I preti russi contro la guerra: nel mirino di Mosca, osteggiati dagli ucraini
Di 300 sacerdoti che a marzo 2022 avevano firmato un appello contro l’invasione pochi oggi possono sostenere posizioni pacifiste. Alcuni sono stati sospesi, altri cacciati, i più silenziati. I difficili rapporti con la comunità, il controllo russo e i sentimenti di ostilità dell’Ucraina che non crede “nei russi buoni”. L’ortodossia russa rischia di non sopravvivere a Putin. Ne parla su AsiaNews Vladimir Rozanskij da Mosca.
Nel suo intervento dal lager di Omsk, il dissidente Vladimir Kara-Murza, insieme al dolore per Il sostegno patriarcale alla guerra, ha espresso anche riconoscenza ai sacerdoti che invece hanno preso pubblicamente posizione contro di essa. Dei 300 sacerdoti che a marzo 2022 avevano firmato un appello per fermare l’invasione russa dell’Ucraina, ben pochi però sono oggi in grado di sostenere ufficialmente posizioni pacifiste; alcuni fra loro sono stati sospesi o cacciati, e la maggioranza è stata messa a tacere.
Il clero parrocchiale nell’Ortodossia russa è necessariamente uxorato, e i sacerdoti hanno anche la responsabilità di proteggere moglie e figli. Alcuni di loro sono stati costretti a trasferirsi all’estero, come documenta un servizio di The Moscow Times. Uno di essi è p. Aleksej Volčkov, che racconta come dopo aver firmato l’appello “molte persone a me vicine mi hanno rimproverato, alcune pensavano che io li avessi traditi, ma penso che quella firma sia stata uno dei gesti spiritualmente più veri che abbia compiuto negli anni del mio sacerdozio”. Egli è partito, sapendo che molti altri hanno dovuto soffrire sacrifici ben più grandi ed è sicuro che “in realtà sono pochi i miei confratelli che sostengono la guerra, anche se la maggior parte ha paura ad esprimersi pubblicamente”.
Esiste dall’anno scorso anche un’associazione formata da sacerdoti russi, ucraini e bielorussi, chiamata “Cristiani contro la guerra”, il cui sito è stato bloccato in Russia a settembre. Una delle animatrici del gruppo è la teologa Natalia Vasilievič, che spiega come “noi stiamo cercando di creare lo spazio per un’Ortodossia alternativa. Alcuni degli aderenti sono persone molto conosciute nel mondo ortodosso, noi cerchiamo di mettere tutti insieme, soprattutto per proteggere i sacerdoti perseguitati”.
Uno dei promotori dell’appello contro la guerra è p. Andrej Kordočkin, che esercita il suo ministero da quasi vent’anni nella cattedrale russa di Santa Maria Maddalena a Madrid. Egli ha promosso un altro progetto insieme ad alcuni sacerdoti russi nell’emigrazione, “Pace a tutti”, che intende “diffondere le storie dei sacerdoti che hanno sofferto per le proprie posizioni contro la guerra”. Oltre alle informazioni, il gruppo cerca di aiutare anche economicamente le famiglie dei sacerdoti che hanno perso lavoro e stipendio a causa delle proprie opinioni; come spiega p. Andrej, che il patriarca ha sospeso a divinis, “noi preti russi pacifisti siamo divisi geograficamente, ma comunichiamo e ci sosteniamo a vicenda”.
I sacerdoti russi fanno anche sempre più fatica nei rapporti con il gregge a loro affidato, sia in patria che all’estero, per la sfiducia nei vertici della Chiesa e la grande confusione tra chi è contro o a favore delle azioni belliche. Lo stesso Kordočkin racconta che “molti se ne sono andati perché sono a favore di Putin e di Kirill, dopo che mi sono espresso contro la guerra”. Diversi sacerdoti si sono recati all’estero spontaneamente, senza attendere provvedimenti di sospensione, cercando di sistemarsi presso altre giurisdizioni ortodosse, soprattutto quella del patriarcato ecumenico di Costantinopoli.
Il paradosso è che l’esarcato russo di Costantinopoli in Europa è stato chiuso dal patriarca Bartolomeo prima della guerra, per la rottura con Mosca a causa dell’autocefalia ucraina, temendo di avere un’opposizione interna dei russi, che invece oggi vorrebbero ripararsi sotto l’omoforion (la stola) del patriarca ecumenico. E comunque, come racconta l’esperta Ksenja Lučenko del Consiglio europeo per le relazioni internazionali, “i servizi russi dell’Fsb controllano tutti questi preti ovunque si trovino, cercando in ogni modo di impedire loro di sistemarsi e agire liberamente”.
Senza contare che i preti russi in Occidente sono visti con sospetto, nonostante le prese di posizione contro la guerra, e sono spesso contrastati dagli ucraini, anch’essi in gran parte fedeli ortodossi, e che non vogliono vederli nelle chiese, perché a loro parere “non esistono russi buoni”. Come afferma Lučenko, “la Chiesa ortodossa russa rischia di non sopravvivere a Putin, la sua autorità morale è fortemente compromessa, e l’intera sua struttura rischia di disgregarsi”.
(Fonte: AsiaNews - Vladimir Rozanskij; Foto: La Nuova Europa)