Zuppi, 56 anni S.Egidio, “operare oggi per mondo che ancora non c’è”. A messa per anniversario anche Piantedosi, Crosetto, Schillaci

ROMA, 08 FEB – “Quanta gioia questa sera riempie le navate della Basilica! San Paolo non è piccola, oggi sembra piccola, quindi vuol dire che c’è molta gioia”. Così il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, ha esordito nella sua omelia nella messa nella basilica di San Paolo fuori le Mura, per i 56 anni della Comunità di Sant’Egidio. Presenti alla liturgia anche i ministri Matteo Piantedosi, Guido Crosetto e Orazio Schillaci, e altre personalità tra cui il segretario generale della Cgil Maurizio Landini.
“Contempliamo l”evangelii gaudium’, la gioia del Vangelo – ha detto Zuppi -, i tanti doni che attraverso la Comunità di Sant’Egidio hanno reso beata la vita di tanti. Un popolo grande, che ha ricevuto tanta acqua buona, che toglie la sete e anzi fa diventare i nostri cuori stessi una sorgente”. “Non stanchiamoci di stupirci per quanto le vie del Signore sono diventate le nostre vie – ha proseguito -, e quel piccolissimo seme gettato il 7 febbraio 1968 non smette di dare tanti frutti”.
“Ecco perché oggi lodiamo il signore – ha sottolineato Zuppi -, non ignoriamo i limiti, anzi sentiamo l’inquietudine per il tanto che resta da fare, l’ansia di fare di più per i tanti di cui sentiamo la sofferenza nella drammatica vicenda del mondo, nelle doglie di un parto terribile che vive il mondo”.
Il presidente Cei ha parlato di “una gioia che si scontra con un mondo che continua a frantumarsi a motivo delle guerre”, “un mondo dove vediamo tanta violenza, il terrorismo diffuso, la povertà”. “Una cultura di violenza sembra conquistare sempre più spazio – ha osservato -, sembra essere pervasiva, convincente, dinanzi alla ricerca di sicurezze sembra dare più sicurezze e la maggioranza delle persone si chiude in se stessa”. “Una tendenza che ci porta alla rovina”, ha avvertito.
“Ma è solo uscendo da sé che capiamo chi siamo – ha detto ancora Zuppi -. Ed è uno dei motivi per cui ringraziamo la Comunità: ci ha fatto uscire da noi stessi e amare gli altri”.
Il cardinale ha quindi ringraziato “l’iniziatore” Andrea Riccardi, il presidente Marco Impagliazzo e quanti collaborano con lui, “perché questa comunione così articolata sia sempre una famiglia, con un tratto di fraternità che non è mai scontata”. E ha ringraziato “quelli che aiutano il cammino della Comunità in tanti modi”. Essa “vuole essere davvero una casa, una famiglia”.
Secondo Zuppi, “la Comunità non si è ripiegata nella mediocrità e nel compromesso con il tiranno dell’individualismo. La radicalità dell’inizio è diventata la roccia di un amore fedele, è diventata passione”. Ricordando la Gaudium et Spes, ha detto: “Gioia e speranza, è proprio quello di cui ha bisogno il mondo, segnato da tanta disillusione, dal veleno del pessimismo.
Ha parlato di una “Comunità figlia del Concilio”: “Ecco quello che vuole essere nella sconvolgente tempesta del mondo”. “Vuole anche essere una profezia – ha continuato -, cominciare a vedere, a realizzare oggi quello che sarà domani. Ogni piccolo e umile servizio al prossimo è profetico, perché ritesse i fili della sociietà. Non si fa piegare, dice papa Francesco, dall”indietrismo’, ma cerca di vivere la passione dell’innamorato. Essere profezia del mondo che verrà, che chiede oggi di costruirlo, di renderlo possibile, in mezzo alle grida delle tante vittime, dei poveri. La scelta per un mondo più solidale, fraterno, dove nessuno è straniero perché per tutti prossimo”.
Per questo, in conclusione, Zuppi ha ringraziato “i fratelli dell’Ucraina, e anche quelli, purtroppo tanti, in altri territori armati, che cercano di lavorare per la pace. Cioè quello che oggi ancora non c’è. Tutti scelgano la pace e il Signore dia la pace”.
(Questo articolo è stato pubblicato oggi dall’ANSA; Foto: Comunità di Sant’Egidio)