Da Gaza al Mar Rosso: l'altra faccia della crisi

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Ultimatum contro i ribelli Houthi. Ma la crisi nel Mar Rosso, innescata dal conflitto a Gaza, rischia di danneggiare una rotta commerciale strategica e alimentare un nuovo fronte di conflitto. Ecco il punto dell'ISPI, Istituto per gli Studi di Politica internazionale.

Non c’è solo il fronte libanese a far temere un’escalation della guerra in corso a Gaza tra Israele e Hamas. Mentre nel mar Rosso proseguono gli attacchi dei ribelli Houthi contro le imbarcazioni commerciali, la coalizione internazionale creata dagli Stati Uniti per contrastare le aggressioni del movimento yemenita sostenuto dall’Iran ha chiesto la fine immediata degli attacchi e il rilascio delle navi e degli equipaggi detenuti. In un comunicato congiunto, il gruppo di 12 stati – Australia, Bahrein, Belgio, Canada, Danimarca, Germania, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti – ha lanciato un avvertimento formale agli Houthi definendo gli attacchi avvenuti nel Mar Rosso – una rotta attraverso cui transita circa il 15% del commercio globale - “illegali, inaccettabili e profondamente destabilizzanti” e affermando che “non esiste alcuna giustificazione per prendere di mira navi civili e da guerra”. Il gruppo ha anche avvertito che se continueranno ad attaccare le navi, i ribelli “ne sopporteranno le conseguenze”. Il timore riguarda soprattutto i prezzi di carburanti che potrebbero aumentare poiché l’area in questione è uno snodo cruciale tra Europa e Asia. Già oggi, secondo l’International Chamber of Shipping il 20% delle navi portacontainer del mondo evitano il Mar Rosso e navigano invece attorno al Capo di Buona Speranza sulla punta meridionale dell’Africa.

Possibile escalation?

Dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas ci sono stati almeno 17 attacchi contro navi che gli Houthi ritenevano legate a Israele o ai suoi alleati, la maggior parte dei quali senza successo. Finora gli Stati Uniti si sono astenuti dallo scontro diretto. Ma domenica, elicotteri della marina americana hanno sparato su un gruppo di piccole imbarcazioni che tentavano di abbordare una nave portacontainer che aveva richiesto la loro protezione, la Maersk Hangzhou. L’imbarcazione viaggiava attraverso lo stretto di Bab al-Mandab, noto anche come Porta delle Lacrime, che separa lo Yemen dall’Africa orientale. Da allora, la compagnia di navigazione danese Maersk, come molte altre, ha sospeso tutti i movimenti di merci attraverso l’area fino a nuovo avviso. Il portavoce del gruppo, Yahya Sarea ha ribadito la posizione degli Houthi secondo cui gli attacchi continueranno finché non entreranno aiuti a Gaza e ha lanciato un avvertimento agli Stati Uniti: “Nessun attacco americano passerà senza una risposta o una punizione”. L’Iran ha respinto le accuse mosse dagli Stati Uniti, di sostenere i ribelli. Ciononostante non è chiaro come Teheran potrebbe rispondere se proseguissero gli attacchi aerei contro gli alleati yemeniti.

Rotte commerciali a rischio?

