Gaza: ActionAid, “l’aiuto non deve mai essere militarizzato e non deve mai essere usato come arma di guerra”  

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“Gli aiuti devono essere autorizzati ad entrare a Gaza su larga scala e devono essere distribuiti immediatamente attraverso l’attuale sistema umanitario, per prevenire ulteriori scene di caos e fermare la carestia”, ammonisce ActionAid.  

ActionAid e altre organizzazioni umanitarie lanciano da settimane l’allarme: il nuovo e controverso meccanismo di distribuzione degli aiuti, gestito dalla Fondazione umanitaria per Gaza, recentemente istituita con il sostegno dei governi statunitense e israeliano, è inadeguato e contrasta con i principi fondamentali dell’azione umanitaria, come imparzialità, neutralità e indipendenza. Inoltre, esiste il rischio concreto che venga utilizzato come strumento per favorire una pulizia etnica, incentivando lo sfollamento forzato e su larga scala della popolazione dal nord al sud della Striscia di Gaza. 

“Questo sistema è totalmente inadeguato, deumanizzante e incapace di fornire aiuti in modo sicuro ed efficace. Non è in grado di soddisfare le esigenze urgenti di 2,2 milioni di persone che sono state deliberatamente lasciate morire di fame per più di 11 settimane e mette in pericolo estremo chiunque cerchi di accedere alle forniture. L’aiuto non deve mai essere militarizzato e non deve mai essere usato come arma di guerra”, sottolinea ActionAid.   

Amjad Al Shawa, Direttore della Palestinian NGOs Network (PNGO) – una rete che riunisce 30 organizzazioni palestinesi e partner di ActionAid Palestine – ha dichiarato: “Questo meccanismo escluderà dagli aiuti anziani, donne, bambini, persone con disabilità, pazienti e feriti, costringendoli a percorrere chilometri per raggiungere una zona [non sicura], controllata da compagnie di sicurezza e sorvegliata dalle forze di occupazione israeliane.Come operatori umanitari, chiediamo con forza la riapertura dei valichi e il ritorno al meccanismo originario di distribuzione degli aiuti, gestito dalle Nazioni Unite e dai suoi partner, incluse le organizzazioni nazionali e internazionali che stanno rispondendo ai bisogni della popolazione, nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali”. 

I partner locali di ActionAid a Gaza continuano a fare tutto il possibile per sostenere la popolazione, nonostante essi stessi stiano affrontando ripetuti sfollamenti e il costante pericolo degli incessanti attacchi aerei.   

Un membro dello staff della Wefaq Society for Women and Child Care, partner di ActionAid a Gaza, ha raccontato: “Acquistare e conservare verdure è diventato estremamente difficile. Non ci sono valichi aperti né fornitori che portino prodotti nella Striscia di Gaza: dipendiamo interamente dall’agricoltura e dal mercato locale. La domanda è altissima. Una famiglia può rimanere una settimana, due settimane o persino un mese senza avere verdure, nemmeno una quantità minima.” La situazione è ulteriormente aggravata dall’instabilità dei prezzi: “I prezzi cambiano ogni ora, non ogni giorno. Le fluttuazioni sono spaventose: il costo di una cipolla può superare i 50 o 60 shekel [$14–16], e un pomodoro può arrivare a 23 o 24 shekel [$6,4–6,7]”. 

“Gli aiuti umanitari sono disperatamente necessari, tuttavia da soli non possono risolvere la catastrofica crisi in corso a Gaza, dove ogni giorno decine di persone vengono uccise o ferite sotto i continui attacchi dell’esercito israeliano – rileva ActionAid -. Gli Stati devono agire con urgenza per ottenere un cessate il fuoco permanente, anche sospendendo tutte le vendite di armi al governo israeliano e imponendo sanzioni mirate contro i funzionari responsabili delle gravi violazioni del diritto umanitario internazionale. La guerra deve finire, subito”.

ActionAid, “l’ultimo ospedale attivo nel nord di Gaza chiuso a forza dall’esercito israeliano. Malati e feriti senza possibilità di salvezza”

ActionAid dichiara: “Siamo sconvolti dal fatto che l’ultimo ospedale ancora operativo nel nord della Striscia di Gaza – l’Ospedale Al-Awda a Jabalia, di cui ActionAid è partner da anni – sia stato costretto a cessare ogni attività dopo che l’esercito israeliano ha ordinato a tutte le persone presenti nella struttura, inclusi pazienti gravemente malati e feriti, di evacuare. Si tratta di un disastro assoluto per i palestinesi, comprese le donne incinte, che ora non hanno più alcun luogo dove ricevere cure mediche. Per molti di loro, questa sarà una condanna a morte. Il personale sanitario ha riferito ad ActionAid di non aver potuto portare con sé alcuna attrezzatura o fornitura medica, si teme che l’esercito israeliano distrugga l’ospedale e tutto ciò che è rimasto al suo interno”. 

In una dichiarazione condivisa con ActionAid, il dottor Mohammed Salha, direttore ad interim dell’Ospedale Al-Awda, racconta: “Le forze di occupazione israeliane hanno lanciato un avvertimento diretto di evacuare immediatamente l’ospedale, altrimenti lo avrebbero bombardato, uccidendo tutti coloro che si trovavano all’interno. I feriti e i pazienti sono stati trasportati a braccio dallo staff di Al-Awda per oltre 200 metri, poiché tutte le strade attorno all’ospedale erano completamente bloccate”. 

Per oltre 600 giorni, il personale medico di Al-Awda ha continuato a svolgere il proprio lavoro salvando vite con straordinario coraggio, nonostante l’ospedale sia stato ripetutamente assediato e colpito oltre 20 volte. “Il fatto che ora la struttura sia vuota dimostra quanto profondo sia il fallimento della comunità internazionale, che ha permesso all’esercito israeliano di distruggere sistematicamente il sistema sanitario di Gaza nell’impunità più totale”, rileva ActionAid. 

Queste atrocità devono finire: “Chiediamo agli Stati di intraprendere azioni concrete ora, per ottenere un’immediata e permanente cessazione della guerra”.

 [Foto: ActionAid]