Tutti sapevano che la nave dei migranti era condannata. Ma nessuno ha aiutato
Quello che segue è il sunto di un'ampia inchiesta del New York Times sul tragico naufragio del mese scorso a Pylos, nel sud del Peloponneso, con oltre 600 migranti morti nell'affondamento del peschereccio Adriana, che secondo le ricostruzioni era partito vuoto dall'Egitto, si era fermato nel porto libico di Tobruk per caricare i migranti e poi ha proseguito la sua rotta verso l'Italia. Stando all'approfondita indagine giornalistica del Times, le immagini satellitari, i documenti giudiziari sigillati e le interviste ai sopravvissuti suggeriscono che centinaia di morti erano evitabili.
La fatale inerzia della Grecia in mare
Più di 600 persone sono morte il mese scorso quando una barca di migranti, l'Adriana, è affondata nel Mediterraneo. Un'indagine del Times basata su immagini satellitari, segnali radio, documenti giudiziari sigillati e più di 20 interviste con sopravvissuti e funzionari ha scoperto che centinaia di quelle morti avrebbero potuto essere evitate.
I sopravvissuti hanno detto che i passeggeri avevano chiesto aiuto e che alcuni avevano cercato di saltare a bordo di un'autocisterna che si era fermata per distribuire acqua potabile. Questi resoconti sono in contrasto con le affermazioni delle autorità greche, che hanno affermato che i migranti non volevano essere soccorsi. Quando i passeggeri sono stati presi dal panico e la nave è affondato, il governo greco ha trattato la situazione come un'operazione delle forze dell'ordine, non un salvataggio.
Le autorità greche hanno ripetutamente affermato che l'Adriana stava navigando verso l'Italia, contraddicendo le prove che dimostrano definitivamente che la nave era andata alla deriva nelle ultime sei ore e mezza.
Un sistema di classi
I passeggeri hanno pagato collettivamente fino a 3,5 milioni di dollari per essere portati clandestinamente in Italia. I sopravvissuti hanno detto che i pakistani erano sul fondo della nave; donne e bambini erano nel mezzo; e siriani, palestinesi ed egiziani erano al vertice. Su 350 passeggeri pakistani in cerca di una vita migliore, solo 12 sono sopravvissuti. Le donne e i bambini piccoli sono affondati con la nave.
Il contesto
Le autorità dell'Ue spesso rinviano i soccorsi per paura che l'aiuto possa incoraggiare i trafficanti a inviare più persone su navi sempre più fragili. Poiché la politica europea ha virato verso destra, ogni nuova nave in arrivo è un potenziale punto critico politico.
I missionari: "ennesima strage annunciata"
Sulla vicenda pubblichiamo il comunicato diffuso nei giorni scorsi dalla Conferenza degli Istituti Missionari in Italia.
Con il passare delle ore diventa sempre più drammatico il bilancio delle vittime dell’ennesimo naufragio di una imbarcazione carica di migranti che è avvenuto tra il 13 ed il 14 giugno a Pylos, nel mar Ionio, nelle acque territoriali greche. Il timore è quello di arrivare a dover contare più di 600 morti tra uomini, donne e soprattutto bambini, lasciati annegare e soccorsi in estremo ritardo.
L’allarme lanciato da AlarmPhone alle autorità competenti(guardia costiera della Grecia UHNCR Grecia e Frontex) è partito alle 16.53 del 13 Giugno e alle 2.47 del 14 giugno si registra l’ora del naufragio dell’imbarcazione. La domanda è: che cosa è veramente successo in quelle quasi 10 ore?
Stiamo assistendo come sempre all’inguardabile e stomachevole scaricabarile. I superstiti abbandonati su brandine in una struttura del porto di Kalamata, lontano dai giornalisti. I corpi rinvenuti (sino ad ora sono 78) trasportati di notte al buio da una motovedetta della guardia costiera greca e trasferiti al nord di Atene in camion frigoriferi per la identificazione. I parenti delle persone che avrebbero dovuto essere sull’imbarcazione che intasano il centralino dell’ospedale di Kalamata per avere notizie dei propri cari.
È il “rituale” che si ripete ad ogni naufragio, ad ogni “strage annunciata”. Si, si tratta di vere “stragi annunciate” perché ogni “imbarcazione” che parte può essere una “strage annunciata” e non serve poi proclamare lutto nazionale per “lavarsi la coscienza”.
Le domande che ci poniamo e che poniamo a chi è chiamato a governare sono sempre le stesse: le persone che erano su quell’imbarcazione o sulle altre imbarcazioni naufragate avevano altre alternative per scappare dalla violenza? Rischiare la vita oppure continuare a subire violenze nei lager libici? Voi, noi cosa avremmo fatto se fossimo stati al loro posto? La risposta non sta nell’ultimo "patto europeo", la risposta non si trova nelle coscienze “sporche” dei politici che lo hanno votato. Forse la risposta sta “semplicemente” nel rispetto delle leggi e delle convenzioni internazionali.
Leggi e convenzioni che tutti i paesi hanno votato ma che vengono dimenticate quando si pensa solo alla difesa del proprio paese o della “fortezza Europa” e quando si fa politica per difendere interessi di corporazione o personali. Leggi e convenzioni internazionali scritte nel corso di decenni per impedire che la violenza e la cultura della morte tornassero a prevalere. Rispettare le leggi e le convenzioni internazionali per evitare altre “stragi annunciate”.
Missionari della Consolata
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Missionarie Comboniane
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