Un fiero nemico di papa Bergoglio s’insedia come ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede

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Il cattolico conservatore Brian Burch non ha mai usato mezzi termini con Francesco, per lui “modello di vendicatività” verso gli Usa. E sull’accordo tra Vaticano e Cina: “la Chiesa non deve cedere a nessun governo, cinese o meno, la scelta dei propri vescovi”.

CITTA’ DEL VATICANO – I rapporti tra il predecessore di Leone XIV, papa Francesco, e il presidente americano Donald Trump non sono mai stati dei più facili: due visioni opposte su numerosi aspetti della vita sociale e politica, posizioni tra le più distanti su molti temi, tanto da non trovare punti di contatto realmente concreti e da mostrare al mondo. E un’eredità di tale distanza si ritrova oggi anche nell’insediamento in Vaticano del nuovo ambasciatore presso la Santa Sede nominato dall’amministrazione Trump, Brian Francis Burch, ieri ricevuto in udienza da papa Leone XIV in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.

Il cattolico Brian Burch, 50enne nato a Phoenix (Arizona), sposato e con nove figli, già membro dei Cavalieri di Colombo, noto per le sue posizioni fortemente conservatrici, è stato una personalità per anni fieramente e aspramente critica verso il pontificato di Bergoglio, in particolare attraverso le attività della sua piattaforma CatholicVote, capace di avere un influsso anche sugli orientamenti politici della base cattolica Usa. Naturalmente in favore di Trump.

La nomina di Burch da parte del presidente Usa come suo ambasciatore in Vaticano risale al 20 dicembre 2024 – “Brian ama la sua Chiesa e gli Stati Uniti. Ci renderà tutti orgogliosi”, aveva scritto allora il presidente eletto su Truth -, ed è stata confermata dal Senato degli Stati Uniti il 2 agosto scorso con un voto di 49 a 44, in linea con i partiti.

“La Chiesa cattolica è la più grande e importante istituzione religiosa al mondo e il suo rapporto con gli Stati Uniti è di vitale importanza”, ha dichiarato il 2 agosto, al momento della conferma. “Mi impegno a collaborare con i leader del Vaticano e dell’amministrazione Trump per promuovere la dignità di tutte le persone e il bene comune”.

Burch, che vive in un sobborgo di Chicago, è uno dei fondatori di CatholicVote, un’organizzazione politica che ha sostenuto Trump come presidente. E nelle sue prese di posizione non ha mai usato mezzi termini contro papa Francesco, accusandolo di “enorme confusione” sulla benedizione delle coppie omosessuali, del fatto che la sinodalità sia uno “stratagemma” di governo e non modello di governo, e affermando tra l’altro di aver notato in Bergoglio un “modello di vendicatività” verso gli Usa.

Nel 2023 ha fornito al New York Times un elenco di modi in cui lui e altri cattolici conservatori statunitensi erano stati offesi da Francesco, comprese le dichiarazioni del Pontefice del 2015 sul fatto che i buoni cattolici non debbano procreare “come conigli” (come detto, Burch e sua moglie Sara hanno nove figli).

Nella sua dichiarazione dell’8 aprile alla Commissione Affari Esteri del Senato durante l’udienza di conferma, Burch ha descritto il rapporto tra gli Stati Uniti e il Vaticano come “unico e vitale. Trascende la diplomazia tradizionale, radicandosi invece nei nostri impegni comuni per la libertà religiosa, la dignità umana, la pace globale e la giustizia”.

Se confermato, aveva affermato allora, “il mio obiettivo principale sarà quello di approfondire questa partnership. La testimonianza morale della Santa Sede, unita alla sua influenza globale, la rendono un partner chiave per una serie di interessi degli Stati Uniti. Sono fiducioso che potremo contribuire a un mondo più giusto e pacifico, che rifletta i migliori valori americani e la missione della Santa Sede”.

La commissione aveva interrogato Burch anche sull’accordo tra Cina e Santa Sede sulla nomina dei vescovi, e il futuro rappresentante Usa in Vaticano aveva dichiarato di ritenere importante “che la Santa Sede mantenga un atteggiamento di pressione nei confronti del governo cinese in merito alle violazioni dei diritti umani, in particolare alla persecuzione delle minoranze religiose, compresi i cattolici”.

“Incoraggerei la Santa Sede, in qualità di ambasciatore degli Stati Uniti, se fossi confermato, a resistere all’idea che un governo straniero abbia qualche ruolo nella scelta della leadership di un’istituzione religiosa privata”, ha affermato Burch, spiegando di non credere che “la Chiesa debba cedere a nessun governo, cinese o meno, la scelta dei propri vescovi”.

La conferma di Burch era stata bloccata a maggio dal senatore Brian Schatz, democratico delle Hawaii – ricorda il National Catholic Reporter -, che aveva stoppato in via definitiva tutti i candidati di Trump al Dipartimento di Stato a causa della sua preoccupazione per la chiusura dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (UsAid) da parte dell’amministrazione Trump.

Burch succede all’ex senatore Joe Donnelly, democratico dell’Indiana, che ha assunto l’incarico nell’aprile 2022 e si è dimesso nel luglio 2024. Callista Gingrich è stata invece ambasciatrice in Vaticano durante il primo mandato presidenziale di Trump.

[Foto: L’Osservatore Romano]