Migranti: Report 'Trattenuti', nel 2023 dai Cpr rimpatriato solo il 10% delle persone con ordine di espulsione

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ActionAid, "i Cpr italiani modello fallimentare e disumano per i centri in Albania". Dati inediti del funzionamento dei Cpr in Italia rivelano spazi invivibili, costi fuori controllo e gestione caotica. Il nuovo Report esamina 11 centri detentivi attivi in Italia nel 2023.

Cinquantamila persone straniere detenute dal 2014 al 2023 in centri che violano i diritti umani e sono un disastro per le finanze pubbliche in uno scenario di progressiva e deliberata confusione tra sistema di accoglienza e detentivo, caos amministrativo e costi astronomici. Così i CPR in Italia appaiono come modello di disumanità, gestione incontrollata e fallimentare da cui prendono forma i nuovi centri di trattenimento in Albania targati Governo Meloni.  
La Sicilia è il nuovo hub per il “trattenimento leggero” - come definito dal ministro Piantedosi – dei richiedenti asilo sottoposti a procedure di frontiera. E proprio dai CPR siciliani parte il 54% dei rimpatri nazionali, l’85% dei quali di soli cittadini tunisini: il sistema nei fatti trattiene persone in frontiera, in particolare in Sicilia, e si fonda sul solo accordo bilaterale con la Tunisia. I cittadini tunisini però nel 2023 sono stati meno dell’11% degli arrivi complessivi in Italia e sempre nel 2023 dai CPR è stato rimpatriato solo il 10% delle persone che ha ricevuto un ordine di espulsione. Il report “Trattenuti 2024. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri” di ActionAid e del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari ricostruisce il sistema di detenzione per il rimpatrio tra il 2014 e il 2023, con dati raccolti grazie a 97 richieste di accesso agli atti a Ministero dell’Interno, Prefetture e Questure e a 53 richieste di riesame. Tutte le informazioni in formato aperto al link https://trattenuti.actionaid.it/
Invivibilità degli spazi e politica fallimentare. I centri sono luoghi disumani: all’interno atti di autolesionismo, rivolte provocati dalle condizioni di estremo disagio e privazione dei diritti basilari delle persone, hanno portato a continui danni e distruzioni rendendo indisponibili gran parte dei posti. Il sistema funziona da sempre a capacità ridotta e nel 2023 al 53% della sua capienza ufficiale. Ad oggi sono aperte e funzionanti solo 10 strutture su 12 attive. Il tasso di efficacia della politica detentiva finora risulta irrisorio: dai CPR sono rimpatriati solamente il 10% nel 2023 delle persone colpite da un provvedimento di espulsione, cioè su 28.347 persone sono rimpatriate "solo" 2.987 dai CPR italiani. Il totale dei rimpatri è di 4.267 (comprensivo di tutte le procedure effettuate fuori dai CPR). “Una politica che ottiene il 10% dei risultati attesi è inammissibile, a meno che non si riconosca che l’obiettivo non è quello esplicito del rimpatrio, ma è quello di assimilare le persone migranti ai criminali, erodendo le basi del diritto d’asilo e del sistema di accoglienza”, commenta Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni per ActionAid.
Un elenco di record negativi. A Torino il costo del CPR, chiuso dal marzo 2023, è esorbitante: oltre 3 milioni di euro per l’affitto della struttura a Ferrovie dello Stato, ristrutturazioni straordinarie e saldo all’ultimo ente gestore. Quello di Roma a Ponte Galeria costa quasi 6 milioni tra 2022 e 2023. A Milano una gestione commissariata a seguito di indagini della procura in cui erano emersi frodi in pubbliche forniture, turbativa d’asta e condizioni infernali per i trattenuti.  A Gorizia la prefettura sostiene di non essere in possesso di dati contabili. Il Cpr di Brindisi, con una capienza effettiva di 14 posti, vede il costo medio di un posto superare i 71.500 euro all’anno.
Costi fuori controllo per centri senza regole. Sono cooperative e soggetti for profit, tra i quali anche una multinazionale, a gestire le strutture detentive tra confusione amministrativa e mancanza di trasparenza.
“Ci sono gestori di CPR esclusi dalle gare delle prefetture, il più delle volte a causa di illeciti e reati contro la Pubblica Amministrazione, ma che partecipano a nuove gare e continuano a gestire CPR in altre regioni” spiega Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni per ActionAid. “I gestori sono sempre gli stessi. Questi enti producono un guadagno non erogando quanto previsto dal contratto e facendo leva sui mancati controlli delle prefetture. Anche per questo, visti i monitoraggi come il nostro, sono sempre meno i soggetti disposti a gestire questi luoghi, soggetti che spesso si alleano con i propri concorrenti per vincere le gare”.
