Iran-Israele e il paradosso ucraino

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Pur essendo Teheran uno dei pochi alleati rimasti alla Russia in Medio Oriente, il conflitto tra Iran e Israele potrebbe finire col danneggiare Kiev anziché Mosca. Il punto di Alessia De Luca per l’ISPI.

Kiev teme che il conflitto tra Iran e Israele distragga l’Europa, favorisca il disimpegno Usa nei suoi confronti e avvantaggi Mosca. Il conflitto tra Israele e Iran è fonte di preoccupazione per l’Ucraina. Mentre Vladimir Putin si propone come mediatore su richiesta dell’omologo americano, Donald Trump, le tensioni in Medio Oriente minacciano di limitare ulteriormente le forniture di armi occidentali a Kiev, soprattutto dagli Stati Uniti, che considerano Israele un alleato chiave. Nonostante la levata di scudi europea, il Cremlino insiste: arrivare a una soluzione del conflitto “è possibile” ha detto il presidente russo Vladimir Putin durante un incontro con la stampa in cui ha garantito di poter favorire uno scenario che salvaguardi gli interessi iraniani nel settore dell’energia nucleare, attenuando al contempo le preoccupazioni di Israele. Così facendo, Putin si accredita sulla scena politica internazionale, acquisendo influenza a discapito di Kiev. Non solo: dopo che Israele ha attaccato l’Iran, lo scorso 13 giugno, gli Stati Uniti hanno dirottato verso Israele alcuni sistemi di difesa inizialmente destinati all’Ucraina. Intanto, con il terzo produttore di greggio dell’Opec sotto attacco e i timori diffusi per l’interruzione dei flussi commerciali attraverso lo Stretto di Hormuz, lungo la costa meridionale dell’Iran, i prezzi del petrolio sono saliti alle stelle generando maggiori entrate per Mosca. Il paradosso dell’escalation in corso in Medio Oriente è che, pur essendo il regime di Teheran uno dei pochi alleati della Russia nella regione, potrebbe finire col danneggiare Kiev anziché Mosca.

Più risorse per Mosca? 

Nel settimo giorno di conflitto, dopo che Israele ha colpito un importante sito nucleare iraniano e i missili iraniani hanno colpito un ospedale israeliano – il presidente Trump ha dichiarato di non aver ancora deciso se gli Stati Uniti si uniranno a Israele nei suoi attacchi contro l’Iran. A causa dell’imprevedibilità di Trump, i mercati restano nervosi, in attesa di segnali più decisi che potrebbero influenzare l’approvvigionamento globale di petrolio e la stabilità regionale: “I trader aspettano di vedere se la prossima fase del conflitto Israele-Iran sarà un attacco degli Stati Uniti o dei colloqui di pace”, afferma Tony Sycamore, analista di trading IG intervistato da Reuters. Lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sottolineato che la Russia ha intensificato gli attacchi approfittando della distrazione degli alleati, concentrati su Israele e Iran. “Mosca intende colpire la nostra rete energetica mentre l’attenzione mondiale è rivolta al Medio Oriente” ha affermato il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha, ribadendo la necessità di stabilire un tetto massimo al prezzo del greggio russo. Gli esperti gli danno ragione e ipotizzano che se i prezzi del greggio continueranno a salire, “saranno sufficienti alla Russia per recuperare quanto perso [a causa delle sanzioni occidentali] in un anno fiscale” ha dichiarato l’analista ucraino Maskim Nesvitailov.   

…e meno armi per Kiev? 

