“Ciò che ci unisce”. Parolin sulla diplomazia vaticana alla prova di una “terza guerra mondiale a pezzi”.

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Sul numero di dicembre di Tracce, rivista internazionale di Comunione e Liberazione, sarà pubblicata un’intervista esclusiva al card. Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede. Qui di seguito alcuni passaggi.

Ogni guerra è sempre una sconfitta, poiché tutte seminano morte e distruzione, alimentando sentimenti di rivincita e di vendetta. Non vi sono dunque guerre giuste e guerre sbagliate. Il giudizio negativo sulla guerra non preclude, tuttavia, il diritto alla legittima difesa della parte aggredita in un conflitto. (…) Tuttavia, bisogna tenere presente che il diritto alla legittima difesa deve essere teso anzitutto a salvaguardare la vita di chi ha subìto l’aggressione e deve sempre essere proporzionata all’offesa ricevuta.

La soluzione “due popoli-due Stati” è la soluzione politica più urgente da percorrere, non appena le condizioni lo permettano, perché risponde alla legittima aspirazione degli israeliani e dei palestinesi: avere una propria nazione e vivere fianco a fianco in pace, sicurezza e stabilità. (…) Naturalmente ciò non può essere improvvisato. C’è bisogno sia di un quadro normativo chiaro che entrambe le parti devono rispettare, come anche gli Accordi di Oslo cercavano di promuovere, ma anche della fiducia reciproca, che purtroppo ora è ai minimi storici, se non azzerata completamente. (…) . Ora più che mai la liberazione di tutti gli ostaggi e il cessate il fuoco potrebbe aiutare a che la situazione non precipiti ulteriormente, scongiurando un allargamento del conflitto che lo renderebbe ancor più inaccettabile. Questa grande sofferenza certamente renderà molto difficile qualsiasi negoziato, qualsiasi soluzione. Ma se si potesse ripartire dal concetto della sacralità della vita, allora si potrebbe recuperare il senso dell’umanità e della fraternità necessaria.

Il male che mina alla radice il nostro vivere, nei rapporti tra persone, tra gruppi, tra nazioni, è, a mio parere, la mancanza di fiducia. Non ci fidiamo più gli uni degli altri, per cui erigiamo barriere per difenderci, per garantirci, per proteggerci. Non riconosciamo più negli altri la buona fede e la retta intenzione. Tutto ciò si è tradotto e si traduce, a livello internazionale, nella crisi del multilateralismo. Il Papa ci direbbe che l’antidoto contro questa situazione, che oserei definire “tragica” perché genera e alimenta i conflitti, è l’incontro e il dialogo. Evitare di semplificare, di cadere nel manicheismo, nella propaganda unilaterale, nell’isteria bellicosa, nella menzogna! Praticare l’apertura nei confronti dell’altro, visto come fratello (è il tema della Fratelli tutti!) e non come avversario da schiacciare o su cui prevalere a ogni costo. Aprirsi alle ragioni dell’altro, cercare di capirle. Assumere il dolore dell’altro e degli altri.

Sottolineerei poi l’efficacia della preghiera e, quindi, la sua necessità: perché, come ricorda il Concilio Vaticano II, tutte le tensioni e i conflitti nel mondo nascono da quello squilibrio profondo che c’è nel cuore dell’uomo. Uno squilibrio che è legato al primo peccato, la disobbedienza a Dio, e viene approfondito dai nostri peccati personali. E chi può intervenire a sanare il cuore dell’uomo, a guarirlo, a pacificarlo se non Dio stesso?


L’intervista è stata realizzata da Stefano Filippi e sarà pubblicata online in versione integrale
domani venerdì 1 dicembre sul sito di CL www.clonline.org. Foto: Vatican News