occorre guardare all’esperienza di altri Paesi in situazione simile e in particolare a quella del Messico per comprendere come potrebbe evolvere la situazione in Ecuador.

“L’Ecuador ha senz’altro la possibilità d’imparare molto dai 18 lunghi anni di guerra alla droga nel Messico. In primo luogo che, senza una lotta alla corruzione condotta in modo credibile, armi sempre più potenti troveranno la strada del crimine e anche reparti speciali possono venire comprati da attori malevoli. In secondo luogo, che il recupero economico e sociale delle aree infestate dalla mafia è essenziale per porre gradualmente fine al conflitto” conclude Politi.

Un segnale preoccupante su come le gang criminali cerchino di portare l’opinione pubblica dalla loro parte sono le “scuse” presentate in un video diffuso da un gruppo criminale. Nel video appaiono una ventina di uomini, vestiti con magliette bianche e jeans, riuniti attorno a un loro compagno che, senza mostrare il volto, legge un comunicato nel quale si afferma: "Salutiamo l'intero Paese e ci scusiamo per i disordini, soprattutto a voi poveri, che siete i più colpiti".

Nel frattempo anche la Colombia rafforza la sorveglianza dei confini con l’Ecuador, con il dispiegamento di unità delle forze speciali dell’esercito, dopo che il Perù che ha decretato uno stato d’emergenza di 60 giorni lungo la frontiera comune. Il Presidente ecuadoregno ha chiesto il rimpatrio dei detenuti di origine colombiana, venezuelana e peruviana che “sono il 90% della popolazione straniera nelle carceri del Paese, così ridurremo il sovraffollamento e la spesa statale”.

Brasile e Argentina si sono offerte di inviare le proprie forze di sicurezza in supporto a quelle ecuadoregne.

(Fonte: Fides; Foto: Vatican News)