Don Nandino Capovilla, “a Israele non si può consentire tutto. E’ così che siamo arrivati al genocidio”

A Tra Cielo e Terra parla don Nandino Capovilla, il sacerdote veneziano, esponente di Pax Christi, bloccato ieri ed espulso al suo ingresso in Israele perché ritenuto soggetto “pericoloso per la sicurezza dello Stato di Israele”. “Mi sembra il segno di un Paese allo sbando”, sottolinea. “Mi sono rifiutato di firmare il decreto di espulsione, quindi sono risultato doppiamente colpevole”. Il suo appello: “Non dobbiamo accettare tutto quello che dice e fa Israele: a forza di pensare al diritto di autodifesa siamo arrivati al genocidio”. “Ci sarebbero sanzioni da cominciare ad applicare, ma l’Italia purtroppo non lo fa”.
Di Antonella Palermo
“Una cosa drammatica. Mi sembra il segno di un Paese allo sbando”. Così don Nandino Capovilla, appena rientrato a Marghera (Venezia) via Grecia, dopo essere stato espulso ieri al suo ingresso in Israele, commenta a Tra Cielo e Terra il fatto di essere stato considerato ai controlli aeroportuali un soggetto “pericoloso per la sicurezza dello Stato di Israele”.
“Eravamo lì a fare uno dei nostri pellegrinaggi di giustizia – racconta -. Quelli che invitano a non tenere gli occhi chiusi, in cui non si visitano solo le pietre morte, ma quelle vive. Andiamo nei campi profughi, nelle parrocchie, ascoltiamo, ci uniamo alle denunce: uno stile che abbiamo mutuato da ‘Kairòs Palestina’, documento del 2009, delle Chiese contro l’Apartheid. La scelta è ben precisa: non tacere sulle possibilità del movimento nonviolento”.
Quindi la sorpresa all’aeroporto di Tel Aviv, al momento dei controlli. “Se non facesse sorridere per la mia persona, direi che è drammatico: mi sembra che sia segno di un Paese allo sbando – osserva -. Come è possibile si arrivi a tanto? Io mi sono rifiutato di firmare il documento ‘denied entry’ (il decreto di espulsione, ndr). E’ un atto del 1952 che in sostanza dice che la persona non è gradita”.
“Quindi la mia colpa è stata duplice – prosegue l’esponente di Pax Christi -: essere ‘non gradito’ e non accettare l’espulsione”. “Sono stato portato in una stanza dove sono rimasto per tante ore – spiega -. Ero con altre tre persone in un centro di immigrazione clandestina, ma non c’è stato nessun maltrattamento, naturalmente. Certo, devi insistere, per esempio, per andare al bagno affinché ti venga concesso… Diciamo che privare della libertà personale non è possibile…”.
“Poi le pressioni, non so bene nemmeno chi per la precisione, sia pubbliche, politiche, sia ecclesiali (la Santa Sede, il Patriarca Pizzaballa…) hanno portato ad accelerare la mia partenza. Perché noi dobbiamo pensare che non c’è mai un ripensamento. Ma noi ci dobbiamo convincere che non è che tutto quello che Israele dice dobbiamo accettarlo”. Su questo Don Nandino è molto chiaro: “Siamo arrivati a un genocidio, con questa nostra pessima abitudine di dire ‘eh, va beh…è l’autodifesa’. Questo è un disastro, vale sulle piccole cose ma anche sulle grandi: come è possibile che possiamo pensare ci sia l’uccisione delle persone in fila per il pane? Eppure abbiamo accettato anche questo! – sottolinea amaramente il sacerdote – Io ho avuto una mia piccolissima esperienza, non faccio testo rispetto alle grandi questioni, però…”.
Alla domanda su cosa gli resterà di questa esperienza, don Capovilla risponde: “Purtroppo, la decisione di non poter più entrare in Israele, e in Palestina. Questa decisione prevede che se io voglio ritornare devo fare richiesta specifica e verrò valutato in base a delle condizioni… Questo ‘denied entry’ è un provvedimento molto pesante. Sarebbe definitivo. Si potrebbe dire ‘lei può andare in Palestina’, ma noi sappiamo che il territorio è tutto, tutto sotto controllo israeliano”.
Che scenario intravede? “Disastroso. Non possiamo perderci e sempre fingere. Adesso ci attacchiamo, che so, al riconoscimento dello Stato di Palestina. Ma dobbiamo cominciare a sanzionare questo Stato di Israele. Abbiamo degli impegni precisi come Paesi terzi membri della Corte penale internazionale. Sono state già decise le cose che l’Italia deve fare ma noi, come Paese, non facciamo questa pressione”.
[Foto: Facebook/Nandino Capovilla]