Sono chiari però i costi esorbitanti a fronte di un numero di posti limitati: quasi 93 milioni di euro il costo complessivo dal 2018 al 2023. Di questi, oltre 33 milioni spesi per la manutenzione dei centri, di cui oltre il 76% è stato utilizzato per interventi di manutenzione straordinaria, cioè ristrutturazioni dovute a danneggiamenti. A conferma che il prolungamento dei tempi di trattenimento comporta solo la crescita delle spese di manutenzione straordinaria: nel 2018 a 33 giorni di permanenza media in un Cpr corrispondono quasi 1.3 milioni di euro per costi di manutenzione straordinaria; nel 2022, a fronte di 40 giorni di permanenza media i costi erano balzati a 9.6 milioni.
L’intero sistema solo nell’ultimo biennio considerato (2022-2023) è costato 39 milioni e la spesa media annua di una struttura detentiva sale fino a un milione e 760mila euro, mentre il costo medio annuo di un posto raggiunge quasi 29 mila euro. Costi esorbitanti ma sottostimati, poiché non includono le ‘spese accessorie’. A Macomer, ad esempio, costa di più garantire il solo vitto e alloggio delle forze dell’ordine a presidio del CPR che gestirlo: 5 milioni e 800 mila euro tra 2020 e 2023 che, sommati a quanto speso per la sola struttura, portano il costo medio di un posto a superare i 52mila euro nel 2023. Anche a Palazzo San Gervasio per vitto e alloggio per le forze dell’ordine mediamente si spendono 680mila euro l’anno. Sommati ai costi di gestione e manutenzione, nel 2023, portano il costo medio di un posto a più di 45mila euro.
Due nuovi centri di frontiera in Sicilia. Con il Decreto Cutro è stato creato un nuovo sistema per la gestione rapida delle domande d’asilo e dei rimpatri con procedure direttamente in frontiera (o addirittura off-shore, come dimostra l’accordo con l’Albania). Il primo di questi nuovi Centri di trattenimento per richiedenti asilo (Ctra) è stato inaugurato nel 2023 a Modica (Ragusa) e, per il solo allestimento, è costato più di 1 milione e 650mila euro. Un secondo è sorto a Porto Empedocle (Agrigento) nel 2024. Altri due entro fine anno ad Augusta (Catania) e Trapani: 16 milioni di euro sul bilancio 2024 del Ministero della Difesa. Le norme e i centri per il trattenimento dei richiedenti asilo sono la vera novità introdotta nel sistema, ma tra 2018 e 2023 la loro presenza nei Cpr era già cresciuta dal 15,4% al 33,9%. Nel 2023 il 49% delle oltre 6.700 persone complessivamente entrate nei CPR sono state trattenute nei centri di Caltanissetta (17%), Roma (17%), Trapani (15%). Infine, le persone che fanno ingresso nei CPR direttamente dal carcere sono solo il 14,3% nel 2022 e il 16,4% nel 2023. Si tratta di persone che nella gran parte dei casi non possono essere rimpatriate.
“L’investimento nei CPR ha prodotto una crescita dei costi umani ed economici delle politiche di rimpatrio. Dal 2017 si rimpatria di meno, a costi più alti e in maniera sempre più coercitiva” continua Giuseppe Campesi, dell’Università di Bari, tra i massimi esperti in Italia di detenzione amministrativa e rimpatri. “Il ricorso a queste strutture ha già dimostrato di essere fallimentare, tuttavia, si continuano a presentare i centri di detenzione come una soluzione per aumentare il numero dei rimpatri. I dati raccolti, invece, dicono l’esatto contrario".
Ponte Galeria, il Cpr più costoso d'Italia nell'ultimo biennio

Nel 2023 a Ponte Galeria solo il 23% di rimpatriati e ben il 53% di persone liberate dai giudici . Cronaca (locale) di un fallimento nazionale. Nel periodo 2018-2023, il Cpr di Roma ha registrato una media di 97,3 presenze giornaliere e di 879 ingressi annuali, 1145 nel 2023 (121 le presenze nell’ultimo giorno dell’anno). Nel 2023 il 49% delle oltre 6700 persone entrate in un centro detentivo sono state trattenute nei centri di Caltanissetta (17%), Roma (17%), Trapani (15%).  Il tempo di permanenza medio tra 2018 e 2023 è stato di 30 giorni, più basso rispetto alla media nazionale di 36 giorni. Nel 2022 il tempo di permanenza medio è stato di 40 giorni e nel 2023 di 27. La percentuale media annuale di ingressi dal carcere (11,7%) è più bassa di quattro punti percentuali rispetto alla media nazionale, ma nell’ultimo biennio si riscontra un incremento: nel 2022 è pari al 21% e nel 2023 al 23%.

