Israele-Hezbollah: prologo di un’escalation

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Con l’attacco dei cercapersone e walkie-talkie in Libano, Netanyahu aumenta il rischio di una guerra totale in Medio Oriente. Hezbollah promette vendetta, ma il suo leader ammette il momento di difficoltà. Questo il focus di Alessia De Luca per l'ISPI.

L’attacco ai danni di Hezbollah, attraverso cercapersone e walkie-talkie che ha provocato negli ultimi due giorni decine di morti, anche civili, e migliaia di feriti in Libano rischia di innescare la temuta escalation in Medio Oriente. Ieri, una nuova serie di esplosioni mirate – detonate attraverso walkie-talkie – si è verificata all’indomani di quelle condotte con i cercapersone in dotazione ai miliziani del gruppo paramilitare sciita. Secondo le autorità sanitarie libanesi, il bilancio complessivo – che comprende diversi civili tra cui dei bambini – è di oltre 37 morti e quattromila feriti. E mentre il movimento punta il dito contro Israele, gli osservatori avvertono che l’operazione potrebbe costituire un crimine di guerra. Intanto il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è stato convocato d’urgenza per cercare di scongiurare una possibile operazione militare di terra, a cui la penetrazione nei sistemi di comunicazione di Hezbollah da parte dell’intelligence israeliana avrebbe fatto da preludio.

“Ovviamente la logica di far esplodere tutti questi dispositivi è quella di un attacco preventivo prima di una grande operazione militare“, ha detto il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ai giornalisti. Parole che sembrano trovare conferma nelle dichiarazioni del ministro della difesa israeliano, Yoav Gallant che ha annunciato “l’inizio di una nuova fase della guerra” precisando che il centro del conflitto “si sta spostando verso nord”. Gallant ha inoltre elogiato l’agenzia di intelligence israeliana, il Mossad, per i “grandi risultati”, ma si è fermato prima di rivendicare una eventuale responsabilità israeliana nell’operazione. Ieri, intanto, l’Assemblea generale dell’Onu ha adottato, con 124 voti a favore e 14 contrari (tra cui gli Usa, mentre l’Italia si è astenuta), una risoluzione che chiede a Israele di porre fine “alla sua presenza illegale nei Territori palestinesi occupati” entro 12 mesi.

Verso l’apertura di un fronte nord?

Da ore analisti e osservatori si interrogano sulla logistica e il tempismo di un’operazione avviata almeno cinque mesi fa. Due aziende con sede a Taiwan e in Ungheria citate nei resoconti dei media per aver prodotto i cercapersone hanno entrambe negato ogni responsabilità, mentre una società giapponese che produce i walkie-talkie ha affermato di aver smesso dieci anni fa di fabbricare il modello utilizzato dai miliziani libanesi . Sulla tempistica, secondo quanto riportato dai media israeliani, Netanyahu e i suoi consiglieri militari potrebbero aver deciso di far esplodere gli ordigni questa settimana perché temevano che Hezbollah stesse per scoprirli. In un contesto più ampio, però, l’intera operazione sembra lasciar presagire la volontà, da parte del governo israeliano, di aprire un nuovo fronte di guerra nel nord del paese. Netanyahu ha annunciato infatti che il ritorno di decine di migliaia di residenti israeliani nelle loro case nel nord di Israele, è diventato “un obiettivo di guerra” e che l’unico modo per garantirlo è “un’operazione militare”.

Da Nasrallah una risposta misurata?

Non si è fatta attendere la risposta del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che in un atteso discorso alla televisione libanese ha dichiarato che quella di Israele “è una dichiarazione di guerra” e che gli attacchi “riceveranno una giusta punizione. L’infrastruttura del movimento non è stata scossa, ha aggiunto il segretario generale, sottolineando che Hezbollah non smetterà di combattere sul fronte libanese finché non sarà finita la guerra a Gaza. Mentre parlava, il sud del Libano veniva colpito ripetutamente da raffiche di esplosioni e caccia israeliani sorvolavano a bassa quota la capitale Beirut. “Sono giorni duri per il movimento – ha ammesso il leader sciita –ma riemergeremo più forti e più impegnati di prima”. Retorica a parte, però, Nasrallah non ha agitato lo spettro di un conflitto totale e – come avvenuto in diverse occasioni negli ultimi mesi – è rimasto vago riguardo alla risposta dell’organizzazione, segnalando la sua riluttanza a rischiare un conflitto aperto dalle conseguenze imprevedibili.

In bilico sul baratro?

Nel Libano sotto shock, la domanda che tutti si fanno in queste ore è: Israele sta spianando la strada a una potenziale offensiva su larga scala o ha sferrato solo un altro attacco isolato contro Hezbollah? Se da un lato le esplosioni con i cercapersone hanno offerto allo Stato ebraico un successo spettacolare, nella consapevolezza che il gruppo sciita e i suoi sostenitori iraniani finora hanno evitato di farsi trascinare in una guerra su vasta scala, dall’altro costringono l’organizzazione paramilitare ad una risposta. “È una situazione estremamente complessa in cui Hezbollah deve ripristinare la capacità di deterrenza e mantenere la sua credibilità come bastione della resistenza a Israele, mentre Netanyahu deve mantenere Israele in un continuo stato di guerra, per allontanare la minaccia delle elezioni, e con esse il rischio di una caduta dall’incarico, con accuse di corruzione pendenti nei tribunali” osserva il corrispondente del Guardian Julian Borger. Si sta così in equilibrio precario sul ciglio di una guerra più ampia, col rischio che gli eventi sfuggano di mano precipitandoli tutti.

Il commento di Ugo Tramballi, senior Advisor ISPI

A cosa è servita l’operazione altamente tecnologica del Mossad? Una risposta potrebbe essere la deterrenza: mostrare a Hezbollah e Iran fino a che punto Israele è più potente e preparato di loro. Ma gli israeliani sapevano anche che un attacco di quelle dimensioni non poteva non avere una risposta militare: per chi l’ha subito è stata una pesante umiliazione. A ruoli invertiti Israele avrebbe già raso al suolo Beirut. Ma sono tutte considerazioni che lasciano il tempo che trovano se il governo di Gerusalemme non avesse già deciso – come sembra – di aprire un nuovo fronte di guerra ai suoi confini settentrionali. Non sarebbe la prima volta che Israele invade il Libano: le precedenti occasioni sono state tutt’altro che dei successi.

[Fonte e Foto: ISPI]