Amnon Ramon, "dal sionismo religioso il disprezzo per i cristiani"

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Studioso ebreo delle minoranze cristiane nello Stato di Israele, il professor Amnon Ramon, in questa intervista a Cécile Lemoine per Terrasanta, offre la sua lettura sui sempre più frequenti episodi di oltraggio ai cristiani.

Amnon Ramon è uno studioso israeliano specializzato in Storia del cristianesimo, ricercatore presso l’Istitito di Gerusalemme per la ricerca politica (Jerusalem Institute for Policy Research) dal 1989. Ha conseguito una laurea e un master in Storia presso l’Università ebraica di Gerusalemme e un’ulteriore laurea in Studi sulla Terra d’Israele presso l’Università di Haifa. Ha insegnato all’Università ebraica, al Collegio accademico di Ashkelon e all’Istituto Schechter per gli studi giudaici.

Gli abbiamo chiesto come veda i rapporti tra ebraismo e Chiese cristiane in Israele alla luce dei tanti episodi anticristiani occorsi negli ultimi mesi.

Che valutazione dà del peggioramento nei comportamenti di alcuni ebrei nei confronti dei cristiani?

Sputi, vandalismo… Tutti gesti che sono lungi dall’essere un fenomeno nuovo. La spiegazione del loro aumento si può riassumere in due parole: il nuovo governo. Questa coalizione radicale e religiosa guidata da Benjamin Netanyahu ha al suo interno due correnti di pensiero.

La prima è incarnata da Itamar Ben Gvir, ministro della Pubblica Sicurezza e discepolo del kahanismo (il movimento fondato dal controverso rabbino Meir Kahane, bandito e dichiarato fuorilegge dal 1985 – ndr). Secondo questo movimento religioso-sionista, il cristianesimo è uno dei peggiori nemici degli ebrei e dello Stato ebraico. Questa idea affonda le sue radici nei rapporti conflittuali tra le due religioni sin dal Medioevo, culminati nella Shoah. Ma queste persone non conoscono l’evoluzione della posizione della Chiesa cattolica nei confronti degli ebrei. Rimangono fedeli alla loro linea, che si riduce a una serie di convinzioni: Gerusalemme deve essere una città ebraica in cui non c’è posto per i non ebrei o per gli ebrei non osservanti.

L’altra corrente è quella dei nazionalisti ultraortodossi, incarnata da personalità come il rabbino Zvi Tau (leader spirituale dell’ultradestra – ndr) e dal deputato Avigdor “Avi” Maoz, presidente del partito Noam (da lui fondato nel 2019 – ndr) e membro della coalizione di governo. Quest’ultimo supervisiona i programmi scolastici all’interno dell’Autorità per l’identità ebraica e cerca di influenzare i programmi educativi delle scuole statali. Persone simili rifiutano ogni idea di progresso. Un concetto che credono provenga dal cristianesimo.

La Corte Suprema di cui vogliono limitare i poteri? È espressione del progresso. La tendenza al pluralismo nella società israeliana? Anche questo è un frutto del progresso. I gay? Una bestemmia. Per loro, lo Stato ebraico non si può separare dalla religione. La loro visione del Paese è molto angusta.

Gli autori di atti di odio contro i cristiani sono dunque incoraggiati da queste correnti di pensiero?

Molti di costoro sono giovani haredi annoiati e in cerca di emozioni. Ed è facile lanciare pietre contro i monasteri, o recarsi in gruppo a pregare davanti al monastero Stella Maris di Haifa. Nessuno sa veramente da dove sia venuta loro l’idea che in quel luogo si trovi la tomba del profeta Eliseo, ma attraverso azioni collettive del genere questi adolescenti vogliono dimostrare che pregano di più, che la loro devozione è maggiore. È una sorta di movimento contro la modernità: si ribellano al mainstream. È il frutto della loro età e allo stesso tempo una spia delle aspirazioni di una società. Sentono di avere sostegno, o almeno che nessuno voglia fermarli davvero.

Perché sono così poco censurati e arginati?

C’è stato un importante incontro in agosto tra i leader delle Chiese di Gerusalemme e la polizia per discutere dell’argomento. Penso che ora la polizia sia più consapevole della questione, che affronterà l’argomento e condurrà le indagini. Dal punto di vista simbolico, perché di più lui non può fare, è importante anche il fatto che Isaac Herzog, il presidente israeliano, si sia recato a Haifa per esprimere il suo sostegno ai cristiani.

Gli israeliani non sono realmente consapevoli di questo fenomeno. Solo un’élite, piuttosto di sinistra, ne è interessata. Con tutti i problemi che agitano attualmente la società e il fatto che i cristiani siano una minoranza, il tema fatica a trovare spazio. Il modulo e la linea telefonica predisposti da Yisca Harani (per raccogliere le denunce e censire gli oltraggi ai cristiani – ndr) sono molto importanti perché per la prima volta potremo fare analisi quantitative del fenomeno, anche se l’inventario dei gesti anticristiani non potrà mai essere esaustivo.

Come descriverebbe la politica di Israele nei confronti dei cristiani oggi?

Non è chiara. Le agende dei politici si concentrano su altre questioni e nessuno al governo è realmente coinvolto nel problema. Evidentemente la politica israeliana nei confronti delle Chiese è ancora influenzata dall’ostilità storica dell’ebraismo nei confronti del cristianesimo. Il popolo ebraico ha vissuto per secoli come una minoranza alla mercé dei governanti cristiani e musulmani.
Al momento della fondazione di Israele, questa posizione fu invertita: i leader israeliani si ritrovarono nelle posizioni di comando, responsabili degli affari delle comunità cristiane locali. Queste erano allora considerate parte integrante del mondo arabo, che aspirava a distruggere lo Stato di Israele. Cinque o sei anni dopo il 1967 i rapporti migliorarono. Israele voleva dimostrare al mondo occidentale che i Luoghi Santi e le istituzioni cristiane potevano prosperare sotto il suo controllo.

In agosto, un pellegrinaggio cristiano ortodosso al Monte Tabor è stato vietato all’ultimo minuto per motivi di sicurezza. Assisteremo a un più deciso interventismo dello Stato di Israele nella gestione degli eventi cristiani?

Ciò che è accaduto sul monte Tabor non ha nulla a che vedere con i cristiani. La decisione delle autorità è legata al disastro del Monte Meron, il pellegrinaggio ebraico dove, nell’aprile 2021, morirono 40 persone calpestate dalla calca. Quella tragedia costituisce un precedente nella gestione della folla durante i grandi eventi e i pellegrinaggi. Al Monte Tabor c’è stato soprattutto un problema amministrativo, di servizi che non comunicano tra loro. Parliamo del fatto che un governo che concentra tutti i suoi sforzi sulla riforma giudiziaria funziona male ad altri livelli, ma anche di un deficit del dipartimento incaricato del coordinamento con le istituzioni cristiane.

Alcune parti della società israeliana comprendono bene l’importanza dei cristiani per la Terra Santa e per la storia di Gerusalemme. È nostra responsabilità farli prosperare, perché sono una grande risorsa per tutti. Alcuni israeliani sono sinceramente interessati al cristianesimo e cercano di fare del loro meglio, imparando e aiutando. La linea telefonica di cui parlavamo prima è il simbolo di una società civile che agisce a favore delle sue minoranze e che, in questo modo, forse convincerà il governo a premere sull’acceleratore.

(Fonte: Terrasanta.net - Cécile Lemoine; Foto: Facebook/Jerusalem Institute for Policy Research)