Presepe in Vaticano: rimossi kefiah, culla e bambinello

Condividi l'articolo sui canali social

Dal presepe allestito quest'anno nell'Aula Paolo VI, in Vaticano, donato dalla città palestinese di Betlemme, sono stati rimossi la culla, il velo che la ricopriva in tessuto che ricordava la kefiah e anche l'immagine del Bambino Gesù. E' quanto si è potuto evincere dalle immagini di stamane dell'udienza generale nella Sala Nervi, pubblicate anche da Vatican News. Il Papa, tra l'altro, si è soffermato davanti all'immagine della natività, da dove però erano scomparsi culla, kefiah e bambinello. Nei giorni scorsi il fatto che in Vaticano era stato allestito un presepe in cui Gesù Bambino era adagiato su una kefiah aveva suscitato varie reazioni polemiche, e in particolare proteste dal mondo ebraico. Una per tutte, quella dell'American Jewish Committee - rilanciata anche dall'Ambasciata di Israele preso la Santa Sede - che su X aveva scritto: "Siamo delusi e turbati dal fatto che una tradizione religiosa significativa sia stata politicizzata in questo modo". Pubblichiamo quanto scritto, ad esempio, ieri dal portale dell'ebraismo italiano, Moked/Pagine Ebraiche.

Riccardo Calimani, "Gesù con la kefiah sciocchezza antistorica"

Sono passati più di trent’anni dalla pubblicazione di Gesù ebreo, uno dei libri di maggior successo di Riccardo Calimani. «Chi si ricorda più del perché il capodanno arrivi otto giorni dopo Natale? Quanti ricordano, nel momento in cui brindano all’anno nuovo, che festeggiano la circoncisione di un bambino ebreo? Conoscere le origini di questa storia può, forse, avvicinare uomini che credono di essere molto diversi», premetteva lo studioso dell’ebraismo italiano all’inizio della sua dotta ricostruzione per calare «nel reale contesto storico» la vita di Gesù.

Anche per questo Calimani si dice amareggiato per la “palestinizzazione” del presepe vaticano omaggiato da papa Francesco venerdì scorso, con al centro della scena il bambin Gesù avvolto da una kefiah. «Una vera sciocchezza. Lo dico da pacifista assoluto, che soffre senza distinzioni per tutte le popolazioni di quell’area. La guerra è lunga e logorante e sinceramente non capisco dove vada a parare. Ma prendere una posizione di quel tipo, farlo in quel modo, mina la comprensione dei fatti», sostiene Calimani, già presidente del Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara e della Comunità ebraica di Venezia.

Lo studioso si è dato una spiegazione per l’accaduto: «Il fatto è che gli ebrei sono “perturbanti”, ancor di più in una situazione di conflitto estenuante come questa. Ma non bisogna perdere di vista la realtà: Gesù è stato un ebreo osservante e come tale visse tutta la sua esistenza dalla nascita fino alla morte. Nel saggio mi sembra di averlo dimostrato in modo esauriente».

Il libro di Calimani ricevette all’epoca «un positivo riscontro nell’opinione pubblica», sottolinea l’autore. Ma ci fu anche chi in ambito ecclesiastico non gradì, «come ad esempio il cardinal Gianfranco Ravasi, che scrisse una stroncatura: anni dopo comunque ci siamo rincontrati ed è stato più affettuoso rispetto ad allora; tra l’altro ha letto con attenzione e citato un mio successivo lavoro su Paolo di Tarso».

Calimani ricorda che all’uscita del libro ci fu «anche qualche diffidenza nel mondo ebraico e ancora oggi in quest’ambito c’è chi fa confusione tra la proiezione messianica del “Cristo” e la figura storica di Gesù l’ebreo: la prima evidentemente non ci riguarda, la seconda invece sì». Non fosse altro per affrontare con maggiore consapevolezza eventuali storture e strumentalizzazioni come quelle di cui sopra, sostiene l’autore di Gesù ebreo. Per Calimani, «il Dialogo deve servire a progredire in ogni senso e per questo è bene essere franchi e schietti, mai dimenticando che il mondo ebraico è anche abbastanza anarchico di per sé; noi il papa non ce l’abbiamo e ogni ebreo pensa con la sua testa».

[Foto: Vatican News]