Quello di Ponte Galeria è un Cpr che pare fare storia a sé”, spiega Campesi, esperto di detenzione amministrativa dell’Università di Bari, tra i massimi esperti in Italia di detenzione amministrativa e rimpatri, “Diversamente da quanto accade per i centri di frontiera e per quelli che funzionano come propaggine del carcere, l’elevata incidenza di richiedenti asilo e la presenza delle donne sembra riflettersi sulla percentuale più elevata di dimissioni per provvedimento dell’autorità giudiziaria e sulla bassa incidenza dei rimpatri”.
L’incidenza dei richiedenti asilo (30,9%) è più alta di otto punti percentuali rispetto alla media nazionale tra 2018 e 2023: colpisce il dato degli ultimi due anni considerati che vedono i richiedenti asilo costituire il 51% degli ingressi nel 2022 e il 34% nel 2023. La percentuale di rimpatri eseguiti dal Cpr di Roma è del 29%, significativamente più bassa della media nazionale del periodo e isolando gli ultimi due anni cala ancora: nel 2022 è stato rimpatriato il 25% delle persone che vi hanno fatto ingresso e nel 2023 il 23%. Molto più alta del dato nazionale è la percentuale di uscite per non convalida dell’autorità giudiziaria (41%) che raggiunge il picco del 53% nel 2023, dato quest’ultimo da associarsi all’elevata incidenza di donne e di richiedenti asilo trattenuti nel Cpr. Unico Cpr a poter detenere donne, Ponte Galeria registra però una percentuale di trattenute sul totale degli ingressi in costante calo fino allo 0,7% del 2023, anno in cui solo 45 donne fanno ingresso nel Cpr di Roma.
Costi esorbitanti e gestione incontrollata. Nel giugno del 2021, la Prefettura di Roma ha pubblicato una nuova gara finalizzata all’affidamento in gestione del Cpr di Ponte Galeria, per la durata di 12 mesi. Ad aggiudicarsi la gara d’appalto è stata Ors Italia Srl, società che gestisce anche i Cpr di Torino (e fino ad inizio 2022 anche quello di Macomer) ed è stata sovente al centro delle polemiche per la scarsa qualità dei servizi di accoglienza offerti nelle strutture di cui era responsabile. La Prefettura ha ripetutamente prorogato il contratto con Ors Italia Srl, che gestisce ancora il Cpr in attesa dell’esito della gara d’appalto indetta nel luglio 2024.  “Il fenomeno della proroga indica mancata programmazione e difficoltà di reperire organizzazioni disposte ad amministrare questi luoghi”, afferma Fabrizio Coresi.
Nel periodo 2018-2023, il Cpr di Roma ha avuto un pro-capite pro-die medio di euro 35,51 (39,26€ quello del 2022 e 2023), poco al di sopra del dato nazionale. Nello stesso periodo il costo complessivo della struttura è stato di oltre quattordici milioni di euro, di cui il 23% spesi per costi di manutenzione straordinaria. Quasi 6 milioni di euro il costo dell’ultimo biennio considerato, il 33,5% dei quali per manutenzioni straordinarie. Nel 2023 il Cpr di Roma è costato oltre 2 milioni e 500mila euro, per un costo medio di un singolo posto di quasi 22mila euro. Tra 2018 e 2023 il Cpr romano è secondo solo alla struttura di Torino per costi, ma nell’ultimo biennio conquista la vetta di questa speciale classifica, seguito dal capoluogo piemontese.
Nonostante Ponte Galeria mantenga la capienza media effettiva più alta tra i Cpr di lungo corso, le elevate spese di manutenzione straordinaria registrate sono un chiaro indicatore, assieme alla continua oscillazione dei posti effettivamente disponibili nel centro, dell’invivibilità della struttura, sottoposta a continui danneggiamenti e a sistematiche ristrutturazioni straordinarie.”
L’analisi presentata impone nuove domande all’esecutivo e agli amministratori locali. Ci auguriamo che giornalisti, società civile e decisori ad ogni livello, vogliano usare i dati messi a disposizione dando vita a un dibattito informato e auspicando la chiusura di luoghi inumani e inutili, nonché di porre fine a una politica, mai valutata realmente, che a livello nazionale porta al 10% dei risultati attesi.
[Fonte: ActionAid; Foto: Garante nazionale privati libertà]