Il Papa in Mongolia, "diamoci da fare per costruire insieme futuro di pace". "Non rimandabile impegno per tutela pianeta"
ULAN BATOR, 2 SET - Incontrando i vertici istituzionali, le autorità e la società civile della Mongolia, nel suo secondo giorno nella capitale Ulan Bator, papa Francesco lancia un forte messaggio sia per la costruzione nel mondo "di un avvenire di pace", sia sul "non più rimandabile impegno" per la salvaguardia del pianeta.
Al Palazzo di Stato dove incontra il presidente Ukhnaagiin Khürelsükh, il giovane premier (43 anni) Luvsannamsrai Oyun-Erdene e il presidente del Parlamento (Grande Hural di Stato), Gombojav Zandanshatar, il Pontefice rende tra l'altro omaggio alla statua di Gengis Khan, fondatore dell'Impero mongolo, e verga nel Libro d'onore: "pellegrino di pace in questo Paese giovane e antico, moderno e ricco di tradizione, sono onorato di percorrere le vie dell'incontro e dell'amicizia, che generano speranza. Il grande cielo terso, che abbraccia la terra mongola, rischiari nuovi sentieri di fraternità".
Nel suo discorso alle autorità tesse le lodi di "questa terra affascinante e vasta", di "questo popolo che ben conosce il significato e il valore del cammino", e delle "sue dimore tradizionali, le 'ger', bellissime case itineranti". E parlando di come il Paese si sia aperto negli ultimi decenni "alle grandi sfide globali dello sviluppo e della democrazia", il Papa rileva che "la Mongolia di oggi, con la sua ampia rete di relazioni diplomatiche, la sua attiva adesione alle Nazioni Unite, il suo impegno per i diritti umani e per la pace, riveste un ruolo significativo nel cuore del grande continente asiatico e nello scenario internazionale". Non mancando di menzionare "anche la vostra determinazione a fermare la proliferazione nucleare e a presentarsi al mondo come Paese senza armi nucleari: la Mongolia non è solo una nazione democratica che attua una politica estera pacifica, ma si propone di svolgere un ruolo importante per la pace mondiale".
Ecco allora il suo appello: "voglia il Cielo che sulla terra, devastata da troppi conflitti, si ricreino anche oggi, nel rispetto delle leggi internazionali, le condizioni di quella che un tempo fu la 'pax mongolica', cioè l'assenza di conflitti". "Passino le nuvole oscure della guerra, vengano spazzate via dalla volontà ferma di una fraternità universale in cui le tensioni siano risolte sulla base dell'incontro e del dialogo, e a tutti vengano garantiti i diritti fondamentali!". In altre parole: "diamoci da fare insieme per costruire un avvenire di pace".
Francesco loda i mongoli anche sulla difesa del creato - tema della sua imminente seconda parte della 'Laudato si'' -, che "ci aiutate a riconoscere e a promuovere con delicatezza e attenzione, contrastando gli effetti della devastazione umana con una cultura della cura e della previdenza, che si riflette in politiche di ecologia responsabile". Indica le tradizionali 'ger' o 'yurte' come "spazi abitativi che oggi si potrebbero definire 'smart' e 'green'". Ed anche "la visione olistica della tradizione sciamanica mongola e il rispetto per ogni essere vivente desunto dalla filosofia buddista rappresentano un valido contributo all'impegno urgente e non più rimandabile per la tutela del pianeta Terra".
"La vostra sapienza, sedimentata in generazioni di allevatori e coltivatori prudenti, sempre attenti a non rompere i delicati equilibri dell'ecosistema, ha molto da insegnare a chi oggi non vuole chiudersi nella ricerca di un miope interesse particolare, ma desidera consegnare ai posteri una terra ancora accogliente e feconda", aggiunge. Nell'incontro con i vescovi e il clero nella cattedrale cattolica dei Santi Pietro e Paolo, anch'essa a forma di 'ger', il Papa lancia poi un chiaro messaggio alla Cina, dichiarando solennemente che "il Signore Gesù, inviando i suoi nel mondo, non li mandò a diffondere un pensiero politico": "Ecco perché i governi e le istituzioni secolari non hanno nulla da temere dall’azione evangelizzatrice della Chiesa, perché essa non ha un’agenda politica da portare avanti, ma conosce solo la forza umile della grazia di Dio e di una Parola di misericordia e di verità, capace di promuovere il bene di tutti".
Peccato che tra i vescovi della Conferenza dell'Asia Centrale presenti all'incontro non ce ne sia nessuno della Cina Continentale, cui le autorità di Pechino hanno proibito di recarsi in Mongolia per la visita papale. Presenti solo tre vescovi cinesi, ma da Hong Kong e Macao: il card. John Tong Hon, emerito di Hong Kong, venuto con un gruppo di 30 fedeli, l'attuale vescovo di Hong Kong, il cardinale designato Stephen Chow, e il vescovo di Macao, Stephen Lee Bun-sang.
Intanto, Taiwan ha espresso sostegno "ai continui tentativi della Santa Sede di impegnarsi in un dialogo con la Cina per risolvere le questioni religiose della Chiesa cattolica": l'auspicio, si legge in una nota del ministero degli Esteri, è che portino a migliorare il "deterioramento della libertà religiosa e dei diritti umani" nella Repubblica popolare. Papa Francesco, in visita in Mongolia, ha inviato un messaggio di "buoni auspici" al presidente Xi Jinping e al popolo cinese durante il passaggio sullo spazio aereo del Dragone. Solo 13 Paesi al mondo riconoscono in via ufficiale Taipei invece di Pechino: il Vaticano è l'unico in Europa.
(Questo articolo è stato pubblicato oggi dall'ANSA - Foto: Pool Aigav)