Ucraina: vescovo, "non siamo al capolinea, vogliamo ancora sperare"
Mons. Ryabukha, "nel Donetsk la pazzia dell'occupazione russa non ha limiti".
"Vogliamo sperare e lo vogliamo fare non solo con i pensieri, ma anche con i fatti. Vogliamo sentire che la vita ci attende, che non siamo arrivati al capolinea, che possiamo guardare avanti. Nulla è impossibile a Dio". Raggiunto telefonicamente dal Sir per un "punto" sulla difficilissima situazione sul fronte di guerra, da una delle zone più calde dell'Ucraina, Zaporizhzhia, le parole di mons. Maksym Ryabukha, vescovo ausiliare dell'esarcato greco-cattolico di Donetsk, sono piene di vita e di progetti, nonostante le incursioni ucraine sul territorio russo, le minacce russe, le richieste del presidente Zelensky, il fumo nero che si intravede sulla centrale nucleare.
"Per noi ormai è chiaro che la pazzia dell'occupazione russa non ha limiti. Non sai mai fino a dove possono spingersi. Ma è chiaro anche che non possiamo fermarci allo stupore degli eventi. Dobbiamo comunque continuare a vivere", osserva. "È ovvio che c'è la preoccupazione su come potrà evolvere la situazione. Ma la speranza è l'unica arma in mano ai civili. Speriamo che a vincere sia la buona ragione. Speriamo che qualcuno sappia reagire, in primis la comunità internazionale, perché non è un gioco e una centrale nucleare non è un giocattolo da usare per mettere paura".
Mons. Ryabukha, 44 anni, salesiano, parla durante la "pausa pranzo". È infatti impegnato a tradurre due insegnanti italiani che dalla Lombardia sono venuti in Ucraina per tenere due corsi di formazione professionale sugli impianti elettrici. Anche questa attività - sottolinea il vescovo - si svolge sotto il "segno" di futuro. "Perché le case colpite dai missili hanno bisogno di essere ricostruite non solo nelle mura, spesso c'è la necessità di rimettere in funzione gli impianti elettrici e c'è bisogno di persone che lo sappiano fare".
La vita - anche in questo angolo del Paese - è più forte e scorre, nonostante le minacce. Mons. Ryabukha racconta dell'incontro delle comunità "Madri in preghiera" dell'esarcato di Donetsk della Chiesa greco-cattolica ucraina (Ugcc) che si è tenuto sabato 10 agosto, presso la parrocchia della Trasfigurazione del Signore a Novodonetsk. È una preghiera costante volta a sostenere "i nostri figli, le nostre famiglie ucraine, i ragazzi e le ragazze che difendono il paese, una pace giusta e tanto attesa". E tra le "buone notizie", il vescovo salesiano cita anche l'ordinazione diaconale di Ruslanova Butenka che si è laureato quest'anno al Seminario teologico di Kiev. L'ordinazione si è tenuta il 6 agosto scorso, a Kamianske, nell'estremo est del Paese.
"Sono tutti segni di grande speranza. Ci dicono che la Chiesa non muore e che anzi ci sono nuove vocazioni", commenta mons. Ryabukha. "Ci dicono anche che nonostante tutte le difficoltà, le macerie della guerra, gli occhi tristi dei bambini, le lacrime delle mamme e l'isolamento che inevitabilmente ogni conflitto genera, le relazioni rimangono vive".
L'incursione ucraina in Russia
Intanto, in questi giorni per la prima volta Kiev effettua incursioni di terra in territorio russo. Mosca evacua alcuni villaggi della regione di Kursk e accusa: “Una provocazione su larga scala”.
“La Russia ha portato la guerra nel nostro paese e deve sentire cosa ha fatto”: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky giustifica così la prima incursione di terra dell’esercito di Kiev su territorio russo, iniziata tre giorni fa. Secondo Mosca, si tratterebbe di circa mille soldati ucraini, accompagnati da carri armati, artiglieria e veicoli corazzati che hanno oltrepassato il confine avanzando verso i villaggi di Sudzha, Sverdlikovo e Darino, nonché Korenevo, più a nord. Ci sarebbero alcuni prigionieri e i combattimenti starebbero entrando nel loro ottavo giorno.
