Il card. Pizzaballa, "c'è estremo bisogno di speranza nella Terra Santa segnata da odio e violenza"

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Pubblichiamo integralmente il Messaggio per il Natale 2024 del cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme. "Come non pensare ai tanti ultimi, per i quali sembra non esserci posto nel mondo?".

È ormai prossimo il Natale del Signore e, come ogni anno, vogliamo che il Natale sia, nonostante tutto, un momento di pace, di gioia e di speranza. Quest’anno il Natale segna anche l’inizio del giubileo, che è un anno dedicato proprio alla speranza. E di speranza abbiamo estremo bisogno in questa nostra terra, segnata da così tanta violenza, odio, ferita da disprezzo e paura. 

I pastori di Betlemme, di cui parla il Vangelo, ci indicano come ritrovare speranza. 

L’angelo che recherà l’annunzio della nascita di Gesù ai pastori usa un’espressione significativa: dice che a Betlemme è nato un Salvatore e che questo Salvatore è nato “per voi” (Lc 2,11). 

La vita di Gesù inizia come una vita vissuta per gli altri. Non è venuto per imporre obblighi, come i grandi della terra, come Cesare Augusto che obbligava tutti al censimento (Lc 2, 1-3). Gesù è venuto per essere un segno: Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce” (Lc 2,12). Un segno di vicinanza, di pace, di relazione rinnovata fra Dio e gli uomini. Un segno posto in una mangiatoia, dove si dispensa cibo, nella città di Betlemme, che significa casa del pane. Un segno che nutre la fame di vita. 

Tutta l’esistenza di Gesù, fino alla fine, sarà una vita spesa per gli altri, fino a quando Lui stesso diventerà pane, offerto, nuovamente, “per voi” (Lc 22,19). 

Ai pastori è detto che il Salvatore è nato per loro, proprio per loro. Un Salvatore è venuto, ed è venuto per voi. E per voi è il segno di un bambino avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia. 

Il suo non è un venire generico, che non incontra nessuno. Lui viene per incontrare personalmente ciascuno, perché questa è la salvezza, un incontro personale, una relazione reale e viva. 

Il Vangelo, inoltre ci dice che per questo evento importante della storia, la nascita del Salvatore, non c’è posto: “lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Lc 2,7). Gesù entra nella storia così, come uno che non trova posto, che non si impone, che non esige, che non fa la guerra per trovarsi un posto. Accetta di non avere posto, e va a cercare tutti coloro che, come Lui non hanno un posto nella storia, come i pastori. Gesù viene per loro, il segno è per loro, è il segno che il Salvatore vuole salvarci dalla sventura di non avere posto. Lui stesso, la sua vita, diventa la casa, lo spazio di tutti coloro che non hanno posto. 

Come non pensare ai tanti ultimi, per i quali sembra non esserci posto nel mondo, come pure ai tanti nostri fratelli e sorelle in questa nostra martoriata Terra Santa, per i quali non sembra esserci un posto, dignità e speranza? 

All’annuncio dell’angelo, deve seguire una risposta. Una decisione: accogliere oppure no l’invito dell’angelo ad andare a vedere il Salvatore. 

La risposta, infatti, non è scontata. Non si muove Erode, non si muovono gli anziani di Gerusalemme (Mt 2,1-12) 

Gesù viene, ma non impone a nessuno di mettersi in cammino per andare a Lui. Non fa come Cesare Augusto, che obbliga tutti ad andare a censirsi (Lc 2,1-3). 

Gesù lascia liberi. Ci indica un segno, ma poi si rimette alla nostra libertà. 

Il Natale è il tempo della scelta, se mettersi in cammino verso Colui che viene, oppure no. 

Anche in questo Natale una possibilità ci è data, di far posto a Colui che non trova posto, per scoprire, poi, che Lui stesso è la nostra strada, la nostra casa, il nostro pane buono, la nostra speranza 

E, lungo il cammino, scopriremo tanti fratelli e sorelle, bisognosi di casa e di pane, come noi, e per i quali fare posto e dare speranza.

+Pierbattista

[Fonte e Foto: Latin Patriarchate of Jerusalem]