Gaza: sfollati nel mirino

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Tank israeliani entrano per la prima volta a Deir al-Balah, dove sarebbero nascosti diversi ostaggi. Appello di 25 paesi tra cui l’Italia: “Israele rispetti il diritto, la guerra deve finire ora”. Il punto di Alessia De Luca per l’ISPI.

Prosegue l’avanzata delle truppe di terra israeliane nella città di Deir al-Balah, situata nel centro della Striscia di Gaza. L’offensiva, che avrebbe già provocato l’esodo di circa 100mila persone, molte delle quali già sfollate in precedenza da Rafah — devastata dalle offensive israeliane — e da Khan Younis, punterebbe a completare il controllo israeliano sulla Striscia aprendo un terzo corridoio militare dopo quelli di Netzarim nel nord e di Morag nel sud. Secondo il Jerusalem Post la decisione di entrare con i carri armati segna una svolta tattica, dato che l’intelligence israeliana riteneva che Hamas detenesse ostaggi nella zona. E infatti l’offensiva ha scatenato la dura reazione dei familiari degli ostaggi tuttora detenuti da Hamas, che hanno chiesto spiegazioni al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, al ministro della Difesa Israel Katz e al capo dell’esercito su come intendono proteggerli. “Il popolo d’Israele non perdonerà nessuno che abbia consapevolmente messo in pericolo gli ostaggi, sia vivi che deceduti. Nessuno potrà affermare di non aver saputo cosa fosse in gioco”, ha dichiarato l’Hostage Families Forum in una nota. Anche le nazioni Unite hanno rinnovato i loro appelli: “Il personale delle Nazioni Unite rimane a Deir al-Balah e due foresterie delle Nazioni Unite sono state colpite, nonostante le parti siano state informate dell’ubicazione delle sedi delle Nazioni Unite, che sono inviolabili. Questi luoghi, come tutti i siti civili, devono essere protetti, indipendentemente dagli ordini di evacuazione”, ha affermato il portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite, Stephane Dujarric. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha dichiarato che la residenza del personale e il magazzino principale a Deir al-Balah sono stati attaccati a più riprese mentre due membri dello staff e due familiari sono stati arrestati dall’esercito israeliano.

Situazione a Gaza “inaccettabile e ingiustificabile”?

Un giorno prima dell’operazione a Deir al-Balah, domenica, si erano verificate nuove stragi legate alla distribuzione di aiuti umanitari. Almeno 94 palestinesi sono rimasti uccisi e oltre 200 feriti in operazioni condotte dalle forze israeliane durante la distribuzione di aiuti umanitari in diverse località del territorio. L’episodio più grave si è consumato nel nord della Striscia, nei pressi del valico di Zikim — uno dei principali punti di ingresso dei convogli umanitari al confine tra Gaza e Israele — dove 67 persone sono rimaste uccise mentre migliaia di civili si accalcavano attorno a un convoglio di 25 camion del World Food Programme, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza alimentare. Dal 27 maggio, data di avvio delle operazioni della controversa Gaza Humanitarian Foundation, sostenuta da Stati Uniti e Israele, circa 900 palestinesi hanno perso la vita mentre cercavano di procurarsi generi alimentari, di cui 674 nei pressi dei centri di distribuzione gestiti dall’organizzazione. Dopo aver visitato la Striscia in seguito all’attacco delle forze israeliane contro la chiesa della Sacra Famiglia, il Patriarca Latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa ha detto che la situazione umanitaria a Gaza è “moralmente inaccettabile”. “Abbiamo visto uomini resistere al sole per ore nella speranza di un semplice pasto. Questa è un’umiliazione difficile da sopportare quando la si vede con i propri occhi. È moralmente inaccettabile e ingiustificabile”, ha spiegato il Patriarca rivolgendo un appello ai leader della regione e del mondo: “Non può esserci futuro basato sulla prigionia, sullo sfollamento dei palestinesi o sulla vendetta”.

