Francia: Michel Barnier, dalla Brexit a Matignon
L'ex commissario europeo, noto a Bruxelles come ‘Mr Brexit’, avrà il difficile compito trovare una via d'uscita all’impasse francese, e compattare un’Assemblea nazionale frammentata. Questo il focus dell'ISPI.
Dopo settimane di attesa e negoziazioni febbrili, la Francia ha un nuovo primo ministro. È Michel Barnier, già commissario europeo e capo negoziatore per conto di Bruxelles sulla Brexit. La scelta a cui è approdato il presidente Emmanuel Macron, dopo lunga esitazione, cerca di gestire una situazione senza precedenti all’Assemblea Nazionale, uscita dalle elezioni anticipate dello scorso luglio divisa in tre blocchi: il Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella, il Fronte delle sinistre e al centro un’ex maggioranza presidenziale indebolita. Il nome dell’ex ministro degli Esteri di Jacques Chirac, considerato meno divisivo rispetto ad altri profili presi in considerazione, è emerso mercoledì sera. Secondo fonti dell’Eliseo soddisferebbe due criteri principali fissati dal Capo dello Stato: la “non censurabilità” da parte del parlamento “e la capacità di formare coalizioni”. La scommessa di Macron, in altre parole, è che ‘Mr Brexit’ utilizzi i suoi quasi 50 anni di esperienza politica, per costruire ponti e traghettare la Francia fuori dall’attuale stallo politico.
Un talento per il negoziato?
La nomina di Michel Barnier, mentre la Francia è nel mirino di una procedura per deficit pubblico eccessivo, è stata accolta con un sospiro di sollievo a Bruxelles. L’ex commissario è rispettato sulla scena europea, che ha calcato per quindici anni fino all’accordo per la Brexit, ottenuto al termine di uno sfiancante negoziato, nel dicembre 2020. Per quel successo diplomatico, Barnier fu addirittura applaudito – cosa rara – dai Ventisette, che ne hanno elogiato l’arte del consenso, la pazienza e la tenacia, in qualità di negoziatore designato. Se nei corridoi dell’austero palazzo Berlaymont, lo apprezza anche il primo ministro ungherese, Viktor Orban, in patria con il presidente Emmanuel Macron i suoi rapporti sono stati altalenanti. Vicino alle sue posizioni su economia ed Europa, Barnier ne ha spesso criticato il modus operandi. “Non si può guidare la Francia senza coinvolgere tutti ” aveva ripetuto durante le primarie per le presidenziali del 2022, a cui si era candidato senza successo, denunciando una presidenza “verticale, arrogante e solitaria”. Anche per questo, i bene informati sostengono che a rivelarsi decisivo per la sua nomina, sia stata la stima di cui gode presso il potente segretario generale dell’Eliseo, Alexis Kohler. Repubblicano ma sempre più distante dalle posizioni assunte negli ultimi anni dal suo partito, rivendica una linea “gollista patriottica, europea e progressista” e assicura che la sua esperienza europea gli dà la legittimazione per criticare le disfunzioni dell’Ue e cercare di porvi rimedio: “Tutto – dice – al fine di evitare ulteriori Brexit”.
La sinistra grida al tradimento?
Tanto elogiata in Europa quanto deplorata in patria: la nomina di Barnier è stata molto criticata dai partiti di sinistra, che hanno accusato Macron di aver ignorato i risultati delle elezioni in cui il nuovo Fronte popolare era arrivato primo. Il più critico è stato il leader della France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, che in una serie di video pubblicati sui suoi profili social ha detto che “le elezioni sono state rubate ai francesi” invitando i francesi a scendere in piazza per protestare. Nelle ore successive all’annuncio tutti i principali esponenti della coalizione di sinistra, Socialisti, Verdi e France Insoumise, hanno annunciato, quando sarà possibile, una mozione di sfiducia contro il primo ministro: non è detto però che riescano a trovare i voti per farla approvare, poiché Barnier ha già ricevuto l’appoggio dei partiti che formano la coalizione centrista di Macron e del suo partito, i Repubblicani. Soprattutto il Rassemblement National di Marine Le Pen – che nelle ultime settimane aveva bocciato sul nascere altri nomi, ritagliandosi il ruolo di ago della bilancia politica nazionale – non ha respinto la sua nomina. Un gesto che ha destato sospetti e generato voci di un presunto accordo fra Macron e il RN, uno sviluppo che il presidente in campagna elettorale aveva più volte decisamente escluso. La mobilitazione della sinistra si spiega anche col fatto che è prassi che il partito vincitore delle elezioni nomini il primo ministro. All’indomani del voto, però, Macron si era opposto a qualsiasi candidato, anche indipendente proveniente dall’area politica della sinistra, sostenendo che gli altri partiti lo avrebbero sfiduciato. Ma oggi, la sensazione predominante tra i sostenitori del Fronte è che il presidente abbia abilmente tirato le filaper impedire con ogni mezzo alla sinistra di arrivare al governo.
Un equilibrio precario?
Dopo la nomina, Barnier ha incontrato il suo predecessore Gabriel Attal per la tradizionale cerimonia di passaggio di potere. Il 35enne, ex premier più giovane della quinta repubblica ha ceduto le chiavi di casa a quello che, a 73 anni sarà il più anziano. Alcuni lo hanno già soprannominato ‘il Biden francese’ e Jean-Philippe Tanguy, un parlamentare di estrema destra, lo ha definito “un fossile di era pre-macroniana”. Nei prossimi giorni Barnier nominerà un governo e illustrerà i suoi piani in un discorso parlamentare prima di affrontare il vero banco di prova del suo mandato: la legge di bilancio. In cambio, osservatori e addetti ai lavori ritengono che il RN insisterà per ottenere una riforma elettorale che introduca una maggiore proporzionalità nelle elezioni parlamentari. Il compito principale del premier sarà garantire stabilità e un programma minimo, affrontando nel contempo la preoccupante situazione economica e finanziaria della Francia. “È un compito quasi impossibile – ha detto all’FT il suo ex aiutante Olivier Guersent – Non ci sono più di tre persone in Francia che possono farlo. Lui è uno di loro”.
Il commento di Massimo Nava, editorialista Corriere della Sera, Parigi
“Michel Barnier è la classica « riserva della Repubblica », per usare il politichese italiano. Ed è l’ultima carta che il presidente Macron ha giocato per costruire una maggioranza di governo dopo 50 giorni di stallo. Le difficoltà non mancano e l’opposizione di sinistra si annuncia risoluta anche nelle piazze. Ma ci sono due importanti novità che potrebbero facilitare il compito : la « non opposizione » preventiva del Rassemblement National che permette a Marine Le Pen di rompere la cintura sanitaria nei confronti dell’estrema destra e la prospettiva di riformare in senso proporzionale la legge elettorale in vista di probabili nuove elezioni anticipate il prossimo anno. Se questo è lo sviluppo politico probabile, la « missione impossibile » di Barnier si risolverebbe in una missione a tempo, che rassicura i mercati e renderebbe un servizio alla UE. L’Europa non ha certo bisogno di sommare crisi tedesca e stallo francese. Il paradosso (e anche l’azzardo riuscito di Macron) è che dopo la vittoria degli estremi alle elezioni di luglio, sarà la quinta forza politica (i repubblicani gollisti) ad avere le chiavi del governo”.
[Questo articolo è stato pubblicato sul sito dell'ISPI, al quale rimandiamo; Photo Credits: Flickr/Gabor Kovacs - CC BY 2.0 Deed]