Il Papa ai vescovi italiani, “ogni comunità diventi una ‘casa della pace’, ogni diocesi educhi alla nonviolenza”

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CITTA’ DEL VATICANO, 18 GIU – “Annuncio del Vangelo, pace, dignità umana, dialogo: sono queste le coordinate attraverso cui potrete essere Chiesa che incarna il Vangelo ed è segno del Regno di Dio”. Così papa Leone XIV si è rivolto ai vescovi della Conferenza episcopale italiana, ricevuti in udienza stamane nell’Aula della Benedizione, in Vaticano.

Il Papa, che è vescovo di Roma oltre che primate d’Italia, già in questo suo primo incontro con i presuli della Penisola ha indicato una serie di proposte concrete, non mancando di sottolineare, tra l’altro, che “la Comunità cristiana di questo Paese si trova da tempo a dover affrontare nuove sfide, legate al secolarismo, a una certa disaffezione nei confronti della fede e alla crisi demografica”.

In ogni caso, “nell’esercitare il mio ministero insieme con voi, cari fratelli, vorrei ispirarmi ai principi della collegialità”, ha spiegato Prevost. E “questo principio di comunione si riflette anche in una sana cooperazione con le Autorità civili: la Cei è infatti luogo di confronto e di sintesi del pensiero dei Vescovi circa le tematiche più rilevanti per il bene comune. Essa, all’occorrenza, orienta e coordina i rapporti dei singoli Vescovi e delle Conferenze episcopali regionali con tali Autorità a livello locale”.

“In virtù del legame privilegiato tra il Papa e i Vescovi italiani, desidero indicare alcune attenzioni pastorali che il Signore pone davanti al nostro cammino e che richiedono riflessione, azione concreta e testimonianza evangelica”, ha premesso papa Leone.

Innanzitutto, “è necessario uno slancio rinnovato nell’annuncio e nella trasmissione della fede. Si tratta di porre Gesù Cristo al centro e, sulla strada indicata da Evangelii gaudium, aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui, per scoprire la gioia del Vangelo. In un tempo di grande frammentarietà è necessario tornare alle fondamenta della nostra fede, al kerygma“. E “si tratta di discernere i modi in cui far giungere a tutti la Buona Notizia, con azioni pastorali capaci di intercettare chi è più lontano e con strumenti idonei al rinnovamento della catechesi e dei linguaggi dell’annuncio”.

Secondo il Pontefice, poi, “la relazione con Cristo ci chiama a sviluppare un’attenzione pastorale sul tema della pace”, e “a diventarne artigiani nei luoghi della vita quotidiana”. “Penso alle parrocchie, ai quartieri, alle aree interne del Paese, alle periferie urbane ed esistenziali – ha osservato -. Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione”. Leone XIV, sulla scia di San Paolo, ha inteso affidare “a ciascuno una porzione concreta di responsabilità”.

“Auspico, allora – ha suggerito -, che ogni Diocesi possa promuovere percorsi di educazione alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro. Ogni comunità diventi una ‘casa della pace’, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono”. “La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi, più che mai, la nostra presenza vigile e generativa”, ha aggiunto.

Nel vero e proprio programma tracciato da papa Prevost, “ci sono poi le sfide che interpellano il rispetto per la dignità della persona umana. L’intelligenza artificiale, le biotecnologie, l’economia dei dati e i social media stanno trasformando profondamente la nostra percezione e la nostra esperienza della vita. In questo scenario, la dignità dell’umano rischia di venire appiattita o dimenticata, sostituita da funzioni, automatismi, simulazioni. Ma la persona non è un sistema di algoritmi: è creatura, relazione, mistero”.

“Mi permetto allora di esprimere un auspicio – ha detto -: che il cammino delle Chiese in Italia includa, in coerente simbiosi con la centralità di Gesù, la visione antropologica come strumento essenziale del discernimento pastorale. Senza una riflessione viva sull’umano – nella sua corporeità, nella sua vulnerabilità, nella sua sete d’infinito e capacità di legame – l’etica si riduce a codice e la fede rischia di diventare disincarnata”.

“Raccomando, in particolare, di coltivare la cultura del dialogo”, ha aggiunto papa Leone: “È bello che tutte le realtà ecclesiali – parrocchie, associazioni e movimenti – siano spazi di ascolto intergenerazionale, di confronto con mondi diversi, di cura delle parole e delle relazioni. Perché solo dove c’è ascolto può nascere comunione, e solo dove c’è comunione la verità diventa credibile. Vi incoraggio a continuare su questa strada!”.

In conclusione, il Pontefice ha voluto lasciare ai vescovi “alcune esortazioni per il prossimo futuro”. In primo luogo: “andate avanti nell’unità, specialmente pensando al Cammino sinodale”. “Restate uniti e non difendetevi dalle provocazioni dello Spirito. La sinodalità diventi mentalità, nel cuore, nei processi decisionali e nei modi di agire”, ha indicato.

In secondo luogo, “guardate al domani con serenità e non abbiate timore di scelte coraggiose! Nessuno potrà impedirvi di stare vicino alla gente, di condividere la vita, di camminare con gli ultimi, di servire i poveri. Nessuno potrà impedirvi di annunciare il Vangelo, ed è il Vangelo che siamo inviati a portare, perché è di questo che tutti, noi per primi, abbiamo bisogno per vivere bene ed essere felici”.

Infine, “abbiate cura che i fedeli laici, nutriti della Parola di Dio e formati nella dottrina sociale della Chiesa, siano protagonisti dell’evangelizzazione nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, negli ambienti sociali e culturali, nell’economia, nella politica”, ha concluso Leone XIV.

Zuppi al Papa, “le assicuriamo la nostra vicinanza in ogni suo sforzo per diffondere la pace”

“Grazie, Papa Leone, del suo presiedere questa comunione perché il primato garantisce la collegialità e la sinodalità”, ha detto il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, nel suo indirizzo di saluto. “Sono con noi le nostre Chiese e comunità, i preti, i consacrati, i laici, tanti compagni di strada che con impegno hanno intrapreso in questi anni il Cammino sinodale, per realizzare quell’invito che Papa Francesco ci rivolse proprio dieci anni fa a Firenze: ‘Puntate all’essenziale, al kerygma’, cioè a parlare in modo diretto e personale di Gesù. Ci chiese che fosse ‘tutto il popolo di Dio ad annunciare il Vangelo, popolo e pastori’ e suggerì che la Chiesa in Italia fosse protetta da ‘ogni surrogato di potere, d’immagine, di denaro’ (Discorso, 10 novembre 2015)”, ha ricordato.

“È stato ed è il nostro impegno per rendere ragione della speranza che è in noi (cf. 1Pt 3,8-17), per una Chiesa accogliente, vicina alle attese di tanti, di tutti, particolarmente dei poveri – ha aggiunto Zuppi -. Dopo dieci anni, ci piace ancora di più una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti; la desideriamo lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza e per essere così, se serve, ‘innoviamo con libertà’ (cf. Papa Francesco, Discorso, 10 novembre 2015)”.

“Vogliamo che tutti si sentano a casa nella casa di Dio, dove anche il fratello maggiore impara a sentire sua la festa della misericordia, della gratuità, della fraternità ritrovata – ha concluso il presidente dei vescovi -. A ottanta anni dalla fine della terribile Seconda Guerra Mondiale, confrontati con le guerre in cui anche oggi viene versato il sangue di Abele, vogliamo assicurarLe la nostra vicinanza nell’impegno che personalmente ha preso per ‘impiegare ogni sforzo perché questa pace si diffonda’ (Discorso, 14 maggio 2025)”.

[Foto: Vatican Media]