Atto d’accusa contro Israele?

Mentre la Striscia è alle prese con una catastrofe umanitaria senza precedenti e una nuova, potenzialmente devastante, stretta militare, aumentano le pressioni su Israele anche a livello internazionale. Venticinque Paesi, tra cui Francia, Belgio, Italia e Regno Unito, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui affermano che la guerra a Gaza “deve finire ora” e che Israele “deve rispettare il diritto internazionale”. Per la prima volta dall’inizio del conflitto, i ministri degli Esteri dei paesi firmatari hanno riconosciuto che “la sofferenza dei civili a Gaza ha raggiunto eccessi inammissibili” e hanno condannato “il lento afflusso degli aiuti e l’uccisione disumana di civili, compresi i bambini che non hanno più acqua e cibo”, sottolineando che nell’ultima settimana almeno tre bambini sono morti per “grave malnutrizione”. Inoltre, il modello di distribuzione degli aiuti del governo israeliano “è pericoloso, alimenta l’instabilità e priva i gazawi della dignità umana” scrivono i firmatari. Il documento sottolinea che “la negazione da parte del governo israeliano dell’assistenza umanitaria essenziale alla popolazione civile è inaccettabile e che Israele deve rispettare gli obblighi previsti dal diritto umanitario internazionale”.

Netanyahu fuori controllo?

Mentre le operazioni militari israeliane su Gaza si intensificano, sul fronte politico Netanyahu ha ottenuto dal tribunale distrettuale di Tel Aviv un rinvio delle udienze del processo per corruzione che lo vede imputato per una presunta intossicazione alimentare. La decisione del tribunale ha innescato le critiche dell’opposizione israeliana, che accusa Netanyahu di strumentalizzare motivi di salute per rallentare il procedimento. Il premier è sotto accusa per corruzione, frode e abuso d’ufficio in tre distinti casi, legati a regali di lusso ricevuti da magnati internazionali e ad accordi per ottenere una copertura mediatica favorevole. Intanto, l’incursione a Deir al-Balah e il crescente numero di morti sembrano aumentare la frustrazione della Casa Bianca, mentre complicano ulteriormente i tentativi per un cessate il fuoco mediati da Qatar ed Egitto, con il sostegno di Washington. “Bibi si comporta come un pazzo. Bombarda ogni cosa continuamente. Questo può danneggiare ciò che Trump sta cercando di fare”, ha detto un funzionario della Casa Bianca sotto copertura dell’anonimato al giornalista del sito Axios, Barak Ravid. “Ogni giorno ce n’è una” ha affermato il funzionario dell’amministrazione repubblicana dopo l’attacco israeliano nel sud della Siria, aggiungendo che “Netanyahu è come un bambino che rifiuta di comportarsi bene”.

Il commento di Caterina Roggero, ISPI Senior Associate Research Fellow

“La storia dei palestinesi è contrassegnata da una progressiva riduzione dello spazio vitale, un restringimento imposto dagli israeliani, sin dal 1948, con la forza delle armi e da sempre motivato dalle necessità di sicurezza per il nuovo Stato. In questi 21 mesi di guerra devastante, nei pochi chilometri quadrati della Striscia di Gaza i gazawi sono stati fatti continuamente spostare da una parte all’altra in cerca di rifugio. L’ultimo ordine di evacuazione dalla regione di Deir Al-Balah di fatto costringe 2,1 milioni di persone ad ammassarsi in pezzetti di terra che, sommati, costituiscono il 12% della stretta fascia di terra. Lo spazio vitale, oltre che fisicamente sul territorio, è ridotto anche per la mancanza ormai cronica di generi di prima necessità. Una non-vita quella dei palestinesi di Gaza che, in prospettiva, non può essere in alcun modo considerata una garanzia di sicurezza per lo Stato israeliano”.

[Fonte e Foto: ISPI]