Migranti: veglia con il card. Reina per ricordare i morti nel Mediterraneo e sulle rotte verso l’Europa

A Santa Maria in Trastevere la preghiera “Morire di Speranza”.
ROMA, 18 GIU – “Oggi la nostra preghiera vuole essere un appello alle coscienze, alle coscienze di tutti.
Perché l’altro sia rispettato, l’altro sia amato, l’altro sia accolto, all’altro sia dato diritto di cittadinanza, gli sia data la possibilità di futuro. E per creare una mentalità, una cultura dell’accoglienza, dell’integrazione del rispetto. Fare in modo che sia una mentalità, una cultura condivisa, e passare poi a delle scelte, politiche nel senso ampio del termine, scelte che creino le condizioni affinché tuti, soprattutto i più fragili, siano rispettati”. E’ uno dei passaggi dell’omelia del cardinale Baldassare Reina, vicario del Papa per la diocesi di Roma, che questa sera ha presieduto la veglia a Santa Maria in Trastevere, nella basilica e in piazza, sono state ricordate le oltre 70mila persone morte dal 1990 a oggi nel mare Mediterraneo o nelle altre rotte, via terra, dell’immigrazione verso l’Europa.
“Noi siamo qui questa sera per ricordare i nostri fratelli che sono morti attraverso le varie rotte dall’Africa, come sulla rotta balcanica, o altri viaggi di speranza e disperati, sono morti perché cercavano la vita, perché avevano bisogno di futuro, di speranza, avevano sognato per loro stessi e per le loro famiglie qualcosa di diverso, che non fosse la carestia, che non fosse una guerra tribale, che non fosse la mancanza di lavoro”, ha detto Reina.
“E siamo qui questa sera per ricordarli, diverse sensibilità, fedi, religioni, confessioni, ma uniti da questo grido di dolore, uniti da questo incessante, ininterrotto grido e bisogno di vita al quale non dobbiamo essere indifferenti, non possiamo e non dobbiamo, a pena di vanificare ogni forma di esperienza religiosa e ogni forma di autentica umanità”, ha avvertito il vicario del Papa.
“Perché l’uomo è tale nella misura in cui si accorge dell’altro, si accorge, si rende conto che c’è – ha ricordato -: siamo uomini, siamo donne, nella misura in cui ci accorgiamo dell’altro, perché formiamo un’unica famiglia umana, ‘fratelli tutti’ come ci ha ricordato papa Francesco, da poco ritornato in cielo. Siamo tutti fratelli: e allora in quanto fratelli siamo responsabili della vita dell’altro”.
Alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato, che si celebra il 20 giugno, l’iniziativa di preghiera “Morire di Speranza” è stata organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alle altre associazioni impegnate nell’accoglienza e nell’integrazione delle persone fuggite da guerre o da situazioni insostenibili nei loro Paesi: Centro Astalli, Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Acli, Scalabrini International Migration Network, Comunità Papa Giovanni XXIII, Acse.
Negli ultimi cinque anni, tra coloro che sono morti e dispersi, oltre il 38% sono donne e bambini. Negli ultimi due anni, in particolare, nonostante gli sbarchi siano diminuiti le morti sono percentualmente cresciute in relazione al numero degli arrivi. Una tragedia dai costi umani elevatissimi che deve scuotere la coscienza dell’Europa e spingerla a ripristinare missioni di salvataggio in mare e aprire vie legali e sicure, sul modello dei corridoi umanitari.
Durante la veglia, davanti alla croce fatta con il legno dei barconi, sono stati ricordati alcuni nomi di chi è scomparso e accese candele in loro memoria. Nella basilica e in piazza, attraverso un maxischermo, hanno partecipato numerosi immigrati di diversa origine, alcuni dei quali venuti in Italia con i corridoi umanitari. Presenti anche familiari e amici di chi ha perso la vita in mare.
[Questo articolo è stato pubblicato ieri dall’ANSA; Foto: Comunità di Sant’Egidio]