"Cristiani in un mondo che non lo è più", il libro del card. De Kesel
La Chiesa in minoranza, la sfida della secolarizzazione, la presenza dei credenti nella società moderna. In "Cristiani in un mondo che non lo è +. La fede nella società moderna", il nuovo libro del cardinale di Bruxelles Jozef De Kesel, la constatazione, senza catastrofismi, di una Chiesa "più piccola". Un appello per una Chiesa "più umile, professante, aperta". Il modello dei monaci di Tibhirine, in Algeria.
Come deve essere la Chiesa in una società come quella occidentale, nella quale la presenza dei cristiani è oggi marginale a livello sociale? Come deve configurarsi la presenza dei credenti dentro un contesto nel quale «la cristianità è finita», come ha affermato più volte papa Francesco? Jozef De Kesel, cardinale, arcivescovo emerito di Malines-Bruxelles, traccia una risposta nel suo nuovo libro "Cristiani in un mondo che non lo è +. La fede nella società moderna" (Libreria Editrice Vaticana, pp. 136, euro 15, prefazione di Lucia Vantini).
De Kesel basa le sue argomentazioni su una solida formazione biblica e su un’ampia esperienza pastorale: teologo e biblista, ha studiato all’Università Cattolica di Lovanio e alla Gregoriana di Roma, ha insegnato a Gand e a Lovanio, e prima di Bruxelles ha guidato la diocesi di Bruges. La sua risposta al doppio interrogativo soprariportato si esplica in una figura di Chiesa che oggi è necessariamente «più piccola» rispetto al passato ma che è chiamata ad essere «più umile, professante, aperta».
Secondo De Kesel, «Dio vuole la Chiesa» ma essa deve autocomprendersi, come ha stabilito il Concilio Vaticano II, «come sacramento»: «La Chiesa sarà, quando necessario, segno di contraddizione, ma non può, con quello che fa o proclama, creare confusione sulle ragioni ultime della sua esistenza o le intenzioni della sua missione. È il grande problema che emerge quando il cristianesimo svolge anche la funzione di religione culturale. In questo caso entrano in gioco altri interessi e la Chiesa rischia di rinchiudersi in sé stessa, cercando di salvarsi e consolidare la sua posizione».
Sulla riduzione numerica della presenza cattolica nella società occidentale, De Kesel porta avanti una prospettiva tutt’altro che catastrofica: «Oggi siamo sempre più consapevoli della particolarità e del carattere limitato della Chiesa; una Chiesa che, per questo, diventa numericamente più piccola. Non dobbiamo vivere questa realtà come una minaccia. È normale che la Chiesa non rappresenti l’intera popolazione. Se fosse questo il suo desiderio, nella sua situazione attuale perderebbe credibilità. Il suo carattere limitato e la sua particolarità non mettono affatto in discussione la sua missione universale».
Limitata di numero ma capace di dialogare e farsi presente nel mondo: questa la Chiesa che De Kesel auspica sia presente nell’Occidente secolarizzato: «Non possiamo ritirarci dalla vita in società e costruire un mondo a parte. Diciamo no a una Chiesa chiusa e ripiegata in sé stessa, no alla privatizzazione della fede, no a un cristianesimo estraneo al mondo! La nostra dev’essere una Chiesa che rende testimonianza al Vangelo e fa sentire la sua voce nei grandi dibattiti etici e della società, per contribuire a salvaguardare l’umanità dell’uomo e il futuro del nostro pianeta. Questo intendo dire con l’espressione “essere presente nella società”».
Infine, il cardinale di Bruxelles chiede una Chiesa aperta: «Come dice San Paolo nella Lettera ai Corinzi, la Chiesa è magnanima, è benevola e non è invidiosa. Nemmeno lei si vanta, non è orgogliosa e non cerca di presentarsi nella luce migliore. E soprattutto non cerca sé stessa. La Chiesa esiste per far conoscere l’amore di Dio. Parla e agisce, prega e celebra la liturgia, è vicina a chi è nel bisogno, vive e percepisce le gioie e i dolori di questo mondo e s’impegna per realizzare una società più giusta e più umana».
Interessante il modello che De Kesel propone per questa Chiesa, l’esperienza dei monaci di Tibhirine, in Algeria, resi celebri dal film Uomini di Dio ad esso dedicati: «Il monastero non organizza strategie per essere il possibile adeguato al suo tempo. Tutti rimangono semplicemente sé stessi, conducendo una vita monastica di preghiera e lavoro in mezzo a una società musulmana. Una vita nella semplicità del Vangelo, proprio come la comunità di Gerusalemme delle origini, fedele all’insegnamento degli apostoli, fedele alla preghiera e allo spezzare il pane, fedele alla vita comunitaria. Coltivando però, allo stesso tempo, un’amicizia sincera e una profonda solidarietà con le persone che vivono fuori dal convento, tutte musulmane, a rischio anche della vita».
Il nuovo libro del cardinale Jozef De Kesel "Cristiani in un mondo che non lo è +. La fede nella società moderna" verrà presentato a Roma venerdì 29 settembre alle ore 17.30 all’Ambasciata del Belgio presso la Santa Sede (Via Giuseppe de Notaris, 4). Il cardinale dialogherà con mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e Massimo Borghesi, docente di Filosofia morale all’Università di Perugia. A moderare l’evento la giornalista Vania De Luca, vaticanista del Tg3. L’incontro sarà introdotto dall’Ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede, Patrick Renault e dal responsabile editoriale della Libreria Editrice Vaticana, Lorenzo Fazzini.
(Foto: Wikipedia Commons)