Il grido del Papa, “fermare la tragedia della guerra prima che sia tardi”

Appello di Leone XIV all’Angelus. “La comunità internazionale ha una responsabilità morale. La diplomazia faccia tacere le armi”.
CITTÀ DEL VATICANO, 22 GIU – “Fermare la tragedia della guerra, prima che diventi una voragine irreparabile. La diplomazia faccia tacere le armi!”.
Che Leone XIV facesse sentire la sua voce, a poche ore dall’attacco Usa in Iran, era in qualche modo atteso, ma il suo intervento all’Angelus sorprende ugualmente per forza e perentorietà. Il Papa americano non nomina espressamente il suo Paese d’origine, ma l’allarme per la piega che ha preso il conflitto e le sue possibili espansioni è ai massimi livelli.
“Oggi più che mai, l’umanità grida e invoca la pace – afferma Prevost – È un grido che chiede responsabilità e ragione, e non dev’essere soffocato dal fragore delle armi e da parole retoriche che incitano al conflitto”. E secondo il Pontefice, “ogni membro della comunità internazionale ha una responsabilità morale: fermare la tragedia della guerra, prima che essa diventi una voragine irreparabile”.
Papa Leone sottolinea il susseguirsi di “notizie allarmanti dal Medio Oriente, soprattutto dall’Iran”. E la sua preoccupazione è anche che “in questo scenario drammatico, che include Israele e Palestina, rischia di cadere in oblio la sofferenza quotidiana della popolazione, specialmente a Gaza e negli altri territori, dove l’urgenza di un adeguato sostegno umanitario si fa sempre più pressante”.
“Non esistono conflitti ‘lontani’ quando la dignità umana è in gioco”, avverte il Papa, secondo cui “la guerra non risolve i problemi, anzi li amplifica e produce ferite profonde nella storia dei popoli, che impiegano generazioni per rimarginarsi”.
“Nessuna vittoria armata potrà compensare il dolore delle madri, la paura dei bambini, il futuro rubato”, dice ancora. “Che la diplomazia faccia tacere le armi! – è l’appello finale al dialogo – Che le Nazioni traccino il loro futuro con opere di pace, non con la violenza e conflitti sanguinosi!”.
Essendo oggi il Corpus Domini, sempre all’Angelus Leone XIV invita a “implorare la Benedizione del Signore sulle nostre case, sulle nostre famiglie e su tutta l’umanità”. “Sia questa celebrazione un segno luminoso del nostro impegno ad essere ogni giorno – aggiunge -, portatori di comunione e di pace gli uni per gli altri, nella condivisione e nella carità”.
E nel pomeriggio, nella messa in Piazza San Giovanni in Laterano cui segue la processione eucaristica fino a Santa Maria Maggiore, il Papa amplia quanto detto ieri al Giubileo dei Governanti sulla “buona politica” che deve combattere la povertà, le disuguaglianze, gli squilibri, per farsi così anche promotrice di pace. “Davanti alla miseria di molti, l’accumulo di pochi è segno di una superbia indifferente, che produce dolore e ingiustizia. Anziché condividere, l’opulenza spreca i frutti della terra e del lavoro dell’uomo”, dice infatti nell’omelia: “Oggi, al posto delle folle ricordate nel Vangelo stanno interi popoli, umiliati dall’ingordigia altrui più ancora che dalla propria fame”.
Hanno lasciato il segno anche le parole del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, che a proposito della manifestazione a Roma contro l’impennata pro-armamenti ha detto apertamente: “è bene che ci sia una mobilitazione in generale per evitare la corsa al riarmo”.
Lo stesso Parolin, comunque, ha dovuto ammettere che “purtroppo non ci sono sviluppi incoraggianti per ora” per quanto riguarda gli ultimi appelli alla pace e alla negoziazione lanciati dal Papa, anche proponendo il Vaticano come sede di incontro e dialogo. Chissà se ora le parole di Prevost troveranno ascolto almeno nell’amministrazione Usa, che conta in posizioni-chiave ferventi cattolici come il vice presidente J.D.Vance e il segretario di Stato Marco Rubio.
[Questo articolo è stato pubblicato ieri dall’ANSA; Foto: Vatican News]