La crisi nel Mar Rosso è tanto più preoccupante in quanto, attraverso questa arteria marittima, transita circa il 15% del commercio marittimo globale, compreso l'8% del commercio globale di cereali, il 12% del petrolio commercializzato via mare e l'8% del gas naturale liquefatto. Lo Stretto di Bab el-Mandab che conduce a nord verso il Mar Rosso e dal Canale di Suez al Mediterraneo – è uno dei più cruciali “choke points” delle rotte internazionali insieme agli Stretti di Hormuz e Malacca. Si tratta di quei ‘colli di bottiglia’ il cui blocco - a causa di guerre o crisi sul fronte della sicurezza - può avere gravi ripercussioni sulle catene di approvvigionamento globali, come dimostrato nel 2021 dall’incagliamento della Ever Given nel Canale di Suez. Secondo la banca olandese ING, la deviazione delle spedizioni attorno al Capo di Buona Speranza, in Africa Meridionale, aggiunge circa 3mila miglia nautiche (6mila km) alle rotte che collegano l'Europa con l'Asia, allungando di circa 10 giorni la durata del viaggio. Con la prospettiva di tempi di spedizione più lunghi, oltre ad aumentare i costi, potrebbero allungarsi anche i tempi di consegna nei grandi porti europei come Rotterdam, Anversa e Amburgo. L’impatto degli attacchi del Mar Rosso può sembrare limitato per ora, ma non si può trascurare il rischio di un’escalation o di errori di calcolo che potrebbero causare shock maggiori al commercio globale che si sta appena riprendendo dagli effetti di precedenti disastri, come la pandemia di Coronavirus seguita dallo scoppio della guerra russo-ucraina.

Tensioni a catena?

Se Washington afferma che la scorsa settimana i suoi elicotteri hanno sparato per impedire il sequestro di una nave e dunque “per legittima difesa”, la morte di 10 militanti Houthi segna una nuova fase della crisi. Difficilmente le minacce basteranno a convincere i ribelli a sospendere gli attacchi. Molti yemeniti vedono le operazioni come un mezzo legittimo per esercitare pressioni su Israele e i suoi alleati, e gli analisti affermano che l’intervento degli Houthi ha contribuito a rafforzare il loro sostegno interno. I militanti credono inoltre che gli attacchi possano renderli un attore significativo sulla scena regionale e internazionale. E questo, anche alla luce del processo di normalizzazione nei rapporti tra Arabia Saudita e Iran che potrebbe passare proprio dal riconoscimento di fatto del controllo degli Houthi sul nord dello Yemen. È significativo, in quest’ottica che né l’Arabia Saudita né altri paesi arabi, Bahrein a parte, abbiano aderito alla coalizione navale, nonostante siano stretti alleati degli Stati Uniti, per non essere accusati di sostenere, seppur indirettamente, Israele. Niente di tutto ciò rappresenta una buona notizia. Se gli attacchi alle navi nel Mar Rosso non porteranno da soli ad un’escalation della crisi infatti, come osserva Julian Borger sul Guardian, dimostrano tuttavia che “più le tensioni nella regione continuano a propagarsi, più il precipizio che tiene il Medio Oriente lontano da quell’abisso potrebbe rapidamente sgretolarsi”.

Il commento. Di Eleonora Ardemagni, ISPI Senior Associate Research Fellow

“Il fronte del Mar Rosso registra un negativo salto di qualità: il primo scontro diretto tra houthi e Stati Uniti, l’utilizzo di missili anti-nave da parte degli houthi, l’invio di una nave militare da parte dell’Iran, che arma gli houthi. La conferma che l’operazione Prosperity Guardian lanciata dagli USA non ha purtroppo avuto l’effetto di deterrenza che gli americani speravano, anzi ha messo pubblicamente in luce gli accenti diversi tra alleati occidentali: tutti consapevoli, ora, che gli houthi minaccino il commercio globale, ma con risposte politiche non sovrapponibili. Mentre la Cina assiste al logoramento del potere marittimo USA. “Ammonimento” è la parola chiave che Stati Uniti e Gran Bretagna hanno utilizzato in un comunicato, siglato anche dall’Italia, che suona come l’ultimo avvertimento agli houthi: se gli attacchi continueranno, ci saranno conseguenze. Qualunque opzione andrebbe però discussa, condivisa e se possibile coordinata con i partner arabi e africani che si affacciano sul Mar Rosso, a cominciare dalle monarchie del Golfo: perché quello sarebbe, dal giorno dopo, il teatro delle probabili ritorsioni”.

(Fonte: ISPI; Foto: Observer Research Foundation)