Ucraina: volenterosi e non

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La coalizione dei Volenterosi a Trump: pronti a garantire la sicurezza di Kiev, ma a pesare sull’Ucraina è l’incognita della Casa Bianca. Il punto dell’ISPI.

“Gli europei sono pronti a fornire le garanzie di sicurezza all’Ucraina e agli ucraini dal giorno in cui sarà firmata una pace”: lo ha detto Emmanuel Macron al termine del vertice dei Volenterosi, tenutosi oggi a Parigi, in una conferenza stampa al fianco dell’omologo ucraino Volodymyr Zelensky. Il presidente francese ha reso noto che “ci sono 26 paesi pronti ad inviare truppe in Ucraina come “forza di rassicurazione”, precisando che il loro obiettivo “non è di fare la guerra ma di garantire la pace e un cessate il fuoco, e prevenire un nuovo attacco”. Il presidente francese ha sottolineato che i paesi in questione sono pronti a intervenire “sulla terraferma, in mare o in aria” per “rassicurare il popolo ucraino e mantenere il cessate il fuoco una volta attuato, nonché mantenere e garantire la pace”. Ma ora bisogna “conoscere la sincerità della Russia e dei suoi impegni” dopo il dialogo con Washington. Il leader dell’Eliseo ha affermato che gli europei vogliono una serie di incontri – prima tra Zelensky e Putin, e poi in un altro formato – per porre fine alla guerra e “se Mosca non vuole rispettare queste condizioni, dovremo prendere ulteriori misure con gli Stati Uniti”. Macron ha assicurato che gli americani “sono stati molto chiari” sulla loro partecipazione alle garanzie di sicurezza, ma ha aggiunto che il sostegno americano a queste garanzie per Kiev sarà finalizzato “nei prossimi giorni”.

Chi sono i Volenterosi?

L’idea alla base della Coalizione dei Volenterosi è quella di mettere in campo una forza di peacekeeping da dispiegare in Ucraina alla fine della guerra. Accanto alla Francia, a spingere in questa direzione è il Regno Unito. Le due uniche potenze nucleari europee, quindi, stanno cercando di mettere insieme un piano per contribuire a garantire la sicurezza di Kiev, mentre Mosca chiede un massiccio ridimensionamento dell’esercito ucraino come parte di qualsiasi accordo. Ma quanti sono, allo stato attuale, i paesi “volenterosi”? A valutare i piani nella riunione indetta da Keir Starmer e Emmanuel Macron oggi a Parigi, presenti fisicamente o in videoconferenza erano circa 35 paesi. Oltre ai 27 europei, alla riunione in formato ibrido erano presenti i rappresentanti di membri del Commonwealth e dell’Asia e di paesi alleati che non appartengono alla Nato come Australia, Giappone e Nuova Zelanda. Tutti stanno ragionando sull’ipotesi di contribuire con finanziamenti, truppe, aerei o navi nella protezione di Kiev dalla prospettiva di un’ulteriore aggressione russa una volta raggiunto un cessate il fuoco. All’interno della compagine, però, le distanze non mancano. Mentre alcuni – come confermato da Macron in conferenza stampa – sarebbero disposti a mandare proprie truppe sul territorio, altri sono invece contrari all’invio di militari sul campo, e altri ancora sarebbero pronti a schierare i propri uomini nei paesi confinanti o solo a fornire armi e sostegno sul piano dell’intelligence.

Incognita Casa Bianca?

Come prevedibile, l’Italia ha già chiarito che non sarà tra i paesi che invieranno truppe a Kiev “confermando l’apertura a supportare un eventuale cessate il fuoco con iniziative di monitoraggio e formazione al di fuori dei confini ucraini”, si legge in una nota di Palazzo Chigi. In realtà, i paesi più riottosi all’invio di soldati aspettano di capire cosa farà la Casa Bianca e se Donald Trump, che ha avuto nel pomeriggio una videocall con gli alleati riuniti a Parigi, darà il via libera ad un backstop americano. Washington – in altre parole – dovrebbe fornire agli alleati la garanzia di un suo intervento in caso di attacco russo. Questo fornirebbe la capacità di deterrenza necessaria a dissuadere Mosca dal provocare incidenti che coinvolgano le truppe europee schierate in Ucraina. Al momento, però, è tutt’altro che chiaro se la Casa Bianca si sia impegnata in tal senso. Nel corso della telefonata con gli omologhi europei, subito dopo il vertice, Trump avrebbe detto che l’Europa “deve smettere di acquistare petrolio russo” che, a suo dire, “sta aiutando Mosca a finanziare la sua guerra contro l’Ucraina”. Lo riferisce la Reuters sul suo sito citando un funzionario della Casa Bianca. Il tycoon avrebbe anche esortato i leader europei a esercitare pressioni economiche sulla Cina “perché finanzia gli sforzi bellici della Russia”, ha aggiunto la stessa fonte.

Il ‘niet’ di Mosca?

Intanto, da Mosca è arrivato il ‘niet’ all’ipotesi di truppe occidentali schierate lungo una linea del cessate il fuoco. “La Russia non intende discutere l’idea di un intervento straniero in Ucraina, del tutto inaccettabile e che mina la sicurezza, in nessuna forma”, ha detto la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Inoltre, “la possibile vendita da parte degli Usa di oltre 3mila missili contraddice l’aspirazione di risolvere il conflitto diplomaticamente” ha detto. “Le idee del leader di Kiev, che sono essenzialmente una copia carbone delle iniziative degli sponsor europei, nemmeno degli sponsor ma del partito europeo della guerra, come abbiamo già detto più di una volta, sono assolutamente inaccettabili. Mirano a preservare l’Ucraina come trampolino di lancio per il terrore, per le provocazioni contro il nostro paese” ha aggiunto Zakharova. Il Segretario della Nato, Mark Rutte, ha osservato che la Russia non ha alcun diritto di veto sullo schieramento di truppe occidentali in Ucraina: “Perché ci interessa cosa pensa la Russia delle truppe in Ucraina? È un Paese sovrano. Non spetta a loro decidere”. A più di tre anni e mezzo dall’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia, Putin rifiuta di aprire all’ipotesi di un cessate il fuoco, che a sua volta apra la strada a un accordo di pace più ampio, e ha insistito sul fatto che la Russia dovrebbe essere uno dei paesi che agiscono da “garanti” di un’eventuale intesa, un’idea respinta da Kiev e dagli alleati.

Il commento di Eleonora Tafuro Ambrosetti, Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale ISPI

“Quest’incontro lascia più punti interrogativi che risposte. Eppure, due punti sembrano emergere. Il primo è che Macron ha ragione: l’Europa non è mai stata così determinata né così pronta a investire risorse politiche ed economiche nella difesa dell’Ucraina. Secondo, l’invio di truppe resta il punto più divisivo e l’Italia lo dimostra chiaramente: oltre il 90% degli italiani si dice contrario. A ciò si aggiunge la netta opposizione di Mosca: non solo respinge l’ipotesi di truppe europee, ma considera inaccettabile perfino il rafforzamento dell’esercito ucraino in chiave difensiva. E qui sta il nodo del conflitto: mentre Kiev e i suoi partner cercano garanzie contro future aggressioni, Mosca vuole mantenere intatto il potere di colpire l’Ucraina se e quando lo deciderà”.

[Fonte e Foto: ISPI]