Gaza: cura tra le macerie. Senza sosta gli aiuti della rete Caritas

Dieci unità mobili, un punto medico, una clinica. E programmi per riabilitazione fisica, salute mentale, sussidi monetari: l’ulteriore instabilità prodotta dalla guerra Israele-Iran non frena l’impegno
nella Striscia. Molteplici appelli per il cessate il fuoco e il diritto alla pace.
Sono riprese nella giornata di ieri, lunedì 16 giugno, le operazioni sanitarie e umanitarie che Caritas Gerusalemme, con il supporto della rete internazionale Caritas, continua a dispiegare nella Striscia di Gaza, nonostante le proibitive condizioni logistiche e infrastrutturali che caratterizzano la regione palestinese. Gli interventi erano stati sospesi per alcuni giorni, a causa dell’ulteriore instabilità causata dall’apertura del nuovo fronte di guerra tra Israele e Iran.
La volontà di portare aiuto a una popolazione stremata da quasi venti mesi di rappresaglia militare di Israele contro Hamas, che non cessa nonostante l’attenzione mediatica sia spostata sul conflitto tra Tel Aviv e Teheran e che ha causato quasi 55 mila morti palestinesi (di cui 15.600 bambini), prevale su ogni altra considerazione. I bisogni umanitari, d’altronde, sono immensi e strazianti. Secondo Ocha (l’Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari, dati di inizio giugno) tutti i cittadini di Gaza sono a rischio di malnutrizione; il 92% dei bambini sotto i 2 anni non ha abbastanza da mangiare, mentre 290 mila sotto i 5 anni, così come 150 mila donne in gravidanza o che stanno allattando, avrebbero bisogno di supplementi e macronutrienti.
Non va meglio sul fronte sanitario. Ospedali, centri medici e operatori sanitari della Striscia continuano a essere bersaglio dell’artiglieria israeliana, in aperta violazione del diritto umanitario internazionale: di conseguenza, il 47% degli ospedali è solo parzialmente funzionante, 8 ospedali da campo sono funzionanti (ma 3 parzialmente) e solo 75 su 155 centri di assistenza sanitaria primaria possono operare (di cui 65 parzialmente). Tra 10.500 e 12.500 pazienti, inclusi oltre 4 mila bambini, necessiterebbero di evacuazione medica all’estero; le poche decine giunte recentemente in Italia e a Milano sono una goccia in un oceano di dolore e di bisogno.
Cure mediche, in attesa della Papamobile
Proprio sul versante sanitario si concentra l’azione di Caritas Gerusalemme, alla quale Caritas Ambrosiana, in accordo con Caritas Italiana e Caritas Internationalis, ha contributo inviando 400 mila euro, dopo il 7 ottobre 2023, grazie alla generosità dei suoi donatori.
L’intervento è diversificato. Fondamentale è il lavoro, riavviato dopo il breve stop determinato dal nuovo conflitto Israele-Iran, delle 10 unità mediche mobili attive nella Striscia (cui se ne aggiungono altre in Cisgiordania): 5 operano a Gaza, 1 nel campo di Nuseirat, 2 a Deir Al Balah, 2 a Khan Younis. Un’ulteriore unità, ricavata dalla “Papamobile” che Papa Francesco utilizzò nel corso della sua visita a Betlemme nel 2014, riadattata grazie a Caritas Svezia, dovrebbe presto entrare in azione.
Le unità mobili erogano un’ampia gamma di servizi sanitari di base, tra cui il trattamento di malattie comuni e malattie croniche, l’assistenza materno-infantile, l’assistenza agli anziani. Al loro lavoro si è aggiunto, durante la tregua di inizio 2025, un punto medico organizzato sulla principale strada costiera di Gaza, Al-Rashid Street. Questa posizione strategica, lungo una delle poche vie di comunicazione tra nord e sud della Striscia, che i gazawi percorrono a piedi, ha permesso di erogare altri servizi, grazie al lavoro di quattro équipe mediche specializzate. Infine, è stata riaperta e lavora per quanto possibile, compatibilmente con l’evoluzione del conflitto armato, la clinica ospedaliera che da anni Caritas Gerusalemme gestisce a Gaza City (un’altra analoga è gestita ed è stata riaperta di recente a Taybeh, in Cisgiordania).