Per il presidente russo Vladimir Putin si tratta di una “provocazione su larga scala” mentre i vertici militari russi gli assicurano che, nonostante le perdite, la penetrazione del territorio della Federazione sarebbe già stata fermata. Secondo l’agenzia di stampa russa Tass, le autorità locali avrebbero evacuato circa 3mila civili nei primi giorni dell'incursione ucraina. Gli Stati Uniti d’America hanno fatto sapere di non essere stati informati dei piani d’incursione dell’esercito ucraino e starebbero chiedendo delucidazioni. Sebbene non sia la prima volta che la Federazione venga attaccata, non era mai successo che gli attacchi fossero condotti direttamente dall’esercito regolare di Kiev, che potrebbe trarne anche un vantaggio morale. Mentre ci si chiede se questa azione militare possa influire sul destino della guerra che va avanti da ormai 900 giorni.
Cosa dicono gli alleati?
“Crediamo che l’Ucraina stia combattendo per legittima difesa contro un’aggressione illegale. E nella cornice di questo legittimo diritto di difesa, l’Ucraina può colpire il nemico ovunque lo ritenga necessario: sul suo territorio, ma anche in territorio nemico”, le parole del portavoce della Commissione europea Peter Stano pongono l’accento sulla legittimità dell’incursione ucraina, escludendo quindi che si sia trattato di un’azione contraria al diritto internazionale. Sebbene l’attacco ucraino di per sé non sembri giustificato dalla difesa contro una minaccia imminente, secondo l’interpretazione dell’Unione Europea l’azione rispetta lo ius ad bellum, ovvero le norme da rispettare durante i conflitti, essendo un paese in guerra contro un altro.
Per gli Stati Uniti, invece, è più importante accertarsi che alcune armi occidentali fornite all’esercito ucraino non vengano utilizzate all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti della Russia (una specifica che quindi esclude i territori che Mosca rivendica come propri). Il portavoce della sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha però specificato che l’invasione del territorio russo “non rappresenta una violazione della nostra politica”. Da menzionare, infine, che l’area di penetrazione dell’incursione ucraina, ovvero il distretto di Sudzha, è interessata dal passaggio di un gasdotto russo diretto ai paesi dell’Unione Europea.
"Kursk è scolpita nel nostro immaginario soprattutto per via di un avvenimento che costituì un punto di svolta per la Seconda guerra mondiale: la tragica battaglia di Kursk, che ebbe luogo tra il 5 e il 16 luglio 1943 e fu il più grande scontro tra carri armati della storia", commenta Eleonora Tafuro Ambrosetti, dell'Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale dell'ISPI. "Mentre abbiamo la certezza che quello che sta accadendo in questi giorni nell’oblast’ di Kursk passerà ugualmente alla storia, sono molti i dubbi intorno alle ragioni principali per cui Kiev ha aperto un nuovo fronte in Russia in questo momento. Potrebbe essere un’azione dimostrativa: l’Ucraina dimostra ancora una volta ai propri cittadini e ai partner occidentali, ma anche ai cittadini e al governo della Russia, di essere in grado di colpire obiettivi nel paese nemico, incrementando notevolmente la pressione su Putin rispetto agli episodi precedenti e 'rifacendosi' dell’insuccesso dell’ultima controffensiva". Ma ci sono anche "ragioni tattiche (costringere Mosca a spostare truppe e attenzione politica verso un altro fronte) e logistiche (bloccare il passaggio del gas russo verso l’Europa via Sudzha o impadronirsi della centrale nucleare di Kurchatov)". "Quale che sia lo scopo di Kiev, la reazione di Mosca purtroppo è stata tanto immediata quanto prevedibile: ancora più violenza contro i civili ucraini", conclude.
[Fonti: Sir, ISPI; Photo Credits: ISPI]