La disperazione dei gazawi, “lo sfollamento è una morte lenta mentre siamo ancora vivi”

Sami Abu Omar, operatore umanitario, “lo sfollamento uccide le nostre anime”.
“Lo sfollamento non è solo lasciare una casa; è una dura separazione dalla vita, una morte lenta mentre siamo ancora vivi”. E’ la testimonianza su quanto sta accadendo a Gaza alla popolazione palestinese con le operazioni di occupazione da parte delle forze armate israeliane. A parlarne sui canali social è Sami Abu Omar, operatore umanitario palestinese a Khan Yunis.
“Quando veniamo sradicati dalle nostre case, diventiamo mendicanti di vita, semplici sopravvissuti senza volto, senza calore, senza un riparo che preservi la nostra dignità”, spiega. “E quando siamo sfollati, lasciamo le porte delle nostre case aperte, rifiutandoci di chiudere i nostri ultimi respiri alle spalle”.
“Ho sperimentato questo il giorno in cui sono stato sfollato dalla casa che hanno distrutto. Ho lasciato la porta della mia camera da letto aperta, incapace di chiuderla perché tutti i miei ricordi rimanevano lì, ad aspettarmi anche se non fossi mai tornato”, sottolinea Sami, coordinatore del Centro di Scambio Culturale Vik-Vittorio Arrigoni, che fa parte della Ong ACS (Associazione per la Cooperazione e la Solidarietà).
“Oggi la casa è ridotta in macerie e la mia anima sta vivendo le forme più dure di tormento”, aggiunge.
“Lo sfollamento ci sta uccidendo proprio come ci stanno uccidendo i missili, e la cosa più dura è che viviamo in tende squallide, indegne della dignità umana, come se fossimo nudi di fronte alla vita. Gaza oggi è sola, e tutti guardano mentre le nostre anime vengono strappate dai nostri corpi, mentre cerchiamo di aggrapparci a ciò che resta dei nostri ricordi – spiega ancora Abu Omar -. Oh, la nostra sofferenza… Lo sfollamento uccide le nostre anime”.
[Foto: Facebook/Sami Abuomar]