Card.Zuppi, "non smetteremo mai di lavorare per l'unità del Paese"

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L'intervento alla Prima Assemblea sinodale delle Chiese in Italia.

ROMA, 15 NOV - "La Chiesa è famiglia e, se la viviamo come Gesù ci chiede, amandoci l'un l'altro, sapremo aiutare le nostre famiglie, la città degli uomini, il nostro Paese, il mondo, ad essere comunità! Fratelli tra di noi per vivere 'fratelli tutti' con tutti". Lo ha detto il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nel suo intervento introduttivo, nella Basilica romana di San Paolo fuori le Mura, alla Prima assemblea sinodale delle Chiese in Italia. "Sentiamo con noi le nostre Chiese e le nostre comunità - ha osservato -, ma anche le città degli uomini, piccole e grandi, perché tutte importanti e amate da Dio". E secondo Zuppi, "l'orizzonte non è solo il nostro Paese, ma anche l'Europa, che non dimentichiamo deve continuare, o forse riprendere, a respirare con i due polmoni, e il mondo intero. Oggi contempliamo, attraverso la nostra presenza, tutte le Chiese in Italia".

Guardando alla Basilica che ospita i lavori, Zuppi ha sottolineato che "la sua grandezza ci ricorda che la Chiesa è una casa larga, accogliente, casa che prepara un posto per tutti, dove ognuno è accolto e amato, dove tutti impariamo a vivere secondo il comandamento del Signore. Casa, non realtà anonima o aziendale". "Il Signore ci chiama e ci manda, oggi, in questo mondo difficile e terribilmente sofferente, che impaurisce e sembra cancellare il futuro. Siamo confrontati con ingiustizie insopportabili, ad iniziare dalla guerra, alle quali non vogliamo abituarci", ha osservato il presidente della Cei, secondo cui "non possiamo accettare che sia la logica del più forte o del più furbo a prevalere".

"E verrebbe da domandarci se non preghiamo troppo poco per la pace in un mondo così sconvolto dalla guerra - ha proseguito -. La guerra, i cambiamenti degli scenari politici, le forze occulte e i poteri di interessi economici stanno rimescolando, in maniera non facilmente prevedibile, gli assetti del mondo, tanto che si ha la sensazione di essere una barca sbattuta dai venti in un mare in tempesta. I combattimenti appaiono lontani dai nostri Paesi ma il clima conflittuale non è lontano". Questo clima "si riflette sulla società italiana: la spietata avanzata del numero dei femminicidi, la crescita della violenza tra i giovani, l'inasprirsi del linguaggio sempre più segnato dall'odio, i casi di antisemitismo, che non possiamo tollerare, sono come semi che da sempre il male getta nei cuori e nelle relazioni delle persone e contaminano i cuori e i linguaggi".

Secondo Zuppi, "chi ha incarichi pubblici porta una responsabilità ancora maggiore perché non deve avere modalità e parole violente e pericolose, dentro una logica di polarizzazione, finendo per cercare solo ciò che divide, pensando così di difendere le proprie convinzioni e considerando addirittura pericoloso amare e difendere ciò che unisce, ovvero la collaborazione indispensabile per affrontare problemi così grandi".

"Non dobbiamo mai smettere di lavorare con pazienza e intelligenza per l'unità del nostro Paese, certo, nella laicità e nel pluralismo delle politiche e delle opinioni, ma sfuggendo alla banalizzazione della vita, al nichilismo, all'aggressione e alla contrapposizione come modalità del parlare e del decidere", ha aggiunto. Per Zuppi, leggere e qualificare le posizioni della Chiesa "in un'ottica politica, deformando e immiserendo le sue scelte a convenienze o partigianerie, non fa comprendere la sua visione che avrà sempre al centro la persona senza aggettivi e limiti… Come Chiesa, di tempo in tempo, con la nostra esperienza umana dell'Italia, maturata tra la gente, esprimiamo 'preoccupazioni' che non sono mai per dividere o alimentare contrapposizioni, ma per fortificare quel bene comune che esiste e che va perseguito e difeso", ha concluso.

[Questo articolo è stato pubblicato ieri dall'ANSA; Foto: Vatican News]