Università Gregoriana, digitalizzata una terza lettera di Galileo

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In collaborazione con la società specializzata White Exchange.

ROMA, 22 APR - Le nuove tecnologie digitali si mettono sempre più al servizio dell'inestimabile patrimonio artistico e culturale custodito nell'Archivio Storico della Pontificia Università Gregoriana. La prestigiosa università è custode, fin dalla sua fondazione nel 1551 ad opera di Sant'Ignazio di Loyola, di molte e straordinarie opere d'ingegno del nostro passato.

La White Exchange Spa, conosciuta anche come Whtexch, è una società italiana specializzata nella valorizzazione del patrimonio artistico di opere di dimensione internazionale. Recentemente, ha completato con successo la digitalizzazione di una terza lettera di Galileo Galilei, in collaborazione con la Pontificia Università Gregoriana. La lettera, datata 17 Settembre 1610, rappresenta un importante contributo al sapere del grande scienziato.

"La Società sta consolidando legami con influenti attori globali, con l'intento di generare risorse finanziarie per il sostegno di enti culturali. Queste risorse sono spesso destinate alla conservazione e al restauro del patrimonio artistico", spiega all'ANSA Simone Russo, co-fondatore e Ceo di White Exchange.

"Attraverso la vita digitale di opere d'arte - sottolinea -, l'iniziativa si propone anche di promuovere la conoscenza delle nuove generazioni, in linea con la quarta Rivoluzione Industriale che permea sulla trasformazione digitale della società". Il percorso proposto da White Exchange "unisce il passato e il futuro, offrendo nuovo vigore al patrimonio artistico. Confidiamo che questo percorso possa aprire nuove porte per la fruizione della bellezza e dei valori culturali che hanno reso illustre la nostra storia nel panorama mondiale".

I primi documenti scelti con la Gregoriana per dare il via al progetto sono state nel 2023 due lettere di Galileo Galilei, due testimonianze concrete dell'impegno centenario dei Gesuiti nella ricerca della "sapientia".

La prima lettera, datata 30 dicembre 1610, è indirizzata a Cristoforo Clavio. Il gesuita è noto ai più per aver determinato nel 1582 il calendario Gregoriano, e descrive le osservazioni dei satelliti di Giove.

Dalle parole che Galileo Galilei scrive al gesuita Cristoforo Clavio emerge l’eccezionalità della relazione intellettuale che univa questi due “magistri astronomiae”. I due studiosi erano pionieri nello studio e nell’osservazione dei corpi celesti. In particolare Clavio ebbe modo di confermare le clamorose scoperte astronomiche che Galilei aveva realizzato con il telescopio nel 1610 e condiviso con lui via lettera: la scoperta delle quattro lune di Giove, da lui chiamati “pianeti medicei” in onore della famiglia de Medici, e le fasi di Venere, che furono una delle argomentazioni cardine per avvalorare la teoria eliocentrica.

La seconda lettera attiene ad osservazioni della superficie lunare del 7 gennaio 1610. Grazie all'uso del telescopio Galileo riuscì per la prima volta ad osservare la discontinuità della superficie della Luna.

Fino a quel momento la superficie lunare era ritenuta perfettamente omogenea, tutt’al più screziata da alcune macchie scure, visibili anche ad occhio nudo. Ciò che vide, Galileo tentò di riprodurlo nei disegni, dove il chiaroscuro evidenzia la parte di superficie lunare illuminata dal Sole in vari momenti. La prima scoperta fu che la linea di demarcazione tra la parte illuminata e quella oscura della Luna non era così netta come si pensava e si vedeva dalla Terra. Per usare le parole di Galileo, aveva invece “un termine molto confuso, anfrattuoso et aspro”, come ben visibile nei disegni. Questi riportano anche alcune macchie, la cui presenza, secondo lo scienziato pisano, non poteva lasciar supporre altro se non che la superficie lunare fosse “aspra et ineguale”.

L'archivio dell'Università Gregoriana racchiude opere e documenti cruciali per lo sviluppo culturale e artistico dell'umanità, il cui immenso valore storico, tuttavia, in molti casi è concausa dell'estrema fragilità di queste stesse opere e ne limita così la fruibilità e la diffusione. Con la tecnologia messa a disposizione da White Exchange si possono superare queste barriere. Ciò è possibile creando delle rappresentazioni digitali uniche e certificate delle opere custodite nell'Archivio Storico in grado di preservare e sostenere il patrimonio dell'Archivio Storico che necessita di continua manutenzione e risorse.

(Photo Credits: Pontificia Università Gregoriana)