Dopo Francesco, quale Chiesa?

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Molti i messaggi di cordoglio dei leader mondiali per il pontefice appena defunto, ma per il cattolicesimo già si apre la questione relativa alla successione. Sempre per un punto di vista ‘laico’ e orientato alla geopolitica, questo il focus dell’ISPI.

“Un globalista in un’epoca di nazionalisti”. Sono queste le parole scelte da Ishaan Tharoor sulle colonne del Washington Post per tratteggiare il ritratto di Jorge Mario Bergoglio, papa Francesco, eletto il 13 marzo 2013 e morto ieri, 21 aprile 2025, all’età di 88 anni. Il suo pontificato lascia un’eredità di riforme, apertura della chiesa al mondo e attenzione agli ultimi. Primo papa gesuita e latino-americano, come successore di Pietro ha segnato il cattolicesimo con la sua visione di una “Chiesa in uscita”, promuovendo misericordia, cura del creato e attenzione verso le periferie del mondo. La sua scomparsa dopo una lunga malattia ha scosso il mondo, suscitando reazioni di cordoglio dai quattro angoli del globo, ma aprendo anche cruciali interrogativi sul futuro della chiesa di Roma. Sebbene il proverbio reciti “Chi entra in conclave da papa, ne esce da cardinale”, iniziano già a circolare ipotesi sui possibili successori di Francesco. La prossima fumata bianca dipenderà dalla volontà del Collegio Cardinalizio elettivo, la cui composizione – mutata rispetto alle ultime elezioni papali – è lo specchio dei cambiamenti geopolitici del nostro tempo: Asia, Africa e America Latina sono più rappresentate, anche se l’Europa mantiene una posizione dominante.

Cordoglio globale?

La morte di Papa Francesco ha suscitato messaggi di vicinanza e cordoglio a livello globale, riflettendo la sua statura non solo come leader religioso, ma anche come Capo di Stato. Il presidente Sergio Mattarella ha espresso “grande dolore”, definendo Francesco un “punto di riferimento” per l’Italia. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha lodato il suo impegno per la pace e annunciato che prenderà parte ai funerali, in programma per sabato 26 aprile, mentre Vladimir Putin ha ricordato Bergoglio come “difensore della giustizia” e promotore del dialogo con la Chiesa ortodossa russa. Re Carlo III ha elogiato la sua “compassione” e l’ecumenismo, mentre il presidente argentino Javier Milei, connazionale del pontefice, ha definito un “onore” averlo conosciuto. Il presidente statunitense Donald Trump, con la moglie Melania, ha annunciato la sua presenza agli imminenti funerali, mentre il vicepresidente JD Vance – tra gli ultimi a incontrare Bergoglio prima della sua morte – ha ricordato il pontefice postando sui social l’omelia pronunciata nel 2020, durante la pandemia, in una Piazza San Pietro deserta.

Cosa succede ora?

La morte di un papa attiva un protocollo secolare, regolato dalla Universi Dominici Gregis, la costituzione apostolica della Chiesa cattolica promulgata da Giovanni Paolo II nel 1996. Dopo il decesso, accertato dal medico e confermato dal cardinale camerlengo, inizia la sede vacante. Il camerlengo sigilla gli appartamenti papali e gestisce l’amministrazione. Seguono i novendiali, nove giorni di lutto, mentre i cardinali si riuniscono in congregazioni generali per organizzare il conclave. I cardinali elettori (tutti sotto gli 80 anni, come stabilito da Papa Paolo VI) votano nella Cappella Sistina fino a raggiungere i due terzi dei consensi. La fumata bianca annuncia l’elezione, seguita dall’Habemus Papam. Ad oggi il Collegio Cardinalizio conta 135 elettori: 20 in più rispetto ai 115 delle tornate precedenti, che portarono all’elezione di Ratzinger prima e di Bergoglio poi. Dall’Europa provengono ben 55 cardinali elettori (pari al 40,7%), ma Asia, Africa e America Latina sono più rappresentate rispetto al 2013 (quando l’Europa aveva il 52,2% dei porporati elettori). Francesco, creando il 77% degli attuali elettori, ha dunque reso la Chiesa meno eurocentrica.

Quali papabili?

Il conclave per il successore di Francesco, che dovrebbe tenersi tra il 5 e il 10 maggio, sarà cruciale. A poche ore dalla dipartita di Bergoglio, già circolano diversi nomi, alcuni dei quali riflettono la globalizzazione della Chiesa e il progressivo decentramento del cattolicesimo rispetto all’Europa. Tra i papabili ‘romani’ spiccano i nomi del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato e capo della diplomazia vaticana sotto Bergoglio, che garantirebbe una certa continuità. Il filippino Luis Antonio Tagle, prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, potrebbe essere il primo papa asiatico, incarnando il dinamismo del cattolicesimo in Asia e diventando così il secondo papa del Sud Globale dopo Francesco. L’ungherese Péter Erdő rappresenterebbe l’Europa centrale, mentre il ghanese Peter Turkson, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, simboleggerebbe l’Africa, continente chiave per la Chiesa di oggi sia a livello spirituale che, soprattutto, demografico. Ognuno di questi candidati, ammesso che uno di loro ascenda effettivamente al Soglio pontificio, riflette il peso geopolitico e il retroterra culturale del proprio continente nel mondo di oggi: l’Europa cerca stabilità, l’Asia espansione, l’Africa centralità. La scelta, dunque, dovrà bilanciare l’eredità di Francesco con nuove priorità globali.

[Fonte e Foto: ISPI]