“Ferite di confine”: nuovo report del Tavolo Asilo e Immigrazione sul ‘modello Albania’

Il nuovo assetto operativo del cosiddetto “modello Albania” è un dispositivo di “detenzione amministrativa transnazionale a bassa trasparenza e ad alto potenziale lesivo dei diritti fondamentali”. Lo denuncia il nuovo report del Tavolo asilo e immigrazione (Tai), intitolato Ferite di confine, che documenta la nuova fase operativa del Protocollo Italia-Albania, con un focus sui trasferimenti coatti nel centro di Gjader, convertito di recente in Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr), aggiungendosi così agli 11 già esistenti sul territorio italiano.
Secondo quanto ricostruito dalle 47 organizzazioni aderenti al Tai – tra cui Amnesty International, Emergency, Caritas italiana, Fondazione Migrantes, Medici per i Diritti Umani, Save the Children, Arci e molte altre – il trasferimento di persone migranti già trattenute nei Cpr italiani verso la struttura albanese è avvenuto finora senza alcun provvedimento scritto e motivato. Le persone, ammanettate con fascette anche per 20-24 ore, sono state prelevate all’improvviso, spesso di notte, e condotte all’estero senza sapere la destinazione finale. Un’operazione definita nel report “illegittima, disumana e lesiva della dignità”, in aperta violazione della Costituzione e delle norme europee sui rimpatri forzati.
Ma non è solo la procedura a essere criticata. Le condizioni materiali nel centro di Gjader – spiega il Report – aggravano ulteriormente la vulnerabilità dei trattenuti. Le testimonianze raccolte dagli operatori durante le missioni di monitoraggio parlano di isolamento, carenza di mediazione culturale, accesso alle cure e alla tutela legale limitato e forte incidenza di episodi autolesivi. In poco più di un mese, si sono registrati almeno 42 “eventi critici”, di cui 21 episodi di autolesionismo o intenti suicidari.
Il TAI – riporta Migrantes Online – sottolinea anche la “grammatica opaca” con cui viene gestita tutta l’operazione: un blackout informativo che esclude Parlamento, giornalisti e società civile da ogni forma di controllo. Le richieste di accesso agli atti rimangono inevase, i parlamentari in missione ottengono risposte parziali o nulle o comunque, come ha sottolineato al parlamentare Rachele Scarpa, non congruenti con quanto rilevato nelle visite in loco.
Numeri alla mano, l’intera operazione – finora costata circa 800 milioni di euro in cinque anni – ha prodotto, al momento del Report, il trasferimento di appena 132 persone, con soli 32 rimpatri effettivi.
In sintesi, secondo il Tai, da un punto di vista giuridico, sono tre le principali questioni confermate dal nuovo Report:
- il trasferimento e trattenimento coattivo senza provvedimento giudiziario e senza comunicazione della motivazione.
- l’enorme affievolimento o non esercitabilità dei diritti delle persone trattenute, anche se formalmente vigenti.
- la non conformità con la normativa Ue, anche quella “in cantiere”, prevista nel Patto per la migrazione e l’asilo.
Alla luce delle gravi violazioni documentate, il Tavolo asilo e immigrazione chiede la sospensione immediata dei trasferimenti, la cancellazione del Protocollo con l’Albania e l’apertura di un’inchiesta indipendente sul funzionamento del centro di Gjader.
L’Associazione Don Bosco 2000, “senza diritti, senza voce: migranti trasferiti come pacchi. È tempo di dire basta”
“Nessun essere umano è illegale. Nessun diritto può essere sospeso in nome della paura o dell’indifferenza”, afferma duramente Agostino Sella, presidente dell’Associazione Don Bosco 2000.
“Apprendiamo con profonda preoccupazione”, dice, quanto emerso nel dossier “Ferite di confine” a firma del Tavolo Asilo e Immigrazione, che denuncia gravissime violazioni di diritti fondamentali nei trasferimenti dei migranti dai CPR italiani alla struttura realizzata a Gjadër, in Albania.
Secondo il rapporto, già 132 persone sarebbero state trasferite in modo coatto, senza provvedimenti scritti e motivati, spesso senza preavviso, in stato di costrizione e senza la possibilità di conoscere la propria destinazione. “Questi elementi costituiscono una palese violazione del diritto nazionale e internazionale, oltre che un atto disumano, lesivo della dignità della persona”, sottolinea Sella.
E aggiunge: “Siamo di fronte a un modello opaco e irresponsabile, che ignora i principi costituzionali e alimenta l’idea che i migranti siano problemi da nascondere, invece che persone da accogliere. Questa politica dei trasferimenti forzati, lontano dagli occhi e dalle coscienze, tradisce il senso di umanità su cui dovrebbe fondarsi una democrazia. Le nostre comunità continuano ogni giorno ad accogliere, integrare, costruire percorsi di vita. Questi centri vanno chiusi”.
Tutto questo avviene mentre il Mediterraneo continua a essere teatro di morte, ricorda l’Associazione. Negli ultimi giorni, due bambini innocenti hanno perso la vita durante traversate disperate verso le nostre coste. Secondo quanto denunciato da Sea-Watch, le autorità italiane non sarebbero intervenute prontamente, lasciando i migranti in balìa di condizioni proibitive e al ribaltamento delle imbarcazioni. “È inaccettabile che i soccorsi in mare possano essere ostaggio di leggi disumane. Salvare vite non può mai essere un crimine”.
“Ribadiamo con forza che l’accoglienza è un dovere civile e morale. Chiediamo con decisione la chiusura del centro di Gjadër, la fine delle deportazioni senza garanzie e il ripristino della legalità costituzionale e dei principi umanitari”, conclude.
[Foto: Tavolo Asilo e Immigrazione]