Mons.Paglia, “basta sprecare cibo, è vergognoso e intollerabile. Ne risponderemo a Dio e alla storia”

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“‘Scartare cibo significa scartare persone’. Questo scarto di persone, non di cibo, è intollerabile, insopportabile, esecrabile, fonte di immensa vergogna. E ne siamo responsabili davanti a Dio e alla storia”. Citando in parte le parole del Papa, monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, è intervenuto così oggi a Santiago del Cile, nella sede della Rappresentanza della Fao per l’America Latina e i Caraibi, alla conferenza “Prevenire e ridurre le perdite e gli sprechi alimentari nel contesto della sicurezza alimentare e nutrizionale. Una sfida intersettoriale”. Partecipavano ai lavori, nella prima tappa del viaggio di mons. Paglia in Cile e Argentina (23-30 agosto), il ministro cileno dell’Agricoltura, Esteban Valenzuela, e Maximo Torero, capo economista della Fao.

“Non importa se lo spreco alimentare in America Latina copre solo il 6% dello spreco mondiale – ha detto Paglia -. La percentuale obiettivamente bassa diventa subito tragica se, appunto, smettiamo di pensare al cibo per guardare le persone. I 47 milioni di persone sottonutrite in questo continente, l’aumento del tasso di denutrizione in questi ultimi anni. Le situazioni tragiche di alcuni paesi: due anni fa ero a Haiti; ho visitato gli slums di Port au Prince, ho incontrato persone gonfie di cibo spazzatura o scarnificate da una denutrizione cronica”. “Come è possibile continuare a far finta di niente, a sopportare, a non fare nulla?”, ha chiesto. “È il rosso del sangue di quella gente che pesa anche sulle nostre coscienze”.

Per il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, “non possiamo più permetterci di affrontare il tema del cibo in una logica meramente economica e di mercato”, e “poiché l’ambito agro-alimentare segna direttamente la vita delle persone, rispondendo ai loro bisogni primari, più che in altri campi, appare evidente come l’economia non può essere considerata come fine ultimo, ma come mezzo a servizio della vita delle persone e dell’edificazione di una società giusta. Men che meno, può essere padrone unico e indiscusso di tali processi una logica di mercato”.

Secondo Paglia, quindi, “affronteremo seriamente lo spreco alimentare solo quando riconosceremo che esso non è riconducibile a una sola questione di mercato, a qualcosa che possa essere definito e misurato in tabelle, statistiche e performance. Le vite umane eccedono tutto questo. Impongono superamenti di logiche di profitto e di budget. Chiedono la serietà di processi economici realistici e praticabili, ma non fanno di questi i fini dell’agire”.

L’arcivescovo ha voluto denunciare “la cultura dello scarto”, una logica che “è quanto di più lontano esista dal messaggio evangelico”. Occorre inoltre “combattere la rassegnazione”: “possiamo essere rassegnati davanti ai 47 milioni di persone sottonutrite in America Latina? Possiamo trattare con superficialità il fatto che l’agenzia in cui ci troviamo ci ricorda che con i 69 kg di cibo sprecati annualmente da ogni abitante di questo continente potremmo contribuire significativamente alla nutrizione di 30 milioni di queste persone?”.

Ecco quindi la sua indicazione di “tre piste concrete di lavoro”. La prima: “Accanto ai dati sulla produzione dovrebbe sempre essere segnalato anche quello dello scarto alimentare. Abbiamo bisogno di sentire il reale peso di questo scandalo. Inoltre, abbiamo bisogno di numeri che indichino il peso sociale di questo fenomeno”. La seconda: “Sono convinto che la piaga dello spreco alimentare possa risolversi solo mettendo insieme le forze: non è appannaggio unicamente di uno degli attori, non è responsabilità unicamente di qualcun altro”. E “lo spreco alimentare si può affrontare solo mediante una visione complessiva della realtà”.

La terza e ultima pista “è infine culturale”, e implica, anche nel campo dell’educazione, il saper “mostrare il valore del cibo e della tavola”, ha concluso Paglia, secondo cui “se una persona è cosciente della dignità e della bontà di sé, dei suoi cari e dei beni che ha a disposizione, allora spreca meno, fa dell’alimentazione un atto profondamente umano (la tavola e la cucina), si assume responsabilità nuove”.

(Foto: Wikimedia Commons)