Weigel, “una pace giusta non può essere raggiunta trattando le due parti moralmente alla pari”

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Per pura completezza dell’informazione, proponiamo il commento sulla missione di pace per l’Ucraina promossa da papa Francesco pubblicato sul Wall Street Journal da George Weigel, già biografo di Giovanni Paolo II, esponente del neo-conservatorismo cattolico statunitense, attivista impegnato in politica e nel sociale, consigliere anziano e direttore per gli studi cattolici all’Ethics and Public Policy Center di Washington D.C.. A parte le opinioni, ovviamente personali, espresse da mr. Weigel, che comunque è giusto conoscere, l’articolo – dal titolo “Una malaccorta missione papale a Mosca” – contiene alcune grossolanità che non si possono non sottolineare: come definire Andrea Riccardi “già candidato alla presidenza italiana”, cosa in realtà mai avvenuta, o la filosofa Donatella Di Cesare “fedele trasmettitrice della propaganda moscovita”.

Quando ad aprile gli è stato chiesto della guerra in Ucraina, Papa Francesco ha dato alcune notizie: il Vaticano stava lavorando a una “missione di pace” segreta. Poco dopo il pontefice nominò suo rappresentante personale per il progetto il cardinale Matteo Zuppi di Bologna, il candidato papale sogno dei cattolici progressisti. Sebbene l’obiettivo dell’iniziativa non sia mai stato chiarito, una recente presentazione di un libro a Roma, così come il primo incontro del cardinale Zuppi a Mosca, hanno sollevato seri interrogativi sulle idee che l’hanno informata e sui suoi possibili effetti.

L’evento del 4 luglio celebrava Andrea Riccardi, storico, già candidato alla presidenza italiana e autore di un nuovo libro, “Il grido della pace”. Il signor Riccardi è uno dei fondatori della Comunità di Sant’Egidio, un gruppo cattolico prevalentemente laico noto per il suo lavoro con i poveri, la sua passione per gli incontri ecumenici e interreligiosi e le sue incursioni nella politica globale. Presente a parlare nell’occasione Donatella Di Cesare: figura nota della televisione italiana e fedele trasmettitrice della propaganda moscovita, che ha affermato che il bombardamento russo di un ospedale pediatrico “non è mai avvenuto” e che una strage in un teatro è stata “una bufala”. Di ritorno dal viaggio a Mosca, ha parlato anche il cardinale Zuppi, senza dubbio per la sua lunga appartenenza a Sant’Egidio e il rapporto con i suoi vertici.

Durante la presentazione, il gruppo ha toccato diversi temi istruttivi e in particolare ne ha evitati altri. Hanno deplorato i “nazionalismi” di qualsiasi tipo e dichiarato fungibili concetti come identità nazionale e confini. Parlare di questi argomenti è stato descritto come una provocazione contro i vicini. La guerra, è stato detto, è sempre un massacro senza senso e non porta mai a soluzioni. Al contrario, non c’è stata né condanna morale dell’attacco non provocato della Russia all’Ucraina né della sua brutale guerra nei successivi 16 mesi. Nessuno ha parlato del dovere morale di uno stato giusto di proteggere i suoi cittadini da un aggressore letale.

Il cardinale Zuppi ha insistito sul fatto che il papa non lo ha nominato “mediatore” tra Russia e Ucraina. Eppure le sue osservazioni sulla storia come “laboratorio complesso” e la deprecazione da parte di altri oratori delle analisi geopolitiche “unilaterali” suggeriscono che né lui né Riccardi e la comunità di Sant’Egidio colgono la natura geopolitica o morale della guerra.

Sant’Egidio aspira da tempo ad essere un’aggiunta non governativa o addirittura un’alternativa alla segreteria di stato vaticana per la diplomazia papale. La comunità ha svolto un lavoro utile in Mozambico nei primi anni ’90, mediando la risoluzione di un conflitto armato tra rivali politici. La situazione in Ucraina, invece, è completamente diversa.

L’assalto di Vladimir Putin è una guerra di aggressione neocoloniale. L’Ucraina ha il diritto di difendere la propria sovranità e identità nazionale, che i russi hanno minacciato di sradicare. Per come si è svolta la missione di pace papale fino ad oggi, Sant’Egidio sembra aver imposto il suo concetto di risoluzione del conflitto – dialogo tra due parti politicamente e moralmente simmetriche, con Sant’Egidio come mediatore – a una situazione in cui tale approccio non può avere successo . Uno dei suoi grandi rischi, inoltre, è che rafforzi la posizione politica internazionale di Putin dando alle sue affermazioni una patina di plausibilità.

L’incontro del cardinale Zuppi con il patriarca Kirill attinge dal playbook di Sant’Egidio sul gelatinoso dialogo ecumenico. Il patriarca russo si è detto “contento” dell’arrivo del cardinale e ha definito l’incontro come uno tra “fratelli”. Eppure l’ultimo anno e mezzo ha dimostrato oltre ogni cavillo che questo ex agente del KGB non è un leader religioso ma uno strumento senza scrupoli del Cremlino. Il patriarca Kirill ha dichiarato giusta una guerra ingiusta, ha promesso una ricompensa celeste ai soldati russi che muoiono in Ucraina e ha fatto tutto ciò che era in suo potere per rafforzare l’autorità di Putin in Russia. Papa Francesco una volta ha avvertito il patriarca Kirill di non diventare il “chierichetto” di Putin. Da allora ha trasceso il servilismo per servire come facilitatore religioso del despota russo.

Perché, allora, una missione di pace vaticana tratta qualcuno che ha benedetto una guerra genocida come se fosse un vero uomo di chiesa? In che modo partecipare a quella menzogna promuove la causa della pace? Immaginiamo una “missione di pace” papale della seconda guerra mondiale a Berlino che si impegnasse in un dialogo con il Reichsbischof della Deutsche Christen sponsorizzata dai nazisti. Come avrebbe potuto giudicare la storia una simile iniziativa?

L’impegno di Papa Francesco per la pace è ammirevole e la sua missione potrebbe ancora svolgere un importante lavoro umanitario, ad esempio negoziando il rilascio di centinaia di civili ucraini presi in ostaggio dagli invasori o organizzando il ritorno dei bambini ucraini rapiti dalle truppe russe. In effetti, il Vaticano ha rivendicato alcuni progressi su quest’ultimo. Ma fintanto che il concetto di pacificazione della comunità di Sant’Egidio come dialogo tra parti politicamente e moralmente simmetriche è il quadro strategico della Chiesa per affrontare la guerra, la missione papale non può contribuire a una pace giusta.

(Fonte: The Wall Street Journal – George Weigel; Foto: www.georgeweigel.com)