Nonostante le difficoltà nella catena di approvvigionamento, materiale sanitario e farmaci necessari al lavoro delle dieci unità mobili, del punto medico e della clinica vengono ricevuti dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità). Ma il lavoro di assistenza si sviluppa anche in altre direzioni.
Assistenza e formazione
Anzitutto, Caritas Gerusalemme ha continuato sino a marzo a fornire protesi e servizi di riabilitazione alle persone che hanno perso gli arti a causa del conflitto, supporto fondamentale per aiutarle a recuperare mobilità e dunque indipendenza. Dopo aver riaperto la fase armata del conflitto, venendo meno alla tregua concordata con Hamas a inizio anno, Israele ha anche stretto fortemente l’ingresso di beni nella Striscia di Gaza: da allora far arrivare le forniture necessarie per l’assistenza protesica è divenuto più difficile, per cui al momento le attività sono sospese, pronte però a ripartire appena Israele lo consentirà.
Sul fronte della cura della salute mentale, enormi sono i bisogni della popolazione palestinese. I programmi di supporto psicosociale di Caritas sono aumentati. Vengono regolarmente condotte sessioni di sostegno psicosociale individuali e di gruppo, insieme ad attività terapeutiche di play therapy, che aiutano bambini e adulti a elaborare le proprie emozioni in un ambiente sicuro e solidale. Con il persistere del conflitto, Caritas si impegna ad ampliare i servizi, per soddisfare la crescente domanda di assistenza psicologica nella regione.
Tutte queste azioni, sviluppate in un contesto di drammatica emergenza, richiedono un forte sforzo di rafforzamento delle capacità del personale locale. Caritas Gerusalemme continua a offrire programmi di formazione, pensati per dotare il personale medico e non medico delle competenze necessarie ad affrontare un contesto complesso e denso di pericoli.
Infine, Caritas Gerusalemme continua a fornire assistenza economica a famiglie particolarmente vulnerabili. I prezzi di mercato sono altissimi, è arduo trovare cibo nei mercati locali, le distribuzioni avviate da una fondazione privata con l’avallo dei governi di Israele e Usa funzionano in maniera inadeguata, raggiungono una minoranza delle persone bisognose e alimentano insicurezza e lutti. Viene dunque proseguito un programma di assistenza in denaro, con fondi distribuiti in modo sicuro.
Appelli per il cessate il fuoco
«Anche i nostri operatori a Gaza, membri delle comunità locali – ha dichiarato Anton Asfar, segretario generale di Caritas Gerusalemme, in un’intervista all’agenzia Sir –, soffrono la fame mentre cercano aiuti per i loro concittadini. Riceviamo continuamente ordini di evacuazione, da parte dell’esercito di Israele, che costringono la popolazione a spostarsi da una zona all’altra. Ci capita di dover chiudere improvvisamente alcuni dei nostri presidi medici, e di poter recuperare materiale sanitario e farmaci solo dopo giorni». Eppure Caritas Gerusalemme«continua a fornire servizi salvavita. Contiamo su oltre 120 dipendenti, oltre a molti volontari, impegnati ad assicurare assistenza medica e umanitaria alle fasce più vulnerabili».
Al fine di poter svolgere più efficacemente la propria azione umanitaria, ma anche per affermare il diritto alla pace di popolazioni provate da oltre un anno e mezzo di crudele conflitto armato, l’intera rete Caritas, inclusa Caritas Ambrosiana, continua a sostenere la petizione online #CeaseFireNow per il “Cessate il fuoco umanitario e l’ampliamento dei canali umanitari”, firmata ormai da migliaia di associazioni e centinaia di migliaia di cittadini in tutto il mondo.La rete Caritas (attraverso Caritas Internationalis) ha inoltre partecipato alla Dichiarazione congiunta del 24 ottobre 2024per il “Cessate il fuoco a Gaza, in Libano, in Israele e per la fine dell’impunità in un contesto di catastrofe umanitaria e di conflitto regionale in espansione”, firmata da più di 150 organizzazioni non governative di tutto il mondo. Insieme ad altre organizzazioni umanitarie, ha infine ribadito, in un’ulteriore Dichiarazione, alcuni elementi essenziali per il rispetto del diritto alla vita e alla pace dei popoli della Terra Santa.
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Causale: Emergenza Terra Santa / Le offerte sono detraibili fiscalmente
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[Foto: Caritas Ambrosiana]