Appello del Papa per il popolo Yanomami. Le risonanze con la Biennale d’Arte di Venezia

Condividi l'articolo sui canali social

CITTA’ DEL VATICANO, 20 OTT – Nella giornata in cui canonizza gli 11 “martiri di Damasco” (Manuel Ruiz López e sette compagni francescani e i laici maroniti Francesco, Mooti e Raffaele Massabki) e i tre religiosi Giuseppe Allamano (fondatori dei Missionari della Consolata), Marie-Léonie Paradis, Elena Guerra, papa Francesco rivolge un appello in favore del popolo Yanomami.

“La testimonianza di San Giuseppe Allamano ci ricorda la necessaria attenzione verso le popolazioni più fragili e più vulnerabili”, dice papa Francesco all’Angelus, al termine della messa in Piazza San Pietro in cui ha proclamato i 14 nuovi santi. “Penso in particolare al popolo Yanomami, nella foresta amazzonica brasiliana, tra i cui membri è avvenuto proprio il miracolo legato alla canonizzazione odierna”, spiega. “Faccio appello alle autorità politiche e civili, affinché assicurino la protezione di questi popoli e dei loro diritti fondamentali e contro ogni forma di sfruttamento della loro dignità e dei loro territori”, aggiunge il Pontefice.

Gli Yanomami sono una popolazione nativa dell’America Meridionale, stanziata tra l’estremo Sud-Est del Venezuela e il Nord-Ovest del Brasile, cui attualmente appartengono circa 20.000 persone, divise in più di 300 villaggi. E le parole del Papa di oggi mostrano una particolare risonanza con una parte di esposizione all’interno della 60/a Biennale d’Arte di Venezia, in corso dal 20 aprile al 24 novembre di quest’anno, il cui tema è “Foreigners Everywhere” (Stranieri ovunque). Un’intera sala del Padiglione principale nei Giardini è infatti dedicata proprio a due artisti del popolo Yanomami e a una terza, di nascita europea, che ha dedicato loro un’attenzione durata tutta la vita.

André Taniki (1949) è uno sciamano nativo della regione dell’alto Rio Catrimani, nell’Amazzonia brasiliana. La sua produzione artistica è direttamente collegata al suo sodalizio con l’artista e fotografa Claudia Andujar e l’antropologo Bruce Albert. I disegni esposti a Venezia sono stati realizzati dall’artista in dialogo con Bruce Albert, alla fine degli anni Settanta, quando entrambi cercavano modalità per rappresentare le visioni sciamaniche. Riccamente colorati, combinano astrazioni e schemi figurativi in strutture che sembrano riprodurre l’organizzazione del cosmo dal punto di vista dell’universo di senso degli Yanomami. In questo modo possono essere considerati come una sorta di cartografia di ciò che è visibile soltanto agli xapiri – gli spiriti ausiliari dello sciamano yanomami – e agli sciamani stessi. Le circostanze in cui si sono originati e i disegni stessi costituiscono un’importante espressione delle possibilità di traduzione e comunicazione fra diversi sistemi di sapere e relazioni. L’opera di André Taniki è esposta per la prima volta alla Biennale Arte.

Joseca Mokahesi (1971), anch’essa artista appartenente al popolo degli Yanomami, nasce nell’Amazzonia brasiliana e vive nella comunità di Watoriki (catena montuosa ventosa), situata nella Terra Indígena Yanomami. I disegni di Joseca Mokahesi rappresentano miti e canti sciamanici, nonché momenti dell’esistenza quotidiana della sua gente, accompagnati da titoli descrittivi in lingua yanomami che hanno una funzione esplicativa. Molti fra i personaggi ritratti dall’artista sono xapiri, spiriti lasciati da Omama – la dea della creazione per gli Yanomami – per aiutare gli sciamani nei loro compiti. Quando vengono evocati, scendono e si manifestano nei corpi degli sciamani. Yamanaioma, il femmineo spirito dell’ape, viene rappresentata come figura umana che cammina sulla terra e fa in modo che l’erba cresca bene; Hawahiri, invece, è disegnato come un albero – l’albero della noce amazzonica – che emerge da una bocca. Le pitture di viso e corpo che compaiono nei disegni di Mokahesi si riferiscono alla prima umanità, yarori pë. Anche l’opera di Joseca Mokahesi è esposta per la prima volta alla Biennale Arte.

Claudia Andujar, nata in Svizzera nel 1931 e che ora vive a San Paolo del Brasile, è sopravvissuta al genocidio nazista grazie all’esilio e la sua vita è segnata da un passato di guerra e sterminio. Il suo lavoro racchiude un repertorio di immagini che vanno ben oltre la fotografia puramente documentaria, evocando, dal punto di vista della cosmovisione indigena, quanto a noi risulta invisibile. Nella serie intitolata A casa (1974), l’artista riprende la vita quotidiana degli Yanomami occupati in faccende domestiche. In una delle fotografie della serie, un bambino appare illuminato dalla luce che, attraverso delle fessure, filtra nell’ambiente buio di uno yano (casa collettiva), trasformandolo in una manifestazione visiva dell’assenza di separazione tra la vita nella foresta e l’incorporeo mondo spirituale degli xapiri. Nella serie O reahu (1974), l’artista documenta un’importante cerimonia funebre. In queste fotografie in bianco e nero, i partecipanti appaiono ornati da piumaggi di uccelli, mentre la luce che filtra dalle fessure illumina nuovamente l’ambiente circostante. I punti di luminosità che penetrano negli spazi collettivi di abitazione, lavoro e rituali registrati da Andujar contribuiscono a comporre un ambiente onirico. Analogamente alle precedenti, l’opera di Claudia Andujar è esposta per la prima volta alla Biennale Arte.

Gli Yanomami sono principalmente orticoltori (banane, platani), ma praticano ugualmente la raccolta, la caccia e la pesca. Sia il commercio interno di prodotti alimentari sia l’importazione di strumenti in ferro e altre merci del mercato globale sono piuttosto diffusi. Gli Yanomami tracciano la discendenza in modo patrilineare: ogni villaggio è dotato di una forte autonomia politica ed economica ed è guidato da un leader tradizionale scelto in genere all’interno del gruppo di parentela più numeroso. Formano una società fortemente egualitaria, in cui tuttavia la guerra e le faide sono endemiche. Nonostante la presenza dei missionari, mantengono un forte legame con le credenze e i riti tradizionali, come mostra la persistente importanza della figura dello sciamano.

[Foto: Biennale Internazionale d’Arte di Venezia]