Trump chiama Putin, ma la tregua in Ucraina non è più vicina

Trump afferma che siamo “sulla buona strada” per una tregua tra Russia e Ucraina, ma al di là degli annunci, la realtà sul terreno dice altro. Questo il focus di Alessia De Luca per l’ISPI.
Molto rumore per nulla o, comunque, per poco. L’attesissima telefonata di due giorni fa tra Donald Trump e Vladimir Putin segna un punto, ma non la svolta sulla guerra in Ucraina che qualcuno, presidente americano in primis, auspicava. Ieri, invece, l’inquilino della Casa Bianca ha sentito l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky per “allineare sia la Russia sia l’Ucraina in termini di richieste ed esigenze”. Nel corso del colloquio con Putin, durato due ore mezza, il leader del Cremlino ha respinto la richiesta di Trump di un cessate il fuoco completo di 30 giorni, a cui l’Ucraina aveva aderito la scorsa settimana a Gedda, proponendo al suo posto un cessate il fuoco ‘selettivo’, solo sulle infrastrutture energetiche, per un mese. Al di là dell’impegno retorico al raggiungimento della pace, Putin ha inoltre accettato l’avvio di negoziati “immediati”, ipotizzando una tregua nel Mar Nero e poi completa, fino ad un accordo di pace permanente. Ma ha vincolato il tutto ad una lunga lista di condizioni inderogabili, che Zelensky ha già definito “inaccettabili”: la Russia infatti resta contraria alla presenza di soldati europei in funzione di peacekeeping sul territorio ucraino e – soprattutto – impone da subito lo stop totale ai rifornimenti, di armi e di intelligence, all’Ucraina che, altra condizione, deve interrompere la mobilitazione forzata. In altre parole Mosca non vuole accettare nessuna garanzia di sicurezza per Kiev. Nel corso del colloqui – infine – non si sarebbe parlato di territori, ma la questione è centrale. Secondo il leader ucraino infatti l’obiettivo di Putin è in realtà quello di guadagnare tempo per continuare ad avanzare offrendo a Kiev, più che un’intesa, nient’altro che una capitolazione.
Una tregua che non c’è?
Poco dopo la fine della chiamata, Trump ha scritto sulla sua piattaforma Truth Social di aver avuto una conversazione “molto buona e produttiva” con Putin, descrivendo lo scambio come “quello di due grandi leader che si uniscono per il miglioramento dell’umanità”. E Steve Witkoff, inviato speciale del presidente americano per le crisi in Ucraina e Medio Oriente, ha detto a Fox News che i colloqui per finalizzare l’accordo tra russi e americani (ma non ucraini) inizieranno domenica 23 marzo a Gedda. Appena poche ore dopo, le sirene antiaeree riprendevano a suonare a Kiev dove una cinquantina di droni hanno attaccato e la contraerea è stata impegnata a respingerli durante tutta la notte. Allo stesso modo nella città orientale di Sumy, un drone ha colpito un ospedale, richiedendo l’evacuazione di oltre 100 pazienti. In un incidente separato, un civile è morto in un villaggio vicino. “In molte regioni abbiamo sentito esattamente cosa vuole la Russia”, ha scritto su Telegram il presidente ucraino Zelensky. Anche l’Ucraina ha continuato i suoi attacchi con droni a lungo raggio contro la Russia durante la notte, colpendo un deposito di petrolio nella regione meridionale di Krasnodar.
Scetticismo dall’Europa?
Anche i leader europei hanno accolto con scetticismo l’annuncio di un cessate il fuoco ‘parziale’ concordato da Putin e Trump al telefono. Per l’alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Kaja Kallas, “è chiaro che la Russia non vuole fare alcun tipo di concessione” mentre le richieste del Cremlino di smettere di armare Kiev sono “inaccettabili”. E alla vigilia del Consiglio Europeo di domani e venerdì, Bruxelles si trova a confrontarsi con interrogativi urgenti: fino a che punto fidarsi? Trump e Putin sono allineati? E quanto è disposto a cedere il presidente americano pur di portare a casa una pace “a tutti i costi”? Le premesse non sono incoraggianti e del resto sia i resoconti del Cremlino che quelli della Casa Bianca, che per alcuni versi non coincidono, su un punto sono chiarissimi e segnalano la “volontà dei due leader di proseguire i negoziati in forma bilaterale”. Ovvero, niente Ucraina e niente Europa al tavolo.
Putin ha il tempo dalla sua?
Se da un lato Trump è ansioso di raggiungere un accordo, dall’altro Putin può aspettare. Il tempo è un fattore cruciale e gioca tutto a suo vantaggio. A differenza di Kiev infatti, i suoi alleati non hanno mai minacciato di fargli mancare il loro sostegno e man mano che i negoziati si allungano, i russi avanzano nel Kursk e consolidano le proprie posizioni. Grazie alle conversazioni con Trump inoltre, Putin non appare più isolato sulla scena internazionale e nella telefonata di ieri i due vagheggiavano di un ‘riavvicinamento’ che sembra andare ben oltre l’Ucraina e che porterà, a detta del presidente americano, a “enormi accordi economici”. Poco fa, dopo aver parlato anche con Zelensky, il tycoon ha commentato ottimista: “Siamo davvero sulla buona strada”. Ma è evidente che Kiev cerchi di evitare di incorrere nuovamente nell’ira di Trump mentre Mosca, nei fatti, non mostra alcun segno di voler abbandonare i suoi obiettivi. “Putin è riuscito a fare una piccola concessione a Trump senza in realtà concedere nulla – osserva Fiona Hill, consulente per il Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti durante il primo mandato Trump – Perché in realtà, quello che vuole è vincere la guerra”.
Il commento di Eleonora Tafuro Ambrosetti, ISPI Senior Research Fellow
“La telefonata è una delusione annunciata o il primo passo verso la risoluzione del conflitto? Le cose in realtà sono più sfumate, e ci sono elementi a sostegno di entrambe le tesi. Sicuramente Putin ha messo in chiaro le sue posizioni massimalista e la scarsa disponibilità a scendere a compromessi. La continuazione dei negoziati e lo scambio di prigionieri danno anche ulteriori speranze, anche se va sottolineato che Russia e Ucraina hanno regolarmente scambiato prigionieri durante questi ultimi anni di guerra. Per l’Ucraina, la frustrazione per il modo in cui i negoziati sono condotti rimane alta: nonostante la chiamata di Trump a Zelensky, è chiaro che il negoziato principale, per ora, rimane quello tra Washington e Mosca”.
[Fonte e Foto: ISPI]