L’aumento dei prezzi del greggio non è l’unica preoccupazione per Kiev che ha già fatto fronte al problema più volte dall’ottobre 2023, quando il Medio Oriente si è infiammato dopo gli attacchi di Hamas e l’intervento armato di Israele a Gaza e in Libano. Il principale svantaggio per l’Ucraina in questa fase riguarda la fornitura di armi da parte dei suoi alleati, in primo luogo Washington. Già dall’inizio del suo secondo mandato, Donald Trump aveva chiarito di non avere alcuna intenzione di mantenere il livello di trasferimenti di armi all’Ucraina ai livelli di quelli del suo predecessore, Joe Biden. In sei mesi alla Casa Bianca, Trump non ha approvato alcun nuovo aiuto militare per Kiev. Il principale supporto del Pentagono ora è costituito dall’intelligence. Lo scorso 8 giugno,  Zelensky ha avvertito che il governo statunitense aveva bloccato la spedizione di 20mila missili anti-drone a Kiev, concordata durante l’amministrazione Biden. Le armi sono state reindirizzate a Israele, “a protezione dei cittadini americani presenti” nello Stato Ebraico, come ha giustificato il Segretario alla Difesa Pete Hegseth. Inoltre, se è vero che un crollo del regime aggiungerebbe l’Iran alla lunga lista di alleanze russe ormai perse in Medio Oriente, tra cui Iraq, Libia e, più di recente, Siria, lo è altrettanto il fatto che la partnership di Mosca con Teheran non si è mai estesa alla difesa della Repubblica Islamica né da parte del Cremlino c’è stata in queste ore nessuna offerta supporto militare. D’altronde gli stessi droni Shahed, forniti da Teheran consentendo all’esercito bombardare incessantemente l’Ucraina, sono ormai nella gran parte prodotti in Russia

Mosca mediatore interessato?  

Oltre alla gradita manna finanziaria, dovuta all’impennata dei prezzi del petrolio e al trasferimento di armi a Israele, il conflitto in Medio Oriente sta anche aprendo opportunità diplomatiche al Cremlino isolato per anni dall’Occidente in seguito all’aggressione all’Ucraina. La Russia non ha mai smesso di considerarsi un attore importante della diplomazia internazionale, con un posto di diritto al tavolo delle grandi potenze. Ora ha un dossier su cui può collaborare in modo congiunto e produttivo con gli Stati Uniti, e forse emergere come interlocutore indispensabile quando si tratterà di rimettere insieme i pezzi della regione: essendo l’unico leader con un filo diretto con gli iraniani, gli israeliani e gli Stati Uniti, Vladimir Putin ha segnalato la sua volontà di agire da mediatore in Medio Oriente. Il 13 giugno, l’emittente ucraina RBC ha riportato la preoccupazione tra i leader politici ucraini, convinti che Trump possa cadere nelle trame di Mosca, volte a collegare la fine della guerra in Ucraina alla fine del conflitto con l’Iran. Secondo RBC, ciò potrebbe consentire a Putin di chiedere ulteriori concessioni all’Ucraina in un ipotetico accordo di pace. Oggi Trump, dopo un’iniziale apertura, sembra aver rifiutato la proposta. Ma domani, chi può dirlo. Per il Cremlino si tratterebbe di un indubbio successo. Per l’Ucraina assediata dell’ennesima nube all’orizzonte. 

Il commento  di Eleonora Tafuro, Osservatorio Russia Caucaso e Asia Centrale ISPI

 “Se la reazione a caldo di molti ucraini è stata un sospiro di sollievo per gli attacchi che colpiscono un Iran percepito come nemico e alleato della Russia, le conseguenze di questa nuova crisi rischiano di rivelarsi tutt’altro che rassicuranti per il governo di Volodymyr Zelensky. Il presidente ucraino ha già denunciato con preoccupazione la decisione di Donald Trump di dirottare ben 20.000 missili anti-drone – inizialmente destinati a Kiev – verso le forze statunitensi in Medio Oriente. Da qui il suo nuovo appello all’Occidente: il supporto militare all’Ucraina non deve rallentare. Intanto, l’aumento del prezzo del greggio ha spinto Kiev a rilanciare con forza la richiesta ai governi del G7 di abbassare il tetto massimo al prezzo del petrolio russo, attualmente fissato a 60 dollari al barile ma che potrebbe essere ridotto a 45 dollari nel nuovo pacchetto di sanzioni in discussione a Bruxelles”.

[Fonte: ISPI; Foto: Handicap International]