Israele-Hamas: il buio su Gaza

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Su Gaza continuano i bombardamenti e l’embargo totale “fino a liberazione degli ostaggi”. Appelli a Israele a non violare le leggi internazionali. Questo il resoconto dell'Ispi, Istituto per gli Studi di politica internazionale.

Nel buio della prima notte senza elettricità, dopo che l’unica centrale elettrica della Striscia di Gaza ha smesso di funzionare, Israele ha intensificato i raid aerei sul territorio palestinese. Con il passare delle ore, la crisi umanitaria nell’enclave si aggrava, con centinaia di migliaia di sfollati senza accesso a elettricità, carburante, medicine, cibo e acqua. “Presto tutti i servizi essenziali per la sopravvivenza della popolazione, compresi gli ospedali, non funzioneranno più”, avverte il centro Mezan per i diritti umani a Gaza, secondo cui i sanitari già faticano a far fronte all’altissimo numero di feriti che affollano i pronto soccorsi in condizioni critiche. I morti palestinesi finora superano le 1400 vittime – di cui oltre 400 sono bambini – mentre il bilancio per gli attacchi in Israele sale a 1300. Aumenta anche la tensione sul fronte nord, al confine con il Libano, dove l’esercito israeliano ha inviato migliaia di unità e ieri, per il quarto giorno consecutivo, è proseguito il lancio incrociato di missili da parte del gruppo militante sciita Hezbollah. Intanto, il premier Benjamin Netanyahu e il leader dell’opposizione Benny Gantz hanno raggiunto un accordo e formato un governo di emergenza nazionale e un gabinetto di guerra. ll principale leader di opposizione Yair Lapid, invece, non entrerà nel nuovo esecutivo, di cui continueranno a far parte gli esponenti dell’estrema destra e dei partiti religiosi già esponenti del precedente governo. “Ogni membro di Hamas è un uomo morto”, ha detto il premier nella prima riunione del nuovo esecutivo.

 Tentativi di mediazione

L’embargo totale su Gaza resterà in vigore fino a quando gli ostaggi non saranno liberati. “Nessun interruttore elettrico sarà acceso, nessun idrante sarà aperto e nessun camion di carburante entrerà a Gaza finché gli israeliani sequestrati non saranno tornati a casa. Umanitarismo per umanitarismo. E nessuno ci predicherà la moralità”, ha twittato il ministro dell’Energia Israel Katz. 

Sul fronte diplomatico, intanto, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha avviato negoziati con Hamas per ottenere la liberazione degli ostaggi. Erdogan ha ripetutamente chiesto moderazione e protezione dei civili sia in Israele che a Gaza, mettendo in guardia da un’espansione del conflitto, affermando che l’unica via per la pace è attraverso la formazione di uno stato palestinese indipendente. Il presidente turco ha anche affermato che la risposta di Israele a Hamas non può passare attraverso “un massacro” dei civili a Gaza. Intanto al Cairo si è tenuta una riunione d’emergenza della Lega Araba: l’Egitto ha proposto di aprire il valico di Rafah, al confine con la Striscia, per sei ore se Israele accetterà una tregua. E dalla capitale egiziana i leader arabi hanno sollecitato Israele a riprendere i negoziati con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) sulla soluzione dei due Stati . 

Raid sulla Siria

Ad alimentare i timori per un’estensione del conflitto a livello regionale, è arrivata oggi la notizia di raid israeliani sugli aeroporti di Damasco e Aleppo, in Siria. Lo riferisce la televisione e la radio di stato siriana Sham FM affermando che le difese aeree siriane hanno affrontato un attacco nei pressi dell’aeroporto di Damasco. Poco prima il presidente siriano Bashar al Assad e il suo omologo iraniano Ebrahim Raisi avevano esortato i paesi islamici a raggiungere un accordo su una posizione a sostegno dei palestinesi. “I paesi islamici e arabi, così come tutti i popoli liberi del mondo, devono raggiungere una posizione comune per fermare i crimini del regime sionista contro il popolo palestinese oppresso”, ha detto al telefono il presidente iraniano Raisi alla controparte siriana, ha riferito Nournews. Mercoledì, Raisi e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman hanno discusso del conflitto israelo-palestinese nella prima telefonata da quando i loro paesi hanno concordato in un accordo  a marzo, mediato dalla Cina, per riprendere le relazioni diplomatiche. E oggi il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian si sarebbe recato a Baghdad per discutere di questioni tra cui Gaza e successivamente farà tappa in Libano. Un diplomatico arabo ha confermato al Financial Times che Turchia, Egitto e Qatar sono in collegamento con l’amministrazione Biden  nell’ambito di colloqui con Israele e Hamas. Doha, che ospita l’ufficio politico del gruppo armato palestinese, sta negoziando per ottenere un rilascio degli ostaggi, sperando che porti ad una riduzione della tensione.

Evitare l’estensione del conflitto

Oggi (ieri per chi legge, ndr) il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in Israele per testimoniare la vicinanza degli Stati Uniti e discutere un ulteriore rafforzamento del sostegno militare a Tel Aviv. 

Gli Stati Uniti hanno sollecitato la moderazione di Israele e intensificato gli sforzi per evitare che la guerra con Hamas si trasformi in un conflitto regionale. In una conferenza stampa con il primo ministro Netanyahu, il segretario di Stato ha ribadito il sostegno a Israele ma invitato al contempo  l’alleato ad adottare “le misure necessarie per evitare vittime civili”. Domani il segretario di Stato americano si recherà a Ramallah, in Cisgiordania, per incontrare il presidente palestinese Mahmoud Abbas. Da Washington, intanto, intervenendo davanti ai leader della comunità ebraica alla Casa Bianca, il presidente statunitense Joe Biden ha avvertito l’Iran di “prestare attenzione”. L’amministrazione Usa sta valutando se congelare nuovamente sei miliardi di dollari iraniani, smobilitati recentemente dopo uno scambio di prigionieri tra i paesi. Prima di lasciare Washington, Blinken ha sottolineato che gli Stati Uniti hanno inviato “il più grande gruppo di portaerei del mondo nella regione per rendere il messaggio molto chiaro: intendiamo scoraggiare chiunque stia contemplando qualsiasi ulteriore aggressione contro Israele”.

Il commento, di Mario del Pero, ISPI e Sciences Po

“Questa nuova guerra in Medio Oriente pone problemi ma offre anche opportunità all’amministrazione Biden. I problemi sono tanto interni quanto internazionali: il rischio di un’escalation regionale; la possibilità per altri attori, Iran su tutti, di sfruttarla; le polemiche scatenate dalle accuse repubblicane di non aver sostenuto a sufficienza Israele, anche perché impegnati in Ucraina. Le opportunità sono quelle date dalla possibilità di infliggere finalmente un colpo devastante ad Hamas e dall’indebolimento di un partner problematico come Netanyahu, con cui prima Obama e poi Biden sono spesso entrati in rotta di collisione, e che tanto ha fatto per ostacolare il dialogo con i palestinesi e le premesse su cui qualsiasi accordo tra le due parti ancora si fonda”.

(Fonte: ISPI; Foto: Marwan Sawwaf/Alef MultiMedia/